Tutto può essere una barriera architettonica e tutto può essere educato e reso accessibile. L'urbanistica, insegna.
Uno scorcio unico, quello che si apre dal ponte ciclopedonale in legno sul fiume Vomano, a Roseto degli Abruzzi: da una parte il mare Adriatico, dall’altra la catena del Gran Sasso.
Un panorama che incanta i passanti — ma non tutti possono goderne.
Per le persone in carrozzina, infatti, la visuale risulta completamente oscurata a causa delle balaustre chiuse installate durante la costruzione dell’infrastruttura.
A denunciare questa criticità è stato Federico Di Felice Di Michele, referente per la Regione Abruzzo del Coordinamento Nazionale Famiglie con Disabilità (CONFAD), durante la camminata organizzata domenica scorsa per celebrare i dieci anni del gruppo “Roseto Cammina”.
Una volta raggiunto il ponte, i volontari si sono trovati costretti a sollevare manualmente la carrozzina di Barbara per permetterle di ammirare il panorama che normalmente è visibile solo a chi può affacciarsi in piedi.
«Segnalo questa disattenzione progettuale per ribadire con forza che tutti devono essere messi nelle condizioni di avere una visuale attraverso un ponte panoramico che, in questo caso, divide invece di unire. «L’auspicio, ora, è che il caso venga recepito dalle Istituzioni competenti e che la situazione venga ufficialmente riconosciuta come barriera architettonica», ha dichiarato Di Felice Di Michele, sottolineando come l’accessibilità non possa essere un elemento secondario nelle opere pubbliche.
La segnalazione riaccende il dibattito sull’importanza di considerare le esigenze delle persone con disabilità nella progettazione di infrastrutture e spazi comuni, affinché luoghi pensati per unire la comunità non finiscano per escluderne una parte.
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