Chi, come me, è abbonato a L'Espresso dall'infanzia, e ricorda quel settimanale sin dai tempi dei biscotti plasmon, sa bene che il primo articolo che incontra, sfogliando la rivista, è la rubrica l'Antitaliano di Giorgio Bocca.
Per decenni, con mio fratello e con mia moglie, abbiamo riso, pianto, ci siamo esaltati, indignati e commossi alle parole di Bocca.
Di una cosa si poteva esser certi: non era mai banale, scontato, prevedibile, ripetitivo. Praticamente valeva da solo il prezzo del settimanale, che pure è infarcito di firme di altissimo livello.
Ricordo che, se non si era insieme, ci si telefonava: hai letto Bocca? Una vera ossessione civile.
Anche quel tempo è finito, e Giorgio – il giorno di Natale – ci ha lasciati più soli nel mare in tempesta che sommerge l'Italia.
Aveva uno stile diametralmente opposto alle mie preferenze e alle mie inclinazioni: asciutto, severo, duro ed essenziale come una pietra; eppure se iniziavi un suo articolo era impossibile non finirlo.
C'era dentro la coscienza, l'etica; c'erano i valori che hanno caratterizzato le generazioni venute fuori dalla guerra, diffidenti, schive, salde come le montagne.
Ho imparato da Bocca sull'Italia più di quanto abbiano mai potuto istruirmi gli insegnanti a scuola, i genitori o i nonni a casa, i libri di storia al Liceo e le enciclopedie alla Biblioteca Delfico.
L'ho amato con la spontaneità con la quale si ama un padre, un padre tanto autorevole da poter dire – senza l'uso di metafore e facendosi ascoltare – ruvide ed elementari verità che sommate le une alle altre hanno costituito il sostrato degli anni della formazione, come dell'età adulta.
Ho decine di padri di carta, che amo senza riserve, ma Giorgio Bocca riusciva più di tutti a cogliere con la massima concisione, come un Michelangelo miniaturista, riproducendo con assoluta fedeltà colori e prospettive, la rilevanza del fatto e l'insegnamento che da esso discendeva; riusciva mirabilmente a racchiudere in una pagina cronaca e morale, storia e senso, indagine e conclusioni.
Ma la cosa che non sarà più replicabile è l'odore delle sue parole, come il profumo del pane fatto da mia nonna e conservato nella madia della casa di campagna.
Perchè Bocca era la cartina di tornasole che svelava l'autenticità e la contraffazione, la cultura e l'ignoranza, l'onestà e la furberia; dinanzia a lui i fatti si spogliavano per rivelarsi tal quali erano, così come dinanzi ad un nonno che ne ha viste tante e che ha fatto la guerra non è possibile fingere, perchè lui ti fa la radiografia, la diagnosi e la prognosi senza laurea in medicina.
Ecco, Bocca era quel nonno del quale c'è sempre bisogno, ma che la vita si accanisce a portarti via anche dalla carta del settimanale con il quale sei cresciuto.
E sai già che nessuno potrà prendere l'esatto suo posto, per poter marcare la differenza millimetrica dalla sua levatura morale, ferma ed immutabile come un'unità di misura, ed i fatti che si succedono ed affastellano nella cronaca quotidiana, così da riuscire a valutare l'evolvere o l'involvere dei costumi, della politica, del carattere nazionale.
Mi mancherai Giorgio, duro come la pietra delle tue montagne, ruvido ed intransigente.
Ti voglio bene.

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