Nella mattinata odierna finanzieri del Comando Provinciale di Roma hanno sequestrato le quote di sette società, per un valore complessivo di oltre 23 milioni di euro, appartenenti al gruppo imprenditoriale riconducibile alla famiglia Malavolta, operante sull'intero territorio nazionale nel settore della produzione e commercializzazione di prodotti alimentari surgelati. L'ipotesi di reato contestata dalla Procura della Repubblica della Capitale - Dipartimento reati contro l'economia ai quattordici indagati, tra cui alcuni membri della famiglia Malavolta (Aristide Romano - il capostipite, Mario e Andrea) e due professionisti capitolini, è quella della bancarotta fraudolenta distrattiva del patrimonio di sedici società appartenenti al medesimo gruppo imprenditoriale.
Il valore dei beni distratti fraudolentemente dalle casse delle società fallite ammonta ad oltre 64,5 milioni di euro mentre il passivo fallimentare complessivamente accertato è di circa 100 milioni di euro, di cui oltre 10,5 milioni verso l'Erario.
Tra le altre ipotesi di reato contestate dall'Autorità Giudiziaria anche quella di riciclaggio, ascritta in capo alla moglie di Mario Malavolta (Annalisa Pizzetti), alla quale sono state intestate, quale compenso liberatorio della preordinata separazione legale, le quote di una società immobiliare (la «cassaforte di famiglia», anch'essa sottoposta a sequestro) destinata a custodire parte del patrimonio di famiglia, tra cui un appartamento di pregio a Cortina D'Ampezzo. L'inchiesta, condotta dai militari del Nucleo di Polizia Tributaria Roma, ha tratto origine nel 2008 dal fallimento della capogruppo «MALAVOLTA CORPORATE S.p.A.», holding di gestione e finanza riconducibile ai fratelli Mario ed Andrea Malavolta, a capo dell'omonimo gruppo, leader nazionale nella produzione e distribuzione di prodotti da forno surgelati per conto terzi (tra cui i noti marchi Findus, Algida, Centrale del Latte di Roma, Carte d'Or, Tonini, Nestlé, Bistefani). Gruppo cui facevano capo, fino al luglio 2007, direttamente o indirettamente, più di trenta società commerciali il cui fatturato consolidato annuo ammontava a circa 300 milioni di euro, con circa 1.000 dipendenti (più l'indotto) e con stabilimenti sparsi in tutta Italia (soprattutto Lazio, Abruzzo, Marche e Friuli Venezia Giulia). Le indagini hanno consentito di appurare che, attraverso operazioni di riorganizzazione societaria, alienazioni di partecipazioni, cessioni di beni mobili ed immobili, pianificate ad hoc con la collaborazione di due commercialisti capitolini (Maurizio Barra e Francesco Minnetti, anch'essi indagati per concorso in bancarotta), la capogruppo, poco prima del fallimento, è stata «spogliata» di tutte le importanti e redditizie partecipazioni di cui deteneva il controllo, così arrecando un danno ai creditori, tra cui il Fisco. Ben quindici sono le società del gruppo che, successivamente, sono state deliberatamente avviate al fallimento, dopo essere state anch'esse spogliate dei rami d'azienda attivi (beni strumentali, crediti, contratti in corso, dipendenti ecc.) a beneficio di società di nuova costituzione, controllate da una nuova holding di famiglia, riconducibile, tramite l'interposizione di società fiduciarie, sempre agli stessi indagati. Tra quest'ultime, le sette società («good company») sottoposte a sequestro dal Nucleo di Polizia Tributaria di Roma che, avendo beneficiato dei beni sottratti alle fallite, hanno potuto proseguire le attività imprenditoriali senza debiti pregressi, rimasti in capo alle società decotte del gruppo («bad company»). ( Omni Roma)

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Caro Veritas questa è la differenza. Per quanto mi riguarda ho dedicato un articolo al Presidente del Teramo Calcio. Ho scritto in passato contro Romano Malavolta imprenditore e sono sceso in piazza con i lavoratori delle sue aziende. Sono stato il primo a mettere questa notiza di cronaca. Si chiama onestà intellettuale e la rivendico con forza. Ho solo questa di mia proprietà. Buona giornata.