Ma d’inverno, quando il lago gela, dove andranno mai a dormire le anatre di Central Park?
Caro Holden, in realtà non vanno da nessuna parte, ma questo tu non potevi saperlo. E con te tutti i giovani lettori che hanno amato i palmipedi americani. Le anatre provano a resistere alle intemperie e al gelo, come tu hai tentato di diventare adulto.
“Il giovane Holden” è il titolo italiano del romanzo “The Catcher in the Rye” dello scrittore americano J. D. Salinger. Se davvero avete voglia di leggere questo romanzo, dovete ricordarvi di voi adolescenti. Chi non è stato allora un po’ cattivello, menzognero, smargiasso?
Holden Caulfield è così: bugiardo e antipatico, ma la sua storia ha accompagnato generazioni di lettori in tutto il mondo. Holden o si odia o si ama, senza mezze misure.
All’uscita del romanzo, nel 1951, Salinger viene subito salutato come il “Fitzgerald delle nuove generazioni”, per la straordinaria capacità di descrivere la ricca borghesia americana, della quale riproduce efficacemente il peculiare linguaggio quotidiano con i suoi snobismi, i suoi manierismi, le brutali banalità o le ricercatezze.
Per l’aderenza a uno specifico ambiente sociale, Salinger può essere accostato al realismo e alla tradizione americana del “parlato” inaugurata da M. Twain e poi proseguita da R. Lardner e da Hemingway.
A Fitzgerald lo lega un’affinità di sensibilità e una evidente scrupolosità nel saper leggere le angosce del proprio tempo. Fitzgerald aveva scoperchiato la pentola del perbenismo, rivelando alla middle class americana i costumi assai liberi dei propri figli, la ricerca smaniosa di facili piaceri. Salinger d’altro canto chiarisce con la stessa disinvoltura, ma senza ombra di estetismo, l’inquietudine esistenziale degli adolescenti di ieri come di oggi, l’inadeguatezza delle persone e delle istruzioni che dovrebbero menarli all’età adulta.
Holden Caulfield, il protagonista del romanzo, è proprio un adolescente che non si rassegna a vivere come vorrebbero gli altri.
Viene espulso dal college di Pencey per il suo atteggiamento da lavativo nei giorni antecedenti il Natale, allora riparte per New York, ma decide di non tornare dalla sua famiglia, temendo una dura reazione. Alloggia quindi in un hotel di infima categoria e trascorre alcuni giorni vivendo numerose avventure. Quando infine sceglie di fuggire, l’immagine della sorellina Phoebe, che lo raggiunge portando con sé una grande valigia per partire insieme a lui, lo distoglie dal proposito.
La vicenda di Holden è, come quella di “Huckleberry Finn” di Twain, la storia “dell’eterno viaggio dell’adolescente dall’ingenuità alla conoscenza del mondo”. Per il giovane protagonista però questo viaggio si arresta, egli rifiuta la maturità in un mondo che non apprezza. L’amore per la sorella, la cui purezza e bontà fanno scaturire in Holden una felicità indicibile, e la nostalgia dell’innocenza lo rendono incerto.
Ma non è forse, paradossalmente, l’incertezza l’unica certezza della nostra vita?
E non è forse vero che attraverso il dubbio, l’inquietudine, gli errori si diventa adulti? Holden avrebbe risposto: “Vattelapesca”.

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