Se c’è un luogo comune da sfatare, uno di quelli che da sempre contraddistinguono l’italico costume, è quello della durata degli interventi edilizi condotti sulla proprietà collettiva.
Il più delle volte sono lavori che, soprattutto quando la stazione appaltante è pubblica, durano un’eternità.
Sai quando cominciano e non sai quando (e se) finiscono.
No, non si deve per forza pensare a male: non ci stiamo riferendo all’Ipogeo.
E nemmeno a Ponte Vezzola, peraltro.
E nemmeno al Teatro Romano.
Un cantiere rapido, almeno nelle intenzioni, e rapido è stato. Fulmineo, direi. La nostra Città da sempre è stata legata al nome di Oberdan: ancora oggi, all’esterno della cella in cui fu recluso, a Trieste, una lapide in pietra riporta il nome della nostra Teramo.
E Oberdan, guarda caso, ha riservato anche una sorpresa ai teramani di oggi. Scavando scavando… con stupore salta fuori un elemento curioso: viene intercettato un cunicolo in muratura, una galleria longitudinalmente situata proprio sotto Via Oberdan.
Di cosa si tratta? Da dove prende avvio?
Dove conduce? Il tempo di farsi queste domande, di sentire i tecnici, di aspettare il sopralluogo della Soprintendenza… e nel giro di qualche istante il buco viene subito richiuso.
Fotonicamente ricoperto come nemmeno un acceleratore lineare di particelle saprebbe fare. Per favore, non diciamo più che i lavori sono lenti. Una bella gettata di terra, il cunicolo scompare, e passa la paura. Con buona pace di Oberdan. Fabrizio Primoli
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