«La comunità nasce quando i fedeli sono interiormente presenti, quando entrano in contatto reciproco e tutti partecipano dello spazio sacro». Cosi, nel 1950, Romano Guardini scriveva ne Il testamento di Gesù. Ma come oggi, nella citta post-covid, partecipare allo spazio sacro?
La vicinanza era, prima, la caratteristica del nostro vivere in città - oggi un potenziale pericolo. Si tornerà a celebrare messa all’interno delle nostre chiese quando le autorità preposte decideranno, ed è correttissimo che sia così.
Dio è al di là dello spazio e del tempo. Lo spazio sacro è il luogo del simbolo. L’uomo percorre interrogante la vita, trovando risposta anche nel mondo dei segni liturgici, nella concretezza materiale del recinto sacro delle mura di una chiesa. Oggi, come riconosciuto dalla Penitenzieria Apostolica, è possibile affidarsi, in solitudine, alla Divina Misericordia. Atti devozionali all’interno di un altro spazio sacro, quello del nostro cuore, rivolgendosi al simbolo primo ed ultimo: il crocifisso. Ma è anche vero che, nella città post-covid, si potrebbe pensare a spazi aperti sacralizzati. Adempimento del Mistero almeno in giorni particolari. Quel mistero di Cristo che la Chiesa annunzia e celebra nella sua liturgia. Si può dire messa oggi (con i fedeli presenti) in quei luoghi che sin dall’antichità caratterizzano lo spazio antistante gli edifici di culto?
Parlo del sagrato. Ovvero di quella «soglia» che è il luogo di accoglienza innanzi la porta della chiesa. Uno spazio che, come detto dalla Conferenza Episcopale Italiana, «talvolta può essere anche luogo di celebrazione». Nella Teramo pre-covid avevamo piazze o piazzette davanti le chiese. Spesso luoghi ibridi. Nella Teramo post-covid, almeno una volta alla settimana, quelle piazze piazzette sarebbero il sagrato della chiesa che lì davanti si erge. Modalità di distanziamento anti-covid ispirate dalle ordinanze che prevedono lo svolgimento del mercato, quello settimanale all’aperto.
Serve ricostruire una relazione con la memoria e con lo spirito. Senza relazione scompare l’umanità. È relazione anche quella tra le nostre chiese e la nostra tradizione. Un «pronto rifugio» come recita l’inno Akathistos.
(continua)
Luca Falconi Di Francesco
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