Io c’ero in Provincia, 6 anni fa. C’ero quando la Regione Abruzzo, con l’allora Assessore Betty Mura, pubblicò la L.R. n. 31/2006 (modificata con la L.R. n. 21 /2007), che andava a finanziare interventi degli Enti Locali tesi ad istituire appositi Centri Antiviolenza, con il fine di aiutare le donne abusate ed i loro figli a “ripristinare la propria inviolabilità e di riconquistare la propria libertà, nel pieno rispetto della riservatezza e dell'anonimato”.
Era stata l’allora Presidente della Commissione Pari Opportunità, Germana Goderecci, a far rilevare al Presidente Ernino D’Agostino e all’Assessore Mauro Sacco la necessità di istituire un Centro Antiviolenza anche a Teramo, sulla base dei dati sempre più preoccupanti sul fenomeno.
Il Settore delle Politiche Sociali, di cui all’epoca facevo parte, si mise subito in moto per redigere un progetto da sottoporre al finanziamento regionale: recependo le indicazioni della Goderecci ed ispirandoci come buona prassi al già attivissimo Centro Ananke di Pescara, stilammo un documento corposo che poneva le basi di quello che poi sarebbe diventato “La Fenice”. E con infantile orgoglio devo dire che sono stata proprio io a proporre questo nome che mi sembrava, chissà perché, beneaugurante. La Regione premiò noi, e le donne della provincia, con un adeguato finanziamento.
Si svolsero allora delle selezioni pubbliche per reperire del personale specializzato (due psicologhe, due assistenti sociali, tre mediatrici culturali ed un consulente legale), formate poi ulteriormente grazie ad un corso specifico per operatrici di centri antiviolenza.
Il Centro fu allestito nei locali a pian terreno dell’Agenzia Formativa, con un accesso riservato che avrebbe consentito la privacy delle donne. Io stessa, tra le altre cose, ho scelto alcune stampe delle donne di Klimt per abbellire le pareti; io stessa ho perfino attaccato i cavi tra il pc e la stampante.
Il convegno di inaugurazione avvenne l’8 marzo 2008, in una sala del Consiglio gremita di gente, e fui sempre io a premere il bottone “ Play” che fece partire, come introduzione ai lavori, la proiezione di alcune toccanti scene del film spagnolo Ti do i miei occhi, di Iciar Bollain.
Il Centro è stato avviato ed in pochi anni ha raggiunto un’utenza di tutto rispetto, prova che il fenomeno della violenza sulle donne è davvero un cancro latente – soprattutto in ambito domestico - ma che con gli strumenti giusti può essere scoperto e magari curato.
Per tutti questi motivi, leggere quello che oggi sta accadendo al Centro Antiviolenza mi fa male, direttamente e personalmente.
Difeso con foga dal Vicepresidente Rasicci, il Centro, a rischio chiusura, potrebbe essere addirittura oggetto di una lotteria per la raccolta di fondi. La violenza sulle donne come la sagra della porchetta. Rabbrividisco.
E’ vero che la Regione Abruzzo non ha più rifinanziato i Centri Antiviolenza; ma allora dov’è la famosa “filiera” Provincia/Regione sbandierata ai quattro venti? Più credibile l’iniziativa bipartisan di Ruffini e Venturoni che hanno presentato un apposito emendamento in Consiglio regionale.
Leggo di un “possibile” inserimento del Centro nei Piani di Zona. A parte che l’”Azione di prevenzione e contrasto in tema di violenza e violenza domestica ai danni delle donne e bambini” è proprio uno dei LIVEAS (Livelli Essenziali di Assistenza Sociale), e quindi non si deve parlare di “possibilità” ma di obbligatoria previsione nei Piani di Zona di apposite misure al riguardo. Ma sono i tempi che mi lasciano un po’ perplessa. I Piani di Zona 2011/2013 elaborati dagli Ambiti Sociali dovevano essere presentati in Regione per l’approvazione, ai sensi della deliberazione n. 75/1 del 25 marzo 2011 del Consiglio regionale, entro 90 giorni dalla pubblicazione avvenuta sul BURA Speciale n. 20 del 30 marzo 2011.
Ovvero oltre un anno fa.
Più recente la possibilità di finanziamento offerta sempre agli Ambiti Sociali dal Piano regionale degli interventi in favore della famiglia per l'anno 2011, approvato con deliberazione del Consiglio regionale n. 95/3 del 9 novembre 2011 e pubblicato sul BURA n. 76 Ordinario del 21 dicembre 2011. Ma anche qui i 45 giorni di tempo sono scaduti.
Che senso ha fare riunioni interlocutorie solo adesso invocando l’inserimento del Centro tra le attività finanziate agli Ambiti?
Tutto questo dà sinceramente l’idea di una politica poco lungimirante, con una visione programmatoria che non va oltre la punta del proprio naso: alzare gli occhi e guardare all’Europa potrebbe essere una strada. Così come, ad esempio, candidarsi come soggetto percettore del 5 per mille. Oppure creare una rete di Aziende solidali, che potrebbero finanziare il Centro o, ancora meglio, impegnarsi ad inserire lavorativamente le donne vittime di violenza che, troppo spesso, non lasciano i loro mariti perché, non avendo redditi propri, non saprebbero come campare.
Quante idee, a volerci pensare, caro Assessore Rasicci. Ma poi le idee bisogna farle camminare, avendo le persone giuste al posto giusto… Intelligenti pauca.
Ma torniamo a noi: come mai, mi chiedo, solo ora ci si ricorda che il Centro Antiviolenza non può sopravvivere con i fondi, sempre più scarsi, della Provincia? Forse perché l’Ente non riesce a chiudere il bilancio preventivo 2012 e quei soliti 30.000 euro annuali per il Centro proprio non ci sono?
Tutti concordiamo sull’utilità sociale e sull’assoluta necessità de “La Fenice”, eppure un diavoletto mi sta sussurrando malefico all’orecchio: “Come mai il sensibile Rasicci si sta dedicando anima e corpo a difendere le donne abusate? Proprio lui, che non ha battuto ciglio quando una precaria del suo Settore è stata sbattuta fuori mentre era incinta (www.iduepunti.it/lettera-aperta/22_maggio_2012/carissimo-rasicci-io-non-mi-suicido)? Proprio lui, che per i corridoi andava dissertando non proprio finemente sull’avvenenza fisica di alcune stagiste?
Questo pernicioso satanasso forse ha posto la domanda chiave: perché, in un generale clima denigratorio di quanto fatto dalla precedente Giunta, Rasicci dimostra tanto interesse per una struttura progettata ed avviata ben 4 anni fa?
Per il momento l’unica risposta che mi so dare, istintivamente e di pancia, è che forse – forse - dipende dal fatto che dal 2010 tra le collaboratrici del Centro Antiviolenza sono state inserite – a ben guardare senza pubblica selezione - due professioniste perfino geograficamente a lui molto vicine: una che ad oggi fa parte del direttivo PDL di Alba Adriatica, ed una ha partecipato anch’essa l’anno scorso alla Festa della Libertà di Mirabello.
Allora Rasicci difende le (sue) donne? A voi l’ardua sentenza.
Liviana Bentivoglio
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