Buon Natale a Tutti. Ospitiamo la testimonianza di una nostra lettrice.
Il resto è il racconto di un'altra Sanità e di chi pensa di aver risolto le liste di attesa.
" Scrivo per denunciare una situazione che non dovrebbe esistere in un Paese che si definisce civile.
Sono una ragazza affetta da una patologia oncologica. Le terapie che sto affrontando mi hanno causato una forma di artralgia di intensità severa, con dolori spesso molto forti che limitano la mia quotidianità e le mie forze. Il mio medico curante, valutata la situazione clinica, mi ha prescritto una risonanza magnetica, ritenuta necessaria per comprendere l’origine del problema e valutare come intervenire.
Sulla richiesta è indicata la priorità, ma nonostante questo – e nonostante la mia condizione oncologica – mi è stato comunicato un appuntamento a novembre 2026.
Siamo a dicembre 2025.
Quasi un anno di attesa per un esame diagnostico fondamentale. Un’attesa che pesa doppiamente su chi è già provato fisicamente e psicologicamente dalla malattia. Perché quando sei un paziente oncologico non hai solo dolore nel corpo: hai paura, preoccupazione, stanchezza, e una mente che non smette mai di interrogarsi su ciò che sta accadendo.
La domanda è semplice, ma drammatica:
come dovrebbe fare un paziente oncologico, con poche forze, disperato e preoccupato, ad affrontare tutto questo?
Dove dovrebbe andare? A chi dovrebbe rivolgersi? Contro quale muro dovrebbe sbattere la testa?
Non parliamo di un capriccio, ma di un diritto: il diritto alla cura, alla dignità, alla tempestività dell’assistenza sanitaria. Tutto questo sta accadendo nella provincia di Teramo, oggi, non in un racconto lontano o in un’emergenza straordinaria.
Vorrei aggiungere un aspetto importante. Grazie a Dio, con le terapie oncologiche di oggi – diverse da quelle che affrontavo anni fa – riesco a gestirmi, per quanto possibile, anche senza l’aiuto costante delle persone a me care. Ma quante persone, nelle mie stesse condizioni o in condizioni ancora peggiori, non possono farlo? Quanti pazienti oncologici sono più fragili, più soli, più debilitati, e si trovano ad affrontare le stesse attese inaccettabili?
Racconto la mia storia non per cercare compassione, ma per chiedere attenzione. Perché dietro le liste d’attesa ci sono persone reali, malati reali, vite che non possono essere messe “in pausa” per un anno.
La sanità pubblica dovrebbe prendersi cura dei più fragili. Oggi, invece, sembra averli dimenticati".
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