
Era il 21 dicembre 1962: l'inverno avvolgeva le colline e nelle case di campagna si respirava il profumo dei dolci natalizi. A Rapino di Teramo, piccolo borgo abruzzese, la vita scorreva semplice. Quel giorno, come tanti altri, la piccola Adele Faragalli, di dieci anni, era appena uscita da scuola e stava tornando a casa, percorrendo il sentiero che attraversava campi e colline.
A quei tempi, per molti bambini dei paesi e delle contrade, andare e tornare da scuola significava camminare per chilometri tra salite, discese e strade sterrate. Adele percorreva ogni giorno il tragitto che separava Rapino dalla sua abitazione in Contrada Cortellucci, abituata a quella strada di terra battuta che costeggiava i campi.
L'ultimo saluto
La madre era sola in casa, intenta ai lavori domestici e alla cura degli animali: il padre si trovava ricoverato all'ospedale di Teramo e i ragazzi erano a scuola.
Come ogni giorno, attendeva con ansia il loro rientro, ma quel venerdì 21 dicembre 1962 Adele non fece ritorno a casa: venne colpita dalla grande quercia che i boscaioli stavano abbattendo.
Pochi minuti dopo, mentre Adele proseguiva lungo la strada – individuabile in questo punto – accadde l'impensabile. Sopra di lei, a qualche metro di dislivello, alcuni taglialegna stavano abbattendo, a colpi di accetta, una grande quercia. Proprio nell'istante in cui la bambina passava, l'albero cedette e la travolse. Adele morì sul colpo. Un destino crudele, in un giorno qualunque, cambiò per sempre la vita di una famiglia e segnò la memoria di un intero paese.
Da quel momento ebbe inizio una tragedia che segnò profondamente l'intera famiglia, soprattutto la madre, costretta a ricorrere alle cure dei sanitari per trovare sostegno di fronte a un dolore così grande.
Il dolore e l'addio
Per i genitori fu un dolore insopportabile. Incapaci di continuare a vivere nel luogo dell'incidente, lasciarono Rapino pochi mesi dopo, trasferendosi a Tortoreto nella speranza di trovare pace.
Negli anni successivi, la madre Martina decise di trasferire il feretro di Adele nel cimitero della nuova città, acquistando una cappella di famiglia. Purtroppo morì prima di riuscire a completare l'opera. In seguito la piccola Adele venne finalmente traslata, trovando riposo accanto alla sua mamma, come lei aveva desiderato.
La lapide originaria, rimasta nel cimitero di Rapino, venne invece spostata nel punto dell’incidente, a perenne memoria di quel tragico giorno.
Il mistero delle pietre
Molti anni dopo, un fatto curioso e inspiegabile ha riportato l’attenzione su quel luogo. Il signor Bruno Cortellucci, lavorando i campi vicini, notò che durante l'aratura le pietre emerse dall’aratro, accatastate al bordo della strada, sparivano dopo uno o pochi giorni. Questo accadde più volte, soprattutto nei periodi di lavorazione dei terreni.
Con grande stupore, si scoprì che quelle stesse pietre erano state disposte intorno alla lapide di Adele, formando un muretto a secco ordinato e di notevoli dimensioni: un gesto silenzioso, anonimo, ma colmo di rispetto e amore. Da allora, quel muro è rimasto avvolto nel mistero.
Un ricordo che vive
Questo episodio ha colpito profondamente l'Associazione Alpini di Teramo e i volontari di Rapino, che insieme hanno deciso di completare e rifinire il muro a secco già esistente. Con grande dedizione, hanno sistemato l'area circostante la lapide, inserendo un piccolo cancelletto in metallo e una discreta illuminazione, in segno di rispetto e memoria verso la piccola Adele.
Oggi quel luogo è un punto di raccoglimento e silenzio, un simbolo di come la memoria possa sopravvivere grazie alla cura e all'amore della comunità di Rapino e dell’Associazione Alpini di Teramo.
«Adele Faragalli, 1952 – 1962. Il suo ricordo vive tra le colline di Rapino.»
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