Salta al contenuto principale

Video. In aumento i casi di anoressia e bulimia nella scuola. La testimonianza...

di Giancarlo Falconi
1 minuto

Idati parlano chiaro e raccontano di una vera e propria impennata dei casi di anoressia e bulimia tra gli adolescenti.
Il Ministero della Salute riferisce che si è passati da 680.569 casi (censiti nel 2019) a 1.450.567 (2022). Nel complesso le persone trattate oggi per queste patologie sono oltre 3 milioni. Un 30% in più che trova una logica spiegazione anche nella pandemia Covid dove gli adolescenti hanno sofferto l'isolamento per ben due anni con lo specchio dei social a fare da padrone.
La testimonianza è di Paola Salvatore, docente dell'Istituto Rozzi di Teramo.

Ascoltate Paola...https://www.youtube.com/watch?v=6qdBkhVtC5Y


 

Commenta

CAPTCHA

Commenti

Non giudicare ma comprendere, questo è il supporto che, chi si trova a contatto con la sofferenza psichica, deve operare.
Parlare di DCA (Disturbo del Comportamento Alimentare) significa parlare di sofferenza mentale, è una malattia, non un comportamento “sociale”…. è lo strumento che il proprio “io” fragile e malato utilizza per esprimere malessere, per trovare un’identità, per identificarsi.
Non si guarisce con la forza di volontà, occorre farsi aiutare.

Alle famiglie dico:
1) fatevi aiutare da terapeuti (sia il ragazzo/a che la famiglia)
2) non giudicate ma cercate di comprendere
3) non colpevolizzate (non è espressione di volontà ma di sofferenza)
4) non vi colpevolizzate (soprattutto le madri) non dipende da voi o almeno, non dipende solo da voi (eventuali azioni/comportamenti che possono causare sofferenza psichica e/o reattività emotiva possono essere gestite e cambiate se individuate)
5) non capita solo a voi
6) combattete lo “stigma” non vi vergognate della “malattia”
7) conservate la lucidità ed il raziocinio (evitate, se potete, il coinvolgimento emotivo) si dice. “se tuo figlio è in fondo al pozzo non lo puoi aiutare scendendo anche tu nel pozzo”.

La pandemia non è la causa ma l’accelerante del disagio sociale, il carburante che ha fatto esplodere la malattia.
Riportare le proprie esperienze personali, come fa la docente, può creare empatia con chi ne soffre o è a contatto con la malattia ma non può essere utilizzato come lettura “moderna” delle cause.
La socialità che vivono i ragazzi/e è quanto di più lontano e diverso di quella di venti/trenta anni fa, loro sono esposti in una “vetrina” globale dove giudicano e sono giudicati ed hanno anche dei report istantanei del loro “valore” sociale. Vivono una pressione sociale (social) che gli adulti difficilmente immaginano, a questo occorre aggiungere che si trovano nella fase evolutiva, di crescita, del proprio “se” dove è difficile saper gestire le frustrazioni che quotidianamente si vivono.
Aspettarsi/pretendere che la scuola aiuti i ragazzi/e nella loro crescita con attività di supporto psicologico è giusto ma, amaramente, irreale. Basti pensare che anche lo stesso Servizio Sanitario Nazionale è estremamente carente ( a livello nazionale e ancora di più a livello territoriale).

Alle famiglie, agli operatori, a tutti quelli che quotidianamente sono in contatto con chi soffre di DCA o di altre sofferenze psichiche dico di informarsi ed eventualmente rivolgersi anche all’associazionismo per comprendere meglio e farsi guidare nel percorso di cognizione del problema ed assistenza sanitaria. Lascio una mail ed un numero telefonico di una associazione presente nel nostro territorio: associazione-crescere@virgilio.it (3283656551)

Non servono a niente le creme ci vogliono le imfiltrazioni

Dove devo andare