Adoro Antonio D'Amore. Sono il suo Filippo Tommaso Marinetti e lui è il mio Luciano Ramo.
Ramo era un giornalista principiante che pubblicava un giornaletto intitolato "In Galleria". Orbene, sembra che Marinetti propose di divenire azionista del giornale sostenendolo con i propri soldi ad una condizione: doveva essere aggredito, insolentito, ingiuriato in tutti i numeri del giornale. «Dite quel che volete di me.
Che sono un arrivista, un avventuriero, un losco individuo, un mantenuto».
Altre versioni sostengono che Marinetti garantisse a Luciano Ramo l’acquisto di duemila copie a settimana, sempre a patto che il giornale parlasse male di lui ad ogni uscita, anche calunniandolo e sparando le panzane più inverosimili.
Altri ancora sostengono che il poeta pagasse Luciano Ramo affinchè lo attaccasse violentemente sul suo periodico milanese, accusandolo addirittura di essersi arricchito sfruttando un circuito di case chiuse, ovviamente al solo scopo di conquistarsi una sia pur sinistra notorietà.
La leggenda marinettiana racconta pure che il fondatore del futurismo assoldasse dei fischiatori che ad ogni spettacolo lo contestassero con la massima decisione e violenza. Al termine Marinetti pare salisse sul palcoscenico, elegantissimo, e mentre gli ortaggi continuavano a piovere sulla sua testa dichiarasse: «Ringrazio gli organizzatori di cotesta fischiata che altamente mi onora».
Marinetti fu l'inventore, agli albori del novecento, della cosiddetta pubblicità negativa, quella che mira a far parlare di sè comunque, anche male, perchè quel che conta è apparire.
Anch'io, nel mio piccolissimo, ambirei a poter pagare Antonio D'Amore perchè scriva contro di me e la mia famiglia sul suo quotidiano. Ma purtroppo devo confessare che fino ad oggi il sig. D'Amore mi ha degnato della sua attenzione giornalistica a titolo gratuito.
Lo ringrazio infinitamente, ma insisto di poter pagare il suo interessamento in via permanente, per poter essere oggetto costante dei suoi mirabili articoli.
Lo ringrazio altresì di avere parlato della mia famiglia in maniera circostanziata, prima con un editoriale del 20 dicembre scorso che ha occupato l'intera prima pagina del suo giornale (per chi volesse è ancora leggibile al seguente link: www.lacittaquotidiano.it/), poi con un bel pezzo su "Il Fatto Quotidiano" del 3 gennaio, ma debbo fare tre osservazioni:
1) la famiglia Francia non è riuscita a guadagnarsi la prima pagina del giornale, come D'Amore era riuscito ad ottenere con l'altro suo pezzo sull'autoassunzione di Cretarola del 3 dicembre scorso, e di ciò debbo rammaricarmi;
2) D'Amore ci definisce una "castina", ma mi permetto di contraddirlo: noi siamo una vera e propria Casta, senza diminutivi; 3) D'Amore sostiene che noi avremmo fatto la "questua" nei confronti del Presidente Catarra, ma anche qui si sbaglia: essendo molto ricchi non abbiamo bisogno dell'elemosina di nessuno, meno che mai di elargizioni da parte di Catarra; infatti, in entrambe le circostanze citate da D'Amore si verteva in questioni di principio, di equità e di correttezza comportamentale.
Ciò precisato torno a ringraziarLo e, nel salutare cordialmente, mi permetto di ricordare che attendo cortesi controdeduzioni del Direttore de La Città a quanto da me ripetutamente richiesto (da ultimo in commento al Suo bell'articolo intitolato "Rabbuffonate" apparso il 28 dicembre scorso su questo Blog).
Da ultimo, onde dimostrare la sincerità delle mie buone intenzioni, comunico che lo scrivente, mia moglie e mio padre sottoscriveremo domani stesso tre abbonamenti annuali al quotidiano La Città e chiederemo a parenti ed amici di fare altrettanto.
Continui così Direttore, ma La prego le prossime volte di essere molto più cattivo, perchè dagli articoli sin qui pubblicati potrebbe anche trasparire che noi Francia siamo persone tutte di un pezzo, capaci di plasmare e guidare la politica in nome di princìpi che vanno al di là delle appartenenze di schieramento.
E invece noi vorremmo che trasparisse il contrario, cioè che siamo degli squali, opportunisti e arrivisti, pronti a tutto pur di ottenere quanto desiderato.
Davvero ci piacerebbe essere dipinti in tal guisa, onde poter accrescere la nostra reputazione agli occhi della popolazione e dell'elettorato.

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Caro Kronik, siamo teramani, va bene per lei, i Due Onti?