Secondo i dati più recenti (fino a settembre 2025), si sono registrate 784 vittime di infortuni mortali sul lavoro in Italia. Questo dato rappresenta un lieve aumento (+1%) rispetto allo stesso periodo del 2024. I settori più colpiti includono quelli manifatturiero, trasporti e costruzioni. Dati che non possono tener conto del sommerso e di tutti quegli incidenti nei cantieri che hanno dei lavoratori in nero. Le "morti bianche" tra i lavoratori in nero sono un fenomeno preoccupante, poiché il lavoro irregolare comporta rischi maggiori a causa della scarsa sicurezza, della mancanza di tutele e del mancato rispetto delle normative. Questo fenomeno è difficile da quantificare con precisione, poiché i lavoratori in nero non sono tracciati ufficialmente e i dati sugli infortuni tendono a sottostimare la realtà. Si stima che milioni di persone lavorino in nero in Italia, aumentando il rischio di incidenti mortali.
Per questo motivo il convegno che si è svolto ieri all'Università di Teramo rappresenta una nuova forma di cultura della prevenzione attraverso l'alto profilo degli interlocutori istituzionali.
Il seminario organizzato dall’Ordine degli Ingegneri dedicato al nuovo Accordo Stato-Regioni del 17 aprile 2025, documento cardine che introduce novità in ottica di formazione, competenze e vigilanza in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Una sala gremita di professionisti ha seguito per quasi cinque ore un confronto tra vertici e tecnici dell'Ordine, di INAIL, Ispettorato Nazionale del Lavoro e Asl.
Fin dall’apertura del convegno è emersa una convinzione condivisa: la sicurezza non può essere interpretata come un mero obbligo normativo, né come un adempimento burocratico, ma come una cultura diffusa, un modo di costruire responsabilità collettive e competenze reali. Un concetto ribadito dalla presidente dell’Ordine, Micaela Forcella, che ha definito la sicurezza “un’infrastruttura invisibile: quando c’è non si nota, ma quando manca, si vede eccome”. E proprio per questo – ha sottolineato – non può essere lasciata alla sola formalità dei documenti, ma "richiede dialogo", integrazione e confronto costante tra chi progetta, chi controlla, chi forma e chi ogni giorno opera nei luoghi di lavoro. Cosa cambia per i soggetti formati e per chi viene formato? Come cambiano i contenuti dei corsi e le modalità di valutazione dell'apprendimento? Che responsabilità ha il datore di lavoro? Non sono domande circoscritte a una risposta ma rientrano in un discorso comune di sinergia tra enti che quotidianamente operano in termini di sicurezza sul lavoro.
Dati, vigilanza e prevenzione: il quadro degli enti di controllo
Il Direttore Regionale INAIL Abruzzo, Nicola Negri, ha offerto una lettura aggiornata del fenomeno infortunistico regionale e nazionale, ribadendo il ruolo dell’Istituto non solo come ente assicurativo, ma come protagonista della prevenzione, della ricerca e della definizione di politiche efficaci.
Il Direttore della Direzione Interregionale del Lavoro Centro (DIL), Stefano Marconi, ha dettagliato la funzione della vigilanza come strumento di prevenzione e non come mero controllo repressivo, illustrando gli indirizzi operativi con cui l’Ispettorato interpreterà il nuovo Accordo del 2025. Ha illustrato le aree strategiche previste dal Piano Integrato per la Sicurezza, adottato dal Ministero, e ha fornito un quadro generale di quelle che sono le principali violazioni riscontrate dall'ente.
È poi intervenuto Maurizio Di Giosia, Direttore Generale della ASL di Teramo, sottolineando la centralità della componente sanitaria nei processi di prevenzione e il ruolo delle ASL nel dare attuazione al nuovo assetto formativo previsto dal documento Stato-Regioni.
Formazione di qualità, soggetti accreditati e verifiche efficaci
Il cuore tecnico del convegno è stato affidato, per la prima parte, agli interventi di Maria Ceci, Responsabile Attività Istituzionali Direzione Regionale INAIL Abruzzo, e Giuseppe Visciotti, Professionista Consulenza tecnica salute e sicurezza Direz. Reg. INAIL Abruzzo.
Ceci ha illustrato la prima parte del nuovo Accordo, quella che ridefinisce requisiti e responsabilità dei soggetti formatori, i criteri di accreditamento, i ruoli delle figure formate e la tracciabilità dei percorsi.
Visciotti è entrato nel merito dei contenuti minimi dei corsi, degli aggiornamenti obbligatori, dell’integrazione delle competenze digitali, della necessità di valutazioni pratiche.
Al vaglio poi anche un'altra importante innovazione culturale introdotta dall’Accordo, affidata Marco Marinelli, Direttore del Servizio Tutela Salute nei Luoghi di Lavoro della ASL Teramo: la valutazione dell’efficacia della formazione, che passa dal “documento prodotto” al “comportamento agito”, con verifiche sul campo, controlli sulle competenze reali e attenzione alla sostanza più che alla forma.
Responsabilità datoriali e vigilanza INL
Particolarmente partecipati anche gli interventi di Eugenio Erario Boccafurni, Responsabile Posizione Organizzativa pianificazione della DIL Centro, e Jacopo Terenzio, Ispettore Vigilanza Tecnica Salute e Sicurezza DIL Centro.
Boccafurni è entrato nel merito della responsabilità datoriale derivante da mancata o insufficiente formazione, oggi considerata elemento determinante anche sul piano penale.
Terenzio ha sviscerato il ruolo concreto della vigilanza INL in materia formativa, con focus sulle sanzioni per le violazioni prevenzionistiche.
Cosa cambia per i professionisti della sicurezza
A chiudere la parte tecnico-scientifica è stato l’intervento di Leo De Santis, ex presidente dell’Ordine degli Ingegneri, che ha riassunto le novità per CSP, CSE, RSPP e ASPP: integrazione delle competenze, maggiore attenzione ai processi di coordinamento, obblighi di aggiornamento più stringenti e necessità di una pianificazione formativa coerente con i rischi reali.
Un dialogo vero, non un monologo
Il convegno ha rappresentato ciò che il nuovo Accordo richiede: non un monologo dei singoli enti, ma un dialogo continuo e strutturato tra Regione, ASL, INAIL, Ispettorato, professionisti e Ordini.
La grande partecipazione della sala ha testimoniato l’interesse per un tema che non può più essere relegato a scadenze formali o adempimenti obbligatori, ma che deve essere interpretato come una responsabilità collettiva.
La cultura della sicurezza – è emerso da tutti gli interventi – è un’opera quotidiana, una rete di competenze e funzioni che, se agisce correttamente, resta invisibile. Ma quando manca, si traduce in incidenti, infortuni, responsabilità e vite compromesse. Ed è proprio per evitare questo che incontri come quello di ieri diventano fondamentali: perché ricordano che la sicurezza non è un costo, ma un valore; non è carta, ma sostanza; non è obbligo, ma cultura.
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