Una chitarra. Tanti sogni e un amore in tasca. La prima canzone che imparai a suonare portava la sua firma e cominciava proprio così:
“ Caro amico ti scrivo/ così mi distraggo un po’/ e siccome sei molto lontano/ più forte ti scriverò...”. Mentre suonavo m’innamoravo e nell’innamorarmi scoprivo il mondo musicale di questo piccolo-grande genio che ci ha salutati, una volta chiuse le tende del sipario. L’ultimo concerto.
Lucio Dalla, uno dei più grandi cantautori della musica italiana cantava così per esorcizzare la solitudine, per disegnare un futuro diverso, “L’anno che verrà”: quell’anno che tutti noi continuiamo a desiderare, a cercare con l’istinto del bambino che non ci abbandona, quel futuro che cantiamo nelle parole delle canzoni che più ci rappresentano.
Un uomo, un artista straordinario, che ci ha lasciato dopo aver firmato con stile ed eleganza il suo ultimo Tour in Svizzera, che seguiva la recente pubblicazione di “Questo è Amore”, doppio cd contenente alcune perle nascoste della sua sterminata discografia. Sì, perché Lucio Dalla non è stato solo un autore, un cantante, ma anche un vero genio musicale: musicista, jazzista, capace di reinventare e sapersi reinventare ogni volta con un gusto dal sapore contemporaneo. Basti pensare alla Tosca da lui presentata sotto forma di nuovo tentativo di opera pop.
Un uomo “umile, curioso, libero”, così lo ricordano i suoi amici di sempre: Morandi, De Gregori, Vecchioni, quegli amici che stasera avevano la voce mozzata dall’emozione. Un amico, infatti, non si dimentica, un amico regala la felicità e ti affida anche il dolore, quando ti saluta.
Lucio Dalla parlava della morte sorridendo, diceva che “prima o poi sarebbe arrivata” e lo diceva durante un concerto prima di dare ritmo alle note della melodia “Se io fossi un angelo”: alto e biondo...un angelo che non starebbe mai nelle processioni, nelle scatole dei presepi, ma starebbe seduto fumando una malboro al dolce fresco delle siepi, parlando con Dio...
E forse ora è proprio così. Immortale, come la sua canzone, come “Piazza Grande”, “ 4 Marzo 1943”, “Caruso”, “ Futura”, “Stella di Mare”.
Ma a brillare tra le sue perle melodiche è “Anna e Marco”, la canzone che lui stesso, in un’intervista del 2006, ha eletto a canzone rappresentativa del suo operato. Forse perché Anna sembra avere quello sguardo che tutte le donne di oggi continuano ad avere, mentre Marco nel ballo “ si scambia la pelle” con lei: due protagonisti dal romanticismo metropolitano che, chiudendo gli occhi, si stringono la mano.
Un uomo che ha saputo pizzicare le corde più profonde dell’animo umano, che ha saputo guardare oltre, leggere la bellezza nelle ombre delle persone, esaltandone l’arcobaleno.
Un artista: un titolo che non è concesso a tutti.
Ciao Lucio.
Alessandra Angelucci
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