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Teramo..."Le città, come i sogni, sono costruite di desideri e di paure" (I. Calvino)

3 minuti

Caro Giancarlo,
ho quadri di memoria esplosivi ed un'effervescenza di immagini.  Ricordo la canicola di luglio in Piazza Sant'Anna, le corse in BMX e le ginocchia sbucciate sull'insidioso brecciolino.
Ricordo le fette di pane abbrustolito con il pomodoro, la merenda degli artigiani in via Torre Bruciata.
Ricordo le imprecazioni dei falegnami, la curiosità infantile del dialetto, i fazzoletti neri in testa alle nonne, il cicalare sommesso delle pie donne all'uscita dell'Annunziata.
Ricordo le sberle di mio padre per un campanello suonato e un paio di palloni bucati.
Ricordi! Come è cambiato il mio quartiere, come è cambiata la mia città...
Caro Giancarlo,
fumo il sigaro, dicitur: che puzza! Vivo un “perenne” ostracismo.
Per fare due boccate in santa pace, non mi rimane altro che passeggiare. E allora mi ritrovo ad osservarla, la mia Teramo, a tutte le ore. Sono cambiati gli spazi, i luoghi aggregativi; sono cambiate le abitudini, orzata e  cedrata hanno lasciato il passo alla redbull. Sono cambiate le persone.
Ma è naturale! È naturale che una generazione abbia la presunzione di essere migliore dell'erede. Però, vedi Giancà, ho sempre pensato che la Provincia sia uno spazio mentale piuttosto che geografico e ci sono segnali fin troppo evidenti del provincialismo teramano. Da un po' di anni c'è un precipitato, una fuga in avanti con assenza di raziocinio, una finta progettualità che ha partorito  mostri compiuti e incompiuti: da Piazza Dante all'Ipogeo. Il Teramano imbelletta i malfattori ( cioè coloro che hanno fatto del male alla nostra città) e si consola passeggiando nel viale della memoria dei benefattori. La Teramo Cult?
Vittorio il Fenomeno, l'asino in piazza, la pedalata, birra e calcetto: il teramano perfetto.
Una sommatoria di nefandezze? Sì! L'archeologia del cancello chiuso, il centro storico delle buche, l'università degli assenteisti ben pagati (e degli iscritti assenti gratis), la Teramo del popolo della notte, della dittatura commerciale dei bar, delle pisciate all'aperto, delle cattedrali profanate, di un Sindaco velocipede, di un Vescovo itinerante...
Diceva Calvino: “Di una città non godi le sette o le settantasette meraviglie, ma la risposta che dà a una tua domanda”. Bene!
Non voglio seguire le provocazioni di un maestro. Mi appoggio di sbieco sulla profondità di questo aforisma. Ho una domanda che è un groppo (di rabbia) in gola. Quale perversa ed incomprensibile pedagogia impedisce ad una comunità di fedeli di veder interrotta una tradizione consacrata, una benedizione alle nuove mamme? Monsignor Seccia ne abbattiamo 100 per educarne 10?
Le forze dell'ordine impotenti! La Teramo bene, dei figli perbene, dei genitori perbene, dei 100 euro in tasca a 16 anni, dell'iphone di ultima generazione, dell'adagio: "ma dai su!, mò che vu fa? a Teramo ci cunusciam tutti!".
Caro, la calura estiva provoca sonnolenza e nel tepore riemergono i tratti di un passato che brucia ancora, come un fuoco vivo. Un buon panino tonno e sottaceti da Mimì, in fondo a Via Nicola Palma...
"Le città, come i sogni, sono costruite di desideri e di paure". Amico caro, i desideri appaiono sfuggenti, le paure, viceverse, sono fin troppo evidenti.
Un abbraccio

Alessio D'Egidio
 

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Commenti

Nel frattempo, i bulletti di piazza S.Anna hanno fatto il "salto di qualità" devastando la chiesa.... prossimo passo, dare fuoco a un barbone o violentare una ragazzina.... tanto so ragazzi... lasciateli fare...
Da qualche giorno la mia voglia di riflettere ad alta voce sui giovani si è scontrata con la reale mancanza di tempo per farlo. E potrei già finire qui ed aver detto tutto. La riesplorazione della sua città da parte di Alessio, descritta con belle tonalità emozionali, mi suscita però delle sensazioni forti a cui non mi va proprio di sottrarmi perché penso sia riferibile a qualsiasi nostro paese se rivisitato guardando soprattutto con gli occhi del passato. E, quindi, con quelli della paura anziché con quelli del desiderio, o meglio, del desiderio del passato, cioè  della nostalgia. Non è certo un segreto che le angosce sul futuro mettono in crisi il progetto di società e ( non con essa ma dentro essa!) la figura dell'adulto. L'educazione  ha bisogno invece di prospettiva, di un tempo presente dove voler stare; ha bisogno, soprattutto, di un futuro dove poter vedere e riconoscere i suoi effetti. Braccata invece dai morsi del "come siamo messi male ora" la dimensione educativa è incalzata dal dover produrre risultati immediati. Non è possibile. Non funziona così. Ciò che Alessio fa intravedere della sua infanzia ed adolescenza non sono " momenti" ma "tempi" attraversati da adulti riconoscibilissimi. Sembrano restare sullo sfondo ma ci sono, eccome! In questi anni la proposta educativa si è professionalizzata, esternalizzata dai contesti veri di vita, è stata delegata sempre due, tre  passi più in là, comunque oltre, oltre chiunque (ed io qui ci includo tutti ma proprio tutti coloro che dovrebbero essere chiamati a costruirne il senso ). È scomparsa la tenuta sociale e  politica di costruire comunità  capaci di essere  luoghi educativi cioè luoghi che, di per sé, sanno proteggere i ragazzi ed i giovani senza avvertire, al contrario, immediatamente e principalmente, il  bisogno o la paura di difendersi da loro. L'ha raccontato bene Alessio, basta leggerci dentro. Il campanello suonato ma che non comportava la chiamata ai carabinieri, la presenza anche "fisica" del padre, i palloni bucati che non provocavano  rese dei conti tra famiglie! Oggi lo spazio dell'io-adulto  e quello dell'altro- giovane vive sempre più di contrasto ed opposizione. I politici poi...dalle mie parti quando non li "scaricano" come figli  li " risolvono" condannandoli come studenti! Forse, una delle verità è che noi adulti siamo arrabbiati e delusi, per noi stessi perché non siamo e non siamo stati in grado  di trasmettere energie e passioni capaci di interessare le loro vite con il desiderio. Che si trasmette solo se si ha. Esattamente come la paura. E noi, proprio per questo, non ci sentiamo né belli né, tantomeno, forti. Solo tanto arrabbiati. Un po' come loro.