Caro Giancarlo,
ho quadri di memoria esplosivi ed un'effervescenza di immagini. Ricordo la canicola di luglio in Piazza Sant'Anna, le corse in BMX e le ginocchia sbucciate sull'insidioso brecciolino.
Ricordo le fette di pane abbrustolito con il pomodoro, la merenda degli artigiani in via Torre Bruciata.
Ricordo le imprecazioni dei falegnami, la curiosità infantile del dialetto, i fazzoletti neri in testa alle nonne, il cicalare sommesso delle pie donne all'uscita dell'Annunziata.
Ricordo le sberle di mio padre per un campanello suonato e un paio di palloni bucati.
Ricordi! Come è cambiato il mio quartiere, come è cambiata la mia città...
Caro Giancarlo,
fumo il sigaro, dicitur: che puzza! Vivo un “perenne” ostracismo.
Per fare due boccate in santa pace, non mi rimane altro che passeggiare. E allora mi ritrovo ad osservarla, la mia Teramo, a tutte le ore. Sono cambiati gli spazi, i luoghi aggregativi; sono cambiate le abitudini, orzata e cedrata hanno lasciato il passo alla redbull. Sono cambiate le persone.
Ma è naturale! È naturale che una generazione abbia la presunzione di essere migliore dell'erede. Però, vedi Giancà, ho sempre pensato che la Provincia sia uno spazio mentale piuttosto che geografico e ci sono segnali fin troppo evidenti del provincialismo teramano. Da un po' di anni c'è un precipitato, una fuga in avanti con assenza di raziocinio, una finta progettualità che ha partorito mostri compiuti e incompiuti: da Piazza Dante all'Ipogeo. Il Teramano imbelletta i malfattori ( cioè coloro che hanno fatto del male alla nostra città) e si consola passeggiando nel viale della memoria dei benefattori. La Teramo Cult?
Vittorio il Fenomeno, l'asino in piazza, la pedalata, birra e calcetto: il teramano perfetto.
Una sommatoria di nefandezze? Sì! L'archeologia del cancello chiuso, il centro storico delle buche, l'università degli assenteisti ben pagati (e degli iscritti assenti gratis), la Teramo del popolo della notte, della dittatura commerciale dei bar, delle pisciate all'aperto, delle cattedrali profanate, di un Sindaco velocipede, di un Vescovo itinerante...
Diceva Calvino: “Di una città non godi le sette o le settantasette meraviglie, ma la risposta che dà a una tua domanda”. Bene!
Non voglio seguire le provocazioni di un maestro. Mi appoggio di sbieco sulla profondità di questo aforisma. Ho una domanda che è un groppo (di rabbia) in gola. Quale perversa ed incomprensibile pedagogia impedisce ad una comunità di fedeli di veder interrotta una tradizione consacrata, una benedizione alle nuove mamme? Monsignor Seccia ne abbattiamo 100 per educarne 10?
Le forze dell'ordine impotenti! La Teramo bene, dei figli perbene, dei genitori perbene, dei 100 euro in tasca a 16 anni, dell'iphone di ultima generazione, dell'adagio: "ma dai su!, mò che vu fa? a Teramo ci cunusciam tutti!".
Caro, la calura estiva provoca sonnolenza e nel tepore riemergono i tratti di un passato che brucia ancora, come un fuoco vivo. Un buon panino tonno e sottaceti da Mimì, in fondo a Via Nicola Palma...
"Le città, come i sogni, sono costruite di desideri e di paure". Amico caro, i desideri appaiono sfuggenti, le paure, viceverse, sono fin troppo evidenti.
Un abbraccio
Alessio D'Egidio
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