La natura che domina in tutta la sua purezza, la sua bellezza disadorna da elementi artificiali, la natura che vive, che incanta nelle splendide giornate mattutine, che profuma di bosco nelle sere d’inverno, che germoglia e poi muore per prepararsi ad un nuovo risveglio.
L’arte del maestro Luigi Cappelluti, pittore di origine teramana, racconta tutto questo.
Luigi Cappelluti si avvicina alla pittura realista negli anni Ottanta, spinto dal suo forte amore che lo lega alla conoscenza del paesaggio in cui vive, quello delle montagne e dei paesaggi della regione Abruzzo, che l’artista ha voluto omaggiare da sempre con una pennellata minuta, precisa, dettagliata, quasi manieristica, ma che nel sentimento che la guida ritrova tutto l’impulso emotivo di un sentire profondo: l’amore per la natura, così com’è, senza infingimenti, un principio che affonda le sue radici nel realismo pittorico di fine Ottocento per cui la natura e le immagini della vita non potevano avere una qualsiasi idealizzazione, perché, come afferma il pittore francese Gustave Courbet “un oggetto astratto, invisibile, che non esiste, è estraneo all’ambito della pittura”.
Anche Luigi Cappelluti sembra fare suo questo modus operandi e nelle linee, nei tratti definiti che la mano disegna e colora sulle tele di varie dimensioni, attraverso la morbidezza dei colori ad olio, lo spettatore vive quasi l’illusione di poter toccare con mano l’acqua gelida di ruscelli sempre in movimento, i muschi umidi che sopravvivono nel sottobosco, la neve candida, soffice che, silenziosa, si posa per dare pace al paesaggio, ovattando ogni rumore. “La natura è tutto, il nostro habitat, è la tavolozza della vita”, così l’artista definisce la sua principale fonte d’ispirazione, riconoscendo in essa il grande dono di aver conquistato i cuori di grandi poeti e pittori che con la chiarezza delle parole e la puntualità dell’arte di fine Ottocento l’hanno descritta in tutta la sua mirabile grandezza.
In modo particolare Cappelluti fa riferimento ai pittori russi che più di altri hanno costituito il suo punto di partenza nella ricerca espressiva e che lo hanno influenzato nella narrazione paesaggistica: Ivan Ivanovich Shishkin, soprannominato il re delle foreste russe, Izaak Lewitan, Vasily Dmitrievich Polenov, Fiodor Vasiljev.
L’osservazione dei loro dipinti lo ha accompagnato nella sua personale indagine del vero che, in alcuni tratti, dove i colori si diradano in pennellate più ampie e meno decise, ricorda la corrente dei Macchiaioli, in cui l’immagine del vero nasce da un contrasto di macchie di colore e di chiaroscuro.
Un pittore autodidatta, che ama la sua città, ma che fugge i salotti mondani, quei luoghi d’incontro dove il lusso e le parole “infiocchettate” sembrano togliere il sapore reale e puro all’arte e alla voce degli artisti.
Un pittore, Luigi Cappelluti, che trova appagamento nell’osservare la sua opera compiuta e che ha lo sguardo sempre volto al passato, il fragmento di tempo della vita di un uomo che lui predilige, perché lo consola e lo distrae da un presente a volte grigio e privo di aspettative.
Un pittore, infine, che ha regalato con la sua pittura una delle più belle interpretazioni della natura abruzzese, colta in ogni suo più piccolo particolare, e che vede nell’arte la sua passione, la sua vita, perché l’artista, come lui afferma, “è soltanto colui che sa leggere col cuore”.
Alessandra Angelucci
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