Il libro “Il divario digitale. Internet e le nuove disuguaglianze sociali” (di Laura Sartori, edizioni Il Mulino), indaga le problematiche legate all’accesso a Internet, come strumento democratico di comunicazione. In generale si può affermare che l’informazione abbia assunto un ruolo così rilevante a livello economico e sociale, da sostituire il modello industriale dominante nel secolo passato. “Internet viene identificato come la tecnologia capace di cambiare a fondo la società a cavallo del nuovo secolo, allo stesso modo in cui l’invenzione della macchina a vapore aprì le porte alla rivoluzione industriale”.
Accanto all’entusiasmo per la versatilità e molteplicità di usi sia privati che pubblici legati alla Rete, occorre però analizzare gli aspetti negativi che scaturiscono dall’esclusione da questa tecnologia. A tal proposito è stata coniata, a partire da metà degli anni ’90, la felice formula “digital divide”, ovvero “il divario tra coloro che hanno accesso alle nuove tecnologie e coloro che non lo hanno”.
Il fenomeno è assai complesso: “la tecnologia non è come le acciughe, che alcuni possono amare e altri odiare, né come il diritto all’aborto, che vede favorevoli e contrari. Piuttosto, è una caratteristica indelebile del nostro ambiente culturale – qualcosa di complesso che dobbiamo sforzarci di capire in tutte le sue sfumature di grigio”.
Sul divario digitale sono state formulate due ipotesi: quella della normalizzazione e della stratificazione. Secondo la prima ipotesi “il divario digitale è un fenomeno transitorio destinato a essere riassorbito col tempo, mentre i fautori della seconda vedono la nascita di disuguaglianze strutturate e durature sulla base di una definizione più multidimensionale”.
Con l’analisi delle differenze riscontrabili in chiave comparata tra i diversi paesi, si è compreso che il divario digitale si riduce più velocemente rispetto al divario relativo al reddito. Ma se il divario mondiale sembra assottigliarsi, non può dirsi lo stesso per “il divario sociale all’interno dei singoli paesi”.
L’istruzione, il reddito, l’età sono i fattori che condizionano maggiormente l’accesso. Per quanto riguarda il caso italiano si evidenzia inoltre un divario di genere, che si amplifica con l’età. Infatti tra i giovani la differenza di genere non è rilevante, anzi in alcuni casi è di segno opposto. Raggiunge invece il picco massimo attorno ai cinquantacinque anni.
Tra l’ipotesi della normalizzazione e della stratificazione l’autrice preferisce parlare di “stratificazione”: “saremmo, cioè, in presenza di nuove disuguaglianze che pongono problemi di equità e di efficienza non facilmente superabili senza interventi e azioni di regolazione consapevole”.
Per preservare Intenet come spazio di libertà, per ampliarne ulteriormente le potenzialità (sono passati quasi vent’anni da quando Microsoft lanciò la prima versione di Internet Explorer, che era venduta con il software di Windows 95) sono necessarie regole, codici deontologici e intese internazionali.
Il diritto di accedere al web è divenuto una libertà fondamentale che garantisce altri diritti costituzionali come, ad esempio, la libertà di manifestazione del pensiero.
Il divario digitale conduce ad un aumento delle diseguaglianze sociali ed economiche, menomando in maniera significativa l'accesso all'informazione.
Il divario è un fattore rilevante di impoverimento perché le nuove forme di produzione di ricchezza sono fortemente digitalizzate e non avere accesso a Internet si traduce in un vulnus ai diritti di cittadinanza.
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