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Diario di Bordo. Sergio D'Ascenzo ci racconta la Sanità teramana. Terza puntata

19 minuti

La differenza fra la demagogia e l'onestà intellettuale ritengo stia nel fatto che la prima esprime parole che riempiono la bocca con secondi fini, con obiettivi inconfessabili ... mentre la seconda esprime le parole di chi cerca un bene oltre il proprio, oltre qualunque egoismo se non quello, nel nostro caso, di ricevere e dare un'assistenza sanitaria dignitosa, tutt’al più col sottile piacere nel cuore frutto della consapevolezza di avervi in qualche modo contribuito...

Anche questa ‘puntata’ è un tentativo di analisi che spera di mettere in luce i difetti inconfessati di un sistema profondamente malato, tentando di incrinarlo, ma non per questioni personali, senza rivalse o rancori (non ne ho, sono solo indignato), quindi non per attaccare le persone ... nessuno se ne abbia a male, l’obiettivo è ben più alto … sono mosso, con la mia squadra, dal desiderio di favorire un cambiamento vero per il bene di tutti noi: una sanità migliore...

Quando alcuni anni fa, con nostra figlia allora quindicenne, dovemmo affrontare l’amara sorpresa di un tumore al suo cervelletto, ci trovammo ‘fortuitamente’ nella Asl de L’Aquila … (perché era seguita lì da un anno e mezzo – nella città nella quale studiava in Conservatorio – nel Centro Cefalee, per una banale ‘cefalea tensiva’…). Appena scoperta la ‘massa’, fummo invitati dal neurologo a salire al piano di sopra, in Neurochirurgia, per iniziare un doloroso percorso pieno di spaventose incognite … in quel momento, inevitabilmente, fu un po’ come morire … Ma non voglio tediarvi con tutta la storia, fa parte dei ricordi intimi, privati, di famiglia, quelli che ti forgiano per tutta la vita, che ti cambiano le prospettive … Parto però da quell’esperienza, per riflettere su alcuni aspetti che desidero qui condividere, a proposito di assistenza sanitaria…

Durante il lungo tempo passato in quel reparto, dopo il delicato intervento neurochirurgico, scoprii che anche in Italia esisteva da qualche parte una eccezionale coscienza professionale ed umana che, meravigliosamente, pretendeva di dare un’assistenza sanitaria di qualità! Il lungo periodo vissuto al capezzale di mia figlia, da ‘addetto ai lavori’, mi permise così di mettere a fuoco tanti aspetti assistenziali rimasti fino ad allora solo nella teoria dei testi, o conservati come ricordi professionali di gioventù, quando in un non oscuro ospedale della provincia – Atri – avevo esperimentato il piacere ed il privilegio di dare e ricevere un’assistenza di qualità.

In quella Neurochirurgia, il primario e la caposala avevano fondato da diversi anni la Divisione, impostando da subito i criteri dell’assistenza ad alti livelli, ma soprattutto facendo in modo che fossero mantenuti nel tempo! Conoscevano il valore della buona assistenza e volevano potessero accedervi tutti i loro pazienti, non solo quelli ‘raccomandati’, i potenti, o comunque quelli che potevano permettersi la cameretta ed il sorriso a pagamento.
I loro sogni, la loro dura battaglia per conseguirli, avevano ottenuto il risultato cercato: nel loro reparto ogni paziente era trattato ‘con i guanti bianchi’ o, come volle dettarmi mia figlia in un biglietto a loro dedicato: ‘Mi avete trattata come una principessa …’ (ed avevo verificato di persona che lì ‘principessa’ non era solo mia figlia, i principi e le principesse, di tutte le età, erano in tutte le stanze del reparto)!

Ebbi la dimostrazione di quello che definii il ‘tiro al rialzo’ nell’assistenza, assistendo al primo giorno in servizio in quel reparto di un infermiere, non giovanissimo, trasferito lì. Entrò nella ‘nostra cameretta’, quella mattina, con fare che mi sembrò nella ‘norma’, salutò solo con un cenno della testa, era serio, come chi si muove da una stanza all’altra preso dal suo lavoro … Ma la scena non sfuggì allo sguardo attento della caposala … che lo chiamò (io curioso drizzai le orecchie) e, con tono rispettoso ma molto serio, gli si avvicinò e sussurrò: “Capiamoci subito, ora lavori con noi, se hai intenzione di continuare a farlo sappi che in ogni stanza di questo reparto c’è un ‘principe’ o una ‘principessa’ che sta molto male ed ha bisogno certo delle tue migliori capacità professionali, ma anche del tuo sorriso e passione, chiaro?!?”.

La reazione dell’infermiere fu di chi capiva che non c’era appello a quella sentenza … “Si, caposala, ho capito, d’accordo …” rispose sommesso. Così fu, dal giorno dopo vidi un infermiere, quell’infermiere, con un atteggiamento diverso, che aveva colto appieno la spinta del ‘tiro al rialzo’ datagli dalla caposala!!! Era stato invitato cordialmente, ma molto severamente, ad ‘elevarsi’ al livello voluto e condiviso da tutti nel reparto, per il quale il paziente viene davvero prima di tutto e l’assistenza deve dimostrarlo concretamente ogni giorno, ad ogni turno, in ogni persona!

Ma potrebbe sembrare solo un caso eccezionale, circostanze favorevoli che avevano realizzato un’isola felice, avendo loro fondato un reparto nuovo e tutto ormai funzionava in automatico, senza più ostacoli … ma ora vi dimostro che non è così.
Profondamente colpito da questo ‘clima assistenziale’, in fase di dimissione decisi di mostrare la mia gratitudine in qualche modo ai principali fautori di quel meraviglioso ‘clima’. Avevo confidenza con il prof. R. Galzio, ed in modo diretto gli chiesi cosa gli avrebbe fatto piacere ricevere come segno della nostra gratitudine … La risposta fu precisa ed immediata, come se fosse stata preparata: “Ci conosciamo da tanto, tu sai parlare e scrivere, chiedi al mio Direttore Generale di aiutarmi a mantenere questo livello di assistenza, perché diventa sempre più difficile farlo comprendere e renderlo possibile, a partire dai vertici della Asl..!”. Il messaggio era chiaro … così feci, scrivendo una lettera aperta (che non era un mero segno di gratitudine, perché ero davvero convinto che andava fatto ogni sforzo per mantenere quel livello di assistenza, per il bene del paziente)!

Rispose alla mia missiva anche l’allora primario illustre della Fiosioterapia e Riabilitazione, che aveva ricevuto ‘per conoscenza’, che confermò la mia visione: “Ha ragione, da quando il professor Galzio è arrivato ci ha positivamente costretti ad un ‘tiro al rialzo’ nella qualità dell’assistenza! (...)”.

La questione è molto seria… perché da troppo tempo, ed i risultati sono sotto gli occhi di tutti, oltre che sulla pelle dei nostri pazienti, nella nostra Asl (e non solo) invece il ‘tiro è al ribasso’!!!
Quando nel nostro ospedale, nella nostra Asl, un nuovo medico o infermiere giungono nella propria nuova collocazione (in oltre 35 anni ne ho visti tanti), in generale e troppo spesso devono subito confrontarsi con un clima diventato cinico e disfattista, la cui principale e consolidata preoccupazione sembra essere quella della disillusione, cioè ci si sforza di ‘aiutare il nuovo arrivato’ a rinunciare all’entusiasmo del ‘novizio’, del giovane che ancora non si è arreso alle logiche del sistema, che crede di essere nel suo lavoro ancora nella città del ‘nord’ dove ha vissuto i primi anni professionali, ma ora deve capire che è a Teramo, deve rendersi conto della nostra triste realtà: scarsità di risorse per il personale, carenze organiche, inesistente la prevenzione o la cura del Burnout, tristi consuetudini in un livello assistenziale davvero ridotto ai minimi termini, meritocrazia inesistente, ecc. …

No, non mi sto avventurando in conclusioni affrettate e gratuite, è un coro forte e numeroso quello che si leva da anni nel lamentare tale scarso livello … le eccezioni sono poche e nuotano controcorrente come salmoni affaticati!
L’assistente privato, il parente, la persona ‘sacrificata’ a fare turni continui al capezzale del paziente in ospedale è ormai una abitudine tanto consolidata, quanto discutibile … eppure non se ne riesce a fare a meno, diversamente il proprio caro non avrebbe attenzioni e cure personali adeguate, supporto alberghiero dignitosi, né un livello di trattamento igienico sanitario all’altezza della nostra dichiarata civiltà!
Così, tutti lo sanno ma nessuno osa dirlo, la figura del parente / assistente di frequente vive il suo ruolo in modo disumano … Assieme al paziente, è l’anello debole della catena, quindi quasi sempre subisce per timore di ripercussioni sul proprio congiunto!

Si ho scritto proprio ripercussioni! Pensate a quando il medico (o l’infermiere) un giorno giunge in reparto misteriosamente contrariato e tratta male paziente e parenti, con atteggiamenti indegni perfino delle bestie; o quando una sera l’infermiere arriva in servizio nervoso, lasciando che i propri problemi personali o gli effetti del proprio stato di Burnout conclamato si manifestino liberamente, trattando male il parente e l’assistente, magari completando l’opera con una indegna ‘ritorsione’, quando costringe il povero assistente a rimuovere la ‘sdraio’ portata faticosamente da casa per tentare di sopravvivere a turni ospedalieri, che per lui non finiscono mai, a fianco al congiunto … specie quando non si ha la possibilità di pagare qualcuno che lo sostituisca per tirare il fiato … e tutto questo nella sanità pubblica!

L’operatore sanitario si mostra così un piccolo, miserabile despota nel suo immaginario regno! In questi tristi ed assurdi casi, si muove come una sorta di kapò in servizio … Quasi sempre si subisce per quieto vivere, per paura che possa andare ancora peggio nella già triste situazione assistenziale del paziente … è assurdo … inaccettabile!
Chi permette tutto questo? Chi dovrebbe controllare? Chi dovrebbe ‘costringere al tiro al rialzo’?! La caposala? Il primario?! La Direzione Sanitaria?! Riflettiamo …

Le caposala si dividono in quelle che sono ormai sfinite, arrese nel loro stoico e storico tentativo di contrastare questo inaccettabile sistema assistenziale in profondo degrado; e poi ci sono quelle asservite al sistema, quelle che riproducono e difendono un sistema organizzativo e di gestione del personale al quale si è giunti per ragioni varie, ma i cui risultati sono comunque inaccettabili!
Quando osserviamo le caposala, per rimanere nell’esempio citato, ci sembra evidente che l’impostazione del lavoro loro indicata o imposta dalla Direzione Sanitaria (e comunque da chi gestisce queste figure di coordinamento), è evidentemente tale da favorire o comunque tollerare questo degrado assistenziale … e scusate la franchezza!

Facendo la ‘prova del nove’ rispetto alla mia esperienza con mia figlia, la caposala (pienamente sostenuta dal primario) imponeva una qualità assistenziale notevole e non lasciava altra scelta a tutto il personale che coordinava! Mi sembra di osservare ben altro nella nostra realtà … In sintesi, qui o la caposala è capace, ma ha esaurito le proprie energie nel tentativo di ostacolare l’andazzo del sistema, subisce il disinteresse del primario, non ci sono interventi radicali dall’alto da parte della dirigenza … oppure, è una caposala che vive in un pianeta diverso (ben diverso da quello che mette il paziente al centro di tutto), sembra riprodurre i mali del sistema, delega spesso abusivamente le proprie funzioni ad infermieri conniventi (o spaventati), reprime il personale con minacce e ripercussioni (negazioni od ostacoli nelle concessioni di diritti come le ferie, permessi vari, aggiornamenti, 104, ecc.) … e tutto il suo ‘impegno’, purtroppo, non è certo volto a spingere il personale verso il ‘tiro al rialzo’, affatto!

Se poi qualcuno osa contestare, esponendosi in prima persona, ricorrendo alla Direzione Sanitaria, al Primario, al Direttore di dipartimento (o comunque ad una figura gerarchicamente al di sopra) nel tentativo superare il disinteresse o l’apparente incapacità mostrata dalla caposala (o talvolta dal primario) … nella migliore della ipotesi ci si sente rispondere che purtroppo non ci si può far nulla; nella peggiore, si viene attaccati e minacciati di essere trasferiti ad altro servizio … quasi si fosse dei ‘sovversivi’ verso un sistema funzionante, o comunque per aver osato scavalcare le figure di riferimento e competenti che palesemente comunque non fanno il loro dovere! Non vogliamo neppure provare ad immaginare quante cose inconfessabili si nascondano fra le trame del sistema, visto il punto al quale siamo giunti!

Ma chi risponde di una sanità così ridotta e, nello specifico, di una assistenza che non và affatto?! Chi risponde se in tale situazione deleteria, a vari livelli, si verifichi un errore, se un paziente denuncia un caso di ‘malasanità’ … chi ne risponde?! Solo chi ha commesso l’errore in modo diretto, o dovrebbero risponderne piuttosto tutti coloro che, da molti anni, essendo nella posizione di poter intervenire, risolvere e cambiare la situazione … non l’hanno fatto?! Paga l’ultimo anelo della catena, il più debole o, piuttosto, bisogna risalire ai responsabili veri, quelli sui quali cade il peso quantomeno morale di tutta la situazione?!

Se poi si decide di iscriversi al sindacato, dove la migliore storia racconta di impegno per la tutela del lavoratore, ci si ritrova ‘stranamente’ ancor più vessati dal sistema e da chi lo dirige, perfino oggetto di trasferimenti punitivi mal celati dietro dichiarate, ma affatto chiare, ‘esigenze di servizio’ …
Ma ragioniamo ancora un attimo, in questa dolorosa ma doverosa analisi, sulla figura del sindacalista, sulla quale troppi appaiono disillusi! Difficile dar loro torto …

A partire, ovviamente, da una onesta autocritica, anche per capire attraverso il confronto se e come non ci siamo mostrati all’altezza di ogni situazione in cui ci siamo imbattuti, o per la quale siamo stati sollecitati, vogliamo accettare le critiche costruttive ed unirci a tutti coloro, di qualsiasi ambito e figura, vogliano combattere questa stessa battaglia, per il paziente come obiettivo primo e fine ultimo della sanità!

Quando si decide di dedicarsi all’attività sindacale, non di rado e dopo un po’, ci si imbatte con una tentazione: cogliere la possibilità di ottenerne qualche vantaggio personale, o rifiutare qualsiasi vantaggio per principio, volendo mantenere una posizione mai ricattabile … attraverso la quale poter denunciare, senza timore di essere a propria volta ‘denunciato’!
Chi davvero è degno di essere definito sindacalista, ha come obiettivi la tutela dei diritti del lavoratore e, in sanità, anche dei diritti del paziente, oggetto della sua attenzione ed assistenza … ma, purtroppo, la storia sindacale teramana non sempre ha brillato di questa luce …

Se io fossi un dirigente Asl e volessi gestire alla meno peggio le mie competenze, tagliando sul personale e sulle loro possibilità di progressione di carriera, aggiornamento, perpetrando un sistema fallimentare in quanto a qualità dell’assistenza, portando avanti una ‘politica’ di raccomandazioni ed iniqua gestione di interessi non ammissibili (parlo in termini di principio) … in effetti cercherei di ‘rabbonire’ i sindacalisti, offrirei loro qualche privilegio, qualche ‘favore’, così li avrei in pugno e potrei gestire le cose a modo mio, senza il rischio di contrasti sindacali … se mai ce ne dovessero essere, saranno al limite concordate, solo demagogiche, di facciata …

A guardarmi attorno, mi sono dovuto onestamente chiedere: ma non è che davvero la dirigenza ha usato a lungo e con successo questa strategia?! Ma no, sicuramente mi sbaglio … di certo i sindacati non cercheranno di difendere lavoratori indifendibili, pur di mantenere qualche delega in più! Di certo i sindacati faranno il loro dovere fino in fondo, non rispondendo a certe logiche colluse e contribuiranno alla grande a scuotere questo sistema, per tornare ad una assistenza sanitaria eccellente! Di certo hanno a cuore il bene della nostra azienda, non cercheranno mai di difendere qualcuno che si comporti male solo perché è un loro iscritto … no, altrimenti che sindacato sarebbero?!?! Certo che no … spero …

Così il circolo diventa vizioso, il sistema riproduce se stesso e, troppo spesso, il personale mostra stanchezza nel contrastare l’andazzo, concludendo che è più facile asservirsi ad esso, piuttosto che continuare nel tentativo di combatterlo, subendo appunto pressioni, ripercussioni, ostacoli attraverso la burocratizzazione degli atteggiamenti, ricatti rispetto a quelli che sarebbero normali diritti contrattuali … insomma, siamo di fronte ad un disastro lavorativo ed assistenziale e, con tutte le nostre forze, desideriamo contribuire a porvi fine! Vogliamo impegnarci in tutti i modi perché si torni a migliori condizioni di lavoro, perché il clima nel quale si opera torni sereno e trasparente, per poter davvero avviare un vero e progressivo ‘tiro al rialzo’ nell’assistenza..!

Naturalmente , mi sono espresso in termini generici e senza riferirmi volutamente a persone, fatti e situazioni specifiche … speriamo ancora che alla fine il buon senso e la coscienza professionale prevalgano, suscitando un vero processo di cambiamento!
Ma ciò non significa che non vogliamo essere concreti! L’assistenza al paziente e le condizioni in cui il personale deve poterla assicurare, ci stanno talmente a cuore che se il cambiamento non dovesse avviarsi, coinvolgeremo anche la magistratura, pur di riportare il paziente al centro della scena, per un’assistenza degna di questo nome! Basta assistere inermi alla migrazione della speranza verso una sanità migliore in altri lidi, la vogliamo a Teramo, per la nostra gente, la migliore sanità!

Alla prossima … spero …

   Sergio D’Ascenzo
 Ref. Nursind Teramo
 

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Conosco personalmente il Prof. Renato Galzio, amico di famiglia, e per SFORTUNA, con mio padre sono, per urgenza, capitata nel presidio di Neuorchirurgia di Teramo....un giorno vi racconero' la mia storia e di come hanno posto la fine di mio padre...perche' non li ho denunciati???perche' tra loro c'e' un govane medico VALIDISSIMO, ed e' solo per lui che mi sono fermata. Sono ARRABBBIATA, caspita se lo sono, ma un giorno arriveremo alla resa dei conti.....CI ARRIVEREMO!
Ricordo un Falconi e Un Galzio in grande spolvero al matrimonio di Luigiaurelio Pomante. Io li ho sentiti conversare due folli. Ma vi assicuro meravigliosi. Caro D'Ascenzo le sono vicino e le dico grazie per quello che ha scritto e per come ha scritto. Un abbraccio a sua figlia.
Grazie Sergio!
La sua lettera è uno spaccato della ns. società; di com'era e cosa è diventata. Il problema dei problemi è sempre lo stesso: da circa 30 anni abbiamo abbandonato l'etica e abbiamo votato la ns. vita alla rincorsa del risultato talvolta dimenticando persino perchè si correva. Il tutto per il dio denaro. Siamo passati sopra tutto e tutti. Abbiamo toccato il fondo. Abbiamo costruito una società egoistica, sprezzante ed ipocrita. Abbiamo distrutto tutto il lascito dei ns padri che era frutto di guerra e riscostruzione. Abbiamo davanti a noi due strade: emendarci da tutto ciò prendendo consapevolezza che dobbiamo ritornare sui ns. passi con regole nuove e CERTE che tutto dobbiamo rispettare, oppure il caos sociale che non sappiamo dove ci porti e quando abbia termine. Tutto il resto sono chiacchiere.
Auspico una profonda riflessione in tutti i dipendenti Asl sul modo di svolgere la professione e per molti mi auguro sia l'inizio di una profonda autocritica
Il potere logora chi potere non ha!
E' sempre la coscienza del singolo che fa la differenza, a tutti i livelli. Grazie Sergio, ha narrato alla perfezione cio' che si vive nei reparti dove questa priorità è assente.
Scusi signo Manu,ma crede che questa visione della realtã sanitaria nostrana sia il discorso di una persona logorata dal non avere potere?Che lettura triste ha fatto!!Non crede invece che puô essere un modo costruttivo x crescere e collaborare tutti in ogni modo e figura professionale per il bene comune che dovrebbe essere la salute?Se lo rilegga con calma e senza pregiudizi...
Grazie a chi sta sostenendo e sosterrà questo forte desiderio di cambiare le cose in una sanitá davvero malridotta, senza lasciarsi condizionare da logiche corporative... è in gioco la nostra salute e quella dei propri cari... Sig. Sig.ra Manu... Magari non so capire la ua espressione sibillina, ma il 'potere' in sanità é sempre e comunque fuori luogo... ci si dovrebbe occupare di gente che soffre, sa, non di gestione del potere... In ogni caso, salvo che abbia mal compreso, personalmente non ho mai perseguito l'acquisizione del potere, quindi il logorio di andreottiana citazione, nel non averlo, non mi appartiene, libero perfino da ció... Spero altrettanto per lei... Buona sanità a tutti, ma pare dobbiamo combattere chi tiene piú al potere per riconquistarla... Che tristezza...
Grande sergio sei un mito ma questo lo sai gia e hai perfettamente ragione nel nostro lavoro ul sorriso è la cosa piu bella ke possiamo dare ad un paziente e molti di noi dovrebbero pensare (non lo auguro a nessuno) che dall'altra parte possiamo capitarci noi un abbraccio
Caro Sergio, nel premettere che non la conosco, mi complimento con Lei e con il Prof. Galzio. Ora però, partendo dalle sue domande :"Chi permette tutto questo? Chi dovrebbe controllare? Chi dovrebbe ‘costringere al tiro al rialzo’?! La caposala? Il primario?! La Direzione Sanitaria?! Riflettiamo …" , mi permetto di dirle la mia. Tanto per iniziare sono convinto che il sistema in toto, così come ancora oggi impostato, non può più funzionare e non reggera' (mi creda, conosco un po' la sanità ma mi fermo qui, altrimenti dovremmo iniziare a parlare, e non ne avrei tempo, di spesa sanitaria totale in % del Pil e non solo di posti letto, come spesso si fa, dei tempi di degenza e relativi costi, di liste di attesa e di prestazioni erogate, di prestazioni differibili o meno, di strutture di primo, secondo e terzo livello, di mobilità passiva, di metodologia d'acquisto, di percorsi diagnostici terapeutici, di Asur, Estav, piuttosto che di Asl o Ulss, di reparti doppione e di reparti sottodimensionati in termini di personale, di prevenzione, di invecchiamento della popolazione, di malattia metabolica (grande problema per il futuro), di terapia ed assistenza domiciliare, di costi sanitari e di costi sociali, di pubblico e privato, etc, etc, etc.). Sono sincero nel dirle di essere contento, per la piccola e per la sua famiglia, di potere leggere la positiva esperienza aquilana, se tale può essere definita, vista la sofferenza generata. Un abbraccio! Io, invece, le potrei raccontare di essere diventato padre, qualche anno fa, assistendo in sala parto, di una bambina portatrice di un'importantissima malformazione, non assolutamente diagnosticata, ma diagnosticabilissima, nelle numerose ecografie pagate ed eseguite in gravidanza dal "grandissimo, superlativissimo, medichissimo, ostetricissimo, ginecologissimo" in forza nella nostra Asl. E torno ad una delle sue domande: "chi dovrebbe controllare?" . Le rispondo che, purtroppo e per quanto mi risulta, non controlla nessuno. Non è possibile che un dipendente pubblico, qual è il Medico, non venga chiamato da un'Amministrazione Sanitaria (datore di lavoro!) almeno a spiegare o chiarire l' accaduto. Tutto tace....il Medico continua tranquillamente a lavorare nel pubblico e ad erogare le sue prestazioni private mentre la famiglia, nel suo stordimento, prende il fardello sulle spalle e, anche con minime disponibilità economiche, comincia a vagare alla ricerca di fortunate mete....ma non molla, mai! Buona notte
Il problema non potra’ risolverlo il DG di turno oggi ROLLERI ieri VARRASI l’altro ieri MOLINARI e via dicendo Il problema e’ Regionale prima che di ASL bisogna far contare meno le calcolatrici ,pure importanti, ma non unica medicina di una sanita’ malata bisogna confrontarsi senza pregiudizi con gli addetti ai lavori e con i cittadini bisogna finalmente affrontare e risolvere le problematiche connesse con - la gestione dell’ emergenza urgenza, -l'assistenza domiciliare, -l'assistenza agli anziani, -gli hospice, -le strutture territoriali pubbliche che vanno potenziate applicando leggi e contratti esistenti -la strutture private che devono essere controllate ed assicurare standard di qualita’ strutturale e professionale -gli screening che vanno riportati e gestiti nell’ambito della prevenzione -l’appropriatezza prescrittiva che non viene controllata a sufficienza -la medicina difensiva generata delle disfunzioni organizzative
Grazie Sergio, spero che tutti noi infermieri troveremo il tuo coraggio per poter parlare della sanità che non va, ma non per critiche come dice "manu", ma solo per migliorare per il paziente in primis, che può essere un nostro caro, e anche per noi perché possiamo andare a lavoro felici in modo da rendere anche di più... Buon lavoro a tutti, e a voi infermieri, angeli senza ali come mi disse un paziente...
Ci dovrebbe essere piu' unione fra la popolazione e un po' di buon senso per raggiungere gli obiettivi che il dott. D'Ascenzo ha menzionato, spero che un giorno si potra' arrivare a cio'. Di ruffiani purtroppo cene sono tanti, troppi.
Caro Sergio: Condivido i tuoi desideri e i tuoi sogni su una sanità migliore, basata sulla volontà degli operatori di fare un buon lavoro e sulla possibilità loro fornita dai politici di esprimere tale volontà. Non ti vedo (né ti sento) da molti anni, ma mi fa piacere sapere che esistono ancora sognatori coraggiosi e che non sono solo. Non dico questo perché parli del mio reparto in modo lusinghiero, ma soprattutto perché capisco quanto ti costi fare cose come scrivere quello che hai scritto. Purtroppo la sanità italiana è malamente influenzata dalla ingerenza della politica e dalla mancanza di meritocrazia, che portano la maggioranza degli operatori (medici e infermieri in primis) ad adeguarsi passivamente al sistema. Tuttavia solo i sognatori coraggiosi possono cambiare le cose ed il sistema, spesso pagando in prima persona. Ti esprimo la mia solidarietà e la mia stima.
Buongiorno a tutti. Da cittadino e paziente, ho avuto negli ultimi tre anni modo di trascorrere diverso tempo in ospedale e ho notato che molti, tra il personale infermieristico e medico si comportano purtroppo con gli atteggiamenti descritti dal sig. D'Ascenzo, molti altri, forse e penso di più, invece si dedicano attivamente alla loro "missione", sanitaria e sociale, quindi alti livelli di efficienza e un alto senso etico, morale e di rispetto della persona, paziente, che si trova a vivere un momento difficile di malattia. I motivi, condivido, con i vs. interventi, soprattutto quello del prof. Galzio, che ammiro e saluto con affetto, sono di questa politica che negli ultimi anni e ancora oggi, ha messo al centro del servizio sanitario, i numeri, (prestazioni, esami, ecc...), il clientelismo (figli, amici, nipoti, insomma la "famigghia"...), il malaffare (mazzette o tangenti come preferite....), l'assenza del merito, un sistema purtroppo di connivenze che soffoca i migliori, che incute paure e timori, insomma ha generato un ambiente difficile, quando invece dovrebbe essere il contrario, gli operatori dovrebbero vivere in un ambiente stimolante, motivante, sereno, per offrire e dare il meglio a chi lo chiede, il paziente e le loro famiglie. E si, perchè la salute è tutto, e vi assicuro che quando manca anche in parte, il resto è conseguenza di un vivere ridimensionato. rimodulato, precario. Spero che la lettera circoscritta del sig. D'Ascenzo....anche senza nomi, porti il nuovo Manager teramano a cambiare il sistema, sarebbe bello un giorno poterlo vivere appieno il cambiamento, in tutti i reparti, dall'acccettazione alla dismissione. ed entrare in ospedale col sorriso di poter trovare degli amici, dei fratelli che sapranno accudirci e curare con amore e professionalità. Da questo blog, voglio ringraziare, i miei amici, Carlo, Giovanni, Amedeo, Paolo, Caterina, Titti, Francesco, Gianni, Sabrina, Luisa, e tanti altri, di cui non ricordo il nome, ma che mi hanno fatto scoprire una sanità bella, fatta di belle persone!! Rivolgo un pensiero e un augurio a tutti i malati e le loro famiglie e a tutti i medici e operatori affinchè possano riscoprire negli occhi e nelle mani di un paziente, quelle di un loro familiare. Grazie!
Complimenti,una bella e significativa lettera, ma ormai siamo tutti alla deriva. Io lavoro all'ospedale di Atri e mi creda quando sono arrivata nel 2004, dopo aver lavorato fuori, l'ospedale era un fiore all'occhiello adesso di quel fiore non n'è rimasto niente, ognuno fa come vuole....non c'è nessuno chi controlla, reparti abbandonati a se stessi. Ormai sono quasi due anni che non lavoro prima per una maternità e subito dopo mi sono messa in aspettativa per un problema famigliare che mi ha portato a frequentare l'ospedale di Pescara ed in particolare modo l'ematologia. Mi sono trovata dall'altra parte e sono rimasta molto contenta dall'operato , dalla disponibilità, dalla cortesia e sopratutto dall'umanità del personale partendo dal responsabile il dott.Angrilli che quando ci ha ricevuti per il consulto ci ha trattati come persone che conosceva da una vita...e per chi deve affrontare un percorso lungo e tedioso quale sia la chemioterapia è molto importante. Così dovrebbe essere ed invece come dice lei nella sua lettera il più delle volte incontri personale stanco, sfinito che non ha più voglia di lavorare...per i troppi ostacoli che ogni volta incontra.
Cara Renato (Galzio) mio amico da 30 anni, caro Armando con cui condivido una quotidiana lotta, caro Sergio con cui ho condiviso la lotta per la dignità dei Pz oncologici e cari miei pazienti tutti, è difficile per me rimanere in silenzio, leggendo le lettere e le risposte che questo seguitissimo blog propone alla mia riflessione. Impegnarsi nel mondo della sanità oggi e credere che la politica più becera , fatta di promesse e di piccoli favori, di cui qualche grassoccio rappresentante ne è maestro, possa disintegrarsi per lasciare il giusto posto alla meritocrazia, spesso mi fa sentire un don Chisciotte , magari pure privato di un povero cavallo come Ronzinante. Eppure non voglio abbandonare questa romantica idea che il paziente possa tornare ad essere una persona ammalata e non un numero da mettere in fila; non voglio pensare che il futuro possa cancellare gli sforzi di chi si impegna con tutta la passione e con tutto il cuore nel donare un sorriso ed una giusta professionalità a chi bussa, suo malgrado, alla nostra porta. Voglio continuare a lottare per il bene di ogni singolo paziente, a partire dall'accoglienza, dalla poltrona o sedia sui cui andrà a sedersi, dal letto su cui si stenderà, dalla mano del medico o infermiere che lo toccheranno, dal sentimento di aiuto che dovrà risiedere negli occhi di chi lo starà visitando. Io sono e sarò semplicemente questo e sarò sempre a fianco dei miei malati, contro l'arroganza, contro le stupide gelosie, contro l'ignoranza, contro chi ci impedirà di onorare la nostra professione, che mi piace sempre ricordarlo, un tempo era ars medica e che nel mio cuore è ancora tale.
Quanta rabbia,ma fortunatamente tra le numerose righe traggo anche qualche messaggio di speranza! Sì ed è per questo che intervengo.Non conosco le dinamiche interne che muovono le corsie degli ospedali,ma purtroppo le vivo attivamente da qualche anno per sostenere mio marito colpito da una gravissima malattia.Dopo un primo pit stop presso la Usl Aquilana e premetto che apparteniamo ad un comune di mare, ci siamo spostati al nord per delle cure.Pensavo di aver trovato per lui il non plus ultra, ma senza dilungarmi in dettagli, vi racconto che,rivelatesi le cure fallimentari,abbiamo deciso di rivolgerci ancora una volta ai medici aquilani.Non è un caso che io lasci qui la mia testimonianza, ma perchè tra coloro che hanno inviato un commento, ce n'è uno che ha contribuito alla miglior sopravvivenza di mio marito e che ha tutte le caratteristiche che tutti vorremmo poter riscontrare nel Medico che esercita la vera Ars Medica:il prof. R.Galzio.Un medico autentico,una grande persona.Ma la cosa più strana, sì perchè di questi tempi trovarsi a raccontare esperienze positive sulla sanità, capisco che sia una rarità,ma per me e per la mia famiglia è straordinario, poichè in quel villaggio di mattoncini gialli tenuti insieme dal rosso della vivacità,abbiamo incontrato delle persone meravigliose che ci stanno tenendo per mano in un cammino difficile e doloroso con preparazione,saggezza,ascolto,umiltà e tanto amore.Per noi una vera perla della regione abruzzo. Le perle ci sono ancora,basta trovarle ed apprezzarle! Colgo l'occasione per ringraziare ancora il prof. Galzio e tutta la sua équipe così come il prof. Ricevuto e tutta la sua équipe.Con stima profonda Manuela C.