La notizia di oggi (26 Maggio) è che il Partito Democratico Provinciale s’impegnerà presso il prossimo consiglio provinciale a sostenere le ragioni dei Balneatori “offesi” dalla famosa Direttiva Europea Bolkeinstein, in ordine alla durata delle concessioni demaniali marittime.
Procediamo con ordine, nel 2009, l’Europa avvia una procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia, perché a giudizio della Commissione Europea, alcuni articoli del sistema giuridico italiano contrastano con i principi di libertà di stabilimento delle imprese comunitarie ( art.43 Trattato CE) e d’imparzialità, trasparenza e pubblicità delle procedure di selezione dei concessionari.
Per inciso, sono contestati, gli art. 37 del codice navale e l’art. 1 comma 2 dl 400/1993, convertito in L.494/94 e successivamente modificata dall’art.10 L. 88/2001.
In parole povere, secondo l’Europa, il rilascio di una concessione demaniale marittima non può e non deve essere detenuta in eterno da un solo ed esclusivo titolare, così come previsto dalle leggi nostrane, infatti, ad oggi, una volta ottenuta una concessione demaniale marittima, essa, si rinnova automaticamente ogni sei anni.
Dunque, per effetto della normativa Bolkeinstein, le concessioni sul demanio marittimo non potranno più essere rinnovate automaticamente, non valendo più il diritto d’insistenza, ma dovranno, alla scadenza di ogni singola concessione, essere oggetto di una gara ad evidenza pubblica che ne garantisca la trasparenza.
Prendiamo un esempio e farò un esempio generico, senza considerare molte variabili, uno stabilimento balneare con circa 500 mq di costruito, dotato di bar e servizio ristorazione, con 200 ombrelloni, 40 cabine e a disposizione circa 7000 mq di area demaniale, paga un canone concessorio annuo compreso tra i 10.000 e i 25.000 euro.
Ora, se consideriamo l’affitto di un ombrellone, e mi fermo al solo ombrellone, avente un costo medio compreso tra i 10 e i 15 euro al giorno e prendiamo a riferimento solo un periodo di 60 giorni (ad esempio luglio e agosto), il titolare della concessione incasserà una cifra compresa tra i 120.000 e i 180.000 euro.
Ovvero, ogni metro quadro di spiaggia occupata, costa mediamente 2,85 euro l’anno di canone concessorio a fronte di un incasso medio di circa 15/20 euro, certo, questo è un calcolo potenziale, i cosiddetti conti della serva e nulla più, ma servono a semplificare un problema che risulterebbe di difficile spiegazione, da questi conti sono esclusi i costi del personale, le quote di ammortamento e altre voci di spesa così come non sono considerati i ricavi dalle attività ricreative come bar e ristoranti o altri accessori come le cabine.
Il problema reale non risiede nell’incasso che un imprenditore realizza, questo viene determinato dalle sue capacità, ma sul fatto che esso realizzi profitti su una proprietà che non è privata, ma bensì pubblica avendone la piena disponibilità, se vuole, per tutta la vita.
Quindi, in quanto dirigente del Partito Democratico, mi pongo delle domande, su un tema, oggetto di un così vivo interessamento da parte dei vertici del mio partito e nello specifico mi chiedo quale possa essere la soluzione più equa che non tuteli esclusivamente una determinata categoria, ma metta al centro dell’attenzione la salvaguardia del bene comune.
Se da un lato è dannatamente vero che le nostre imprese balneari sono tipicità nazionali a tutti gli effetti e offrono un monitoraggio costante del territorio, sia da un punto di vista ambientale che della pubblica sicurezza della balneazione.
E’ anche vero che hanno investito sul territorio avendo a disposizione un quadro normativo italiano certo, prima della direttiva europea, tanto che ha permesso ai concessionari di investire diversi milioni di euro nelle strutture turistiche ricettive, soprattutto a partire dal 2006, anno in cui si è assistito a un forte rinnovamento delle strutture balneari che, grazie al rinnovo automatico, hanno permesso agli istituti bancari di iscrivere ipoteca sulle strutture (previo nulla osta degli uffici demaniali) per mutui di durata anche ventennale.
Ma d’altro canto è un dato di fatto, che hanno costruito le proprie fortune su un terreno che non era di loro esclusiva proprietà e non potevano non essere a conoscenza dell’art. 49 del codice di navigazione, il quale prevede l’acquisizione delle strutture ( o l’eventuale abbattimento con il ripristino dei luoghi) al termine delle concessioni temporali demaniali marittime.
Le mie perplessità sorgono sulla durata delle concessioni, infatti a mio giudizio, la concessione demaniale non può rimanere nelle mani esclusive di una persona vita natural durante, al contrario di quanto pensano eminenti esponenti del mio partito, perché è una situazione che non avviene in nessun altro settore del tessuto economico.
Gli imprenditori e i dipendenti, operanti in tutti gli altri settori, sanno bene, che dall’oggi al domani, possono chiudere la propria attività o ritrovarsi licenziati poiché non sono stati bravi o perché c’è una crisi latente che li ha stroncati e non penso sia giusto, invece, che chi detiene un titolo su un bene pubblico possa averne la piena disponibilità, lucrando per effetto della sola posizione logistica, a prescindere dalle competenze e dagli anni di gestione, a maggior ragione se si tratta di una concessione su un territorio demaniale.
E non capisco perché ad un giovane o ad un altro imprenditore venga preclusa la possibilità di concorrere per disporre di un bene pubblico, quando questa possibilità è stata già accordata ad altre persone, magari , 50 anni fa
Certamente, la questione delle strutture ricettive create sul demanio, sono un problema oggettivo che non possono essere risolte semplicemente vanificando il lavoro fatto dagli odierni Balneatori, a mio parere, dovrebbe essere risolta indennizzando i proprietari delle suddette strutture, al termine della concessione, con una cifra pari al costo di costruzione impiegato ( o in assenza di fatture basterebbe riferirsi ai prezziari regionali e fare una perizia) per realizzare i manufatti.
Non si può parlare di valori di mercato, poiché i valori di mercato, come quelli realizzati in questi anni su strutture simili, si sono avvalsi di rendite di posizione che si sono realizzate su un bene pubblico e non privato, dunque si è realizzato un profitto semplicemente speculando su un bene comune e sulla sua posizione.
Ad esempio, se ho speso 500.000 euro per costruire uno stabilimento, dovrò riprendere una cifra compatibile al capitale da me investito, come congruo risarcimento dell’investimento realizzato, se non riuscirò ad ottenere di nuovo un’altra concessione.
Lo Stato, da parte sua, si impegna a realizzare il massimo profitto nell’immissione sul mercato delle concessioni, in modo tale da riuscire a coprire economicamente, gli eventuali risarcimenti di cui sopra, garantendo una durata della concessione di anni 10.
La mia personale opinione è che la mozione presentata dal PD a nome di Verrocchio, Giovannelli, Monticelli e del consigliere regionale del PD ( nonché esperto imprenditore nel settore balneare) Giuseppe Di Luca, presso il consiglio provinciale di Teramo, ovvero quella di escludere la categoria dei Balneatori dagli effetti della normativa europea, non sia volta a tutelare il bene comune, ma esclusivamente un determinato settore imprenditoriale e soprattutto non sia volta a proporre una nuova soluzione, ma esclusivamente ad escludere una categoria dalle comuni responsabilità manageriali alle quali tutti gli altri settori sono “costretti”.
Sinceramente non credo che l’attivazione di gare ad evidenza pubblica per la gestione del demanio pubblico possano creare le condizioni per un impoverimento di questo settore ( anzi credo nel contrario) così come non credo che il turismo, nella nostra regione, dipenda da quanto grandi siano i nostri stabilimenti, ma semmai vi venisse qualche dubbio, pensate che il turismo si muove verso quei luoghi che hanno saputo creare una rete di sistema tra tutti gli stakeholders.
Inoltre, ricordo, che esisteva una Legge Regionale che tutelava i balneatori per i prossimi vent’anni ed è la legge n.3 del 2010 pubblicata sul BURA straordinario numero 5 del 18 febbraio 2010 ( poi impugnata dalla corte costituzionale), occasione in cui, tra l’altro e a mio personale giudizio, il consigliere Regionale Giuseppe Di Luca, avrebbe fatto bene ad astenersi dal votarla in quanto direttamente interessato dagli effetti della sopraccitata legge, ma come si suol dire, questione di stile ed opportunità.
Non ultimo, invito per l’ennesima volta, il segretario Provinciale del PD, Verrocchio, a concertare le sue mozioni con il resto del partito, convocandone le assemblee, affinché tutti possano portare il proprio contributo, utile a formare un pensiero prevalente e ad evitare che dirigenti come me, orgogliosi di essere definiti da te, antipolitici, debbano riportare le proprie rimostranze attraverso i comuni mezzi di informazione.
Cordiali Saluti
Stefano Alessiani
Dirigente Provinciale del PD
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Commenti
DOMANDA : MA VERAMENTE ADESSO DOBBIAMO LEGGERE ANCHE IL SOLILOQUIO DI UN RAGAZZINO RAMPANTE E RADICAL CHIC.....DIRIGENTE PROVINCIALE DEL PD, SE TI BUTTA CULO TI PRESENTANO ALLE ELEZIONI PUO' ESSERE INVECE CHE TI VA BENE... PENSA CHE CULO....