Con questa lettera vorrei esprimere una mia personale considerazione di quello che è, spesso e a mio giudizio, un uso improprio di questo strumento. Anzi, addirittura un abuso. Una malsana e abituale elusione dei nobili principi che hanno ispirato i promotori ed il legislatore di questa legge.
Infatti, attraverso l’applicazione della legge si intende, innanzitutto, far rispettare i diritti di libertà e autonomia delle persone con handicap e, in generale, la dignità umana. Fondamentale è che le persone svantaggiate e i loro cari, o chi se ne prende cura, possano vivere una vita il più possibile integrata in ogni contesto sociale, sia esso la famiglia, la scuola, il lavoro, ecc. Levare o alleviare le condizioni invalidanti che sono ostacolo all’autonomia, l’interezza e lo sviluppo della persona umana.
In particolare, questa legge prevede, fra l’altro, che per i parenti prossimi di persone che abbiano certe minorazioni fisiche, psichiche o sensoriali, che dichiarano di essere impegnati nella cura e assistenza dei loro cari, possano non essere sufficienti i permessi, le ferie e le festività di calendario, quali assenze dal lavoro, per svolgere quelle attività o anche solo per recuperare le energie, fisiche e mentali, spese per esse; avere, cioè, del tempo di riposo in più, rispetto ai colleghi, per perseguire l’aiuto ma anche il proprio recupero funzionale, nonché lo svolgimento delle proprie attività, necessità e compiti sociali.
Pertanto, fra le varie cose, prevede che tali persone possano assentarsi dal lavoro per altri 3 giorni al mese, oltre ai normali permessi. Tali giornate sono, in sostanza, a carico dell’Inps e non del datore di lavoro.
Però, succede che, nella mia azienda, alcune persone hanno del tutto smesso, per assentarsi dal lavoro, di usufruire dei normali permessi, ricorrendo sempre e solo alla “104”. Del resto, questo è lecito ed un loro diritto.
Però, capite bene, che in tal modo viene meno il principio secondo cui questo strumento dovrebbe essere un surplus, un “di più”, una sacca di ulteriore ristoro per quelle persone a cui i 2-3 giorni di ferie al mese non bastano a recuperare energie o assistere i loro cari. Tant’è che, in questi casi, si assiste ad un progressivo crescendo del monte ferie che, mese dopo mese, lievita e si trascina nel tempo diventando, oltretutto, di difficile gestione ove si decidesse di smaltirlo.
E questo, viene meno ancora di più quando scopri (il paese è piccolo, le voci corrono e ognuno sa tutto di tutti!) che queste persone, durante quelle assenze, fanno lavori e lavoretti – magari in nero –con tanti saluti al riposo! Oppure, quando ti accorgi che, sempre loro, fanno richiesta sempre per giorni legati a ponti e festività! Sistematico!
Intendiamoci, la legge sancisce un diritto, e un diritto è un diritto. E basta. Lo so. Dirò di più: io non le biasimo neanche più di tanto quelle persone. Spesso si tratta di persone che non hanno ricevuto molto dalla vita e, allora, questo gli appare un modo per riprendersi qualcosa, una specie di rivincita.
La mia amarezza e la mia critica nascono dal constatare che qui (in Italia, in Abruzzo, in questo particolare momento storico) ognuno sta pensando a fare i propri interessi, a salvare ciò che di proprio pensa di salvare, a curare un orticello, il proprio appunto, che sta giorno dopo giorno – ma ce ne rendiamo conto? - diventando sempre più piccolo, più spoglio.
Cioè stiamo vivendo senza onore! Si, onore! Non saprei come altro sintetizzare questa “tranquilla” rinuncia alla partecipazione, al sacrificio, all’impegno, all’integrità, ai principi, alla condivisione, allo sviluppo personale (intendendo, con questo, la ricerca di un appagamento dell’anima, di un minimo senso dell’esistenza). Il tutto, perché si pensa che così facendo, ognuno nel proprio orticello, riusciamo a non perdere il nostro status, il nostro tenore di vita, la nostra “immagine”. Ci stiamo coronabelenizzando!
Oltretutto, il mondo si è talmente “allargato”, le nostre vite sono così strettamente legate a quello che avviene nell’intero pianeta, che pensare così in piccolo, è ormai paradossale. Il nostro orticello è oggi più che mai insignificante se considerato da solo, distaccato da quello degli altri. Infinitesimale! Un pixel fra miliardi di pixel!
Tornando alla goccia nel mare che è la “104”, allora, penso che l’uso di questo strumento possa essere un modo per mettersi alla prova, per scoprire se stiamo anche noi facendo la scelta sbagliata dell’egoismo oppure no. Già, perché non tutti, grazie a Dio, usano “impropriamente” questo permesso. Anzi, c’è anche chi, pur avendone diritto, non la usa affatto. In alcuni casi perché non se ne sente il bisogno, in altri, addirittura, per vero e proprio senso di sacrificio, del dovere e di attaccamento al lavoro.
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