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Il Risparmio Energetico è una vera Impresa...

21 minuti

Nel vocabolario Treccani della Lingua Italiana si legge: risparmiare: “astenersi dall’usare, dal consumare una cosa, o limitarne l’uso ed il consumo allo stretto indispensabile, per lo più in vista di future necessità”. 
Troppo generale, criptica e  assolutamente incomprensibile?
Bene, ci abbiamo provato ad usare l’enciclopedia, da ora in poi iniziamo ad usare la testa.

Cosa s’intende  realmente per risparmio energetico?

Checchè ne dicano i più, nel campo dell’energia il risparmio è ottenuto essenzialmente attraverso due alternative:

1)La riduzione degli usi finali (nel piccolo delle nostre case/uffici spegnendo l’illuminazione quando non serve, tarando correttamente i termostati dell’impianto di climatizzazione…). E qui siamo noi i protagonisti. Volere è potere? No forse meglio risparmiare è dovere.

2)La riduzione del suo impiego come fonte primaria, a pari risultato finale, migliorando l’efficienza dei processi di conversione (nel caso di caldaie e forni permettendogli di ottenere una combustione completa, aumentando le superfici di scambio così da recuperare la maggior quantità possibile di calore dai fumi, mantenendo efficienti i sistemi di regolazione…). E qui, gatta ci cova per gli ingegneri, che sono da sempre immersi nella sfidante corsa ai limiti della tecnica. 

Ma se volessimo metterci energeticamente “in riga” come potremmo aggredire il tema?

Risposta: seguendo una corretta informazione e praticando una ligia disciplina.
Ma torniamo a noi: la riduzione degli usi finali, investe essenzialmente le nostre abitudini, senza alcun impatto sulla qualità della vita fino a quando ci si limita ad annullare gli sprechi (chi, in una stanza esposta alla luce solare, si accorge del miglioramento derivante dall’impiego dell’illuminazione artificiale?). 

Ma quando la tendenza o la necessità di risparmio rosica gli spazi delle cattive abitudini ormai acquisite (ad esempio restare in ufficio tutto il giorno in maniche di camicia, anche durante il periodo invernale) il desiderio di essere virtuosi sul corretto uso dell’energia tende a scemare mostruosamente.

Del resto il progresso nelle scienze e nelle tecnologia ha, tra i vari obiettivi, quello di migliorare in modo continuo la qualità della vita degli esseri umani e non di certo quello di spingere verso il ritorno ad un vetero pauperismo, mero ricordo dei secoli passati e non certo sinonimo di risparmio o di uso attento delle risorse naturali. 
Insomma, nel mondo dell’energia,  è un imperativo il non voltarsi indietro, neanche per sbirciare.
E’ assolutamente necessario, d’altro canto,  fare la voce grossa sul fatto che nel concetto blasonato di qualità della vita dovrebbe essere insito anche il corretto utilizzo delle risorse disponibili, il corretto rispetto dell’ambiente, il rispetto reciproco delle idee, dei diritti e dei comportamenti altrui…insomma un bel panino di concetti, difficile da digerire.

Altra storia è parlare della riduzione dell’impiego di energia come fonte primaria. Quest’ultima è, ad oggi, l’area foriera dei migliori risultati, in termini di economia nell’uso delle fonti, di riduzione dell’impatto ambientale e di miglioramento economico in senso lato.
L’ottimizzazione dell’impiego dell’energia nei processi produttivi segue delle regole rigorose derivate essenzialmente dal secondo principio della termodinamica (che in una delle sue definizioni, recita: “il calore non può passare spontaneamente da un corpo più freddo ad un corpo più caldo”). 

In pratica che s’ha da fare? 

Beh, innanzitutto, definire i cicli di produzione e macchinari più efficienti, le modalità di recupero dei cascami di calore, i criteri per il riutilizzo dei reflui e dei rifiuti…e compagnia cantando.

Quale l’impatto sull’industria?

L’applicazione di una simile metodologia all’industria energivora per eccellenza, ovvero a quella della produzione elettrica, ha portato negli ultimi dieci anni ad importantissimi risultati.
L’efficienza di conversione del gas naturale in energia elettrica, grazie all’introduzione di nuovi cicli termodinamici ed al miglioramento tecnologico delle macchine, è vertiginosamente salita dal 39% ad un ottimo 55% ….ed è già  nell’aria l’obiettivo di colpire e catturare il 60%. 
Il risultato è straordinariamente buono, tenuto conto che il tetto massimo teorico permesso dal secondo principio della termodinamica deve essere minore del 100%.
Parlando del carbone, invece, si è passati da una efficienza di conversione del 35% ad una del 45% e si comincia ad intravedere( ma solo rigorosamente in lontananza) la soglia del 50%.
Gli aridi numeri fin ora illustrati, indicano chiaramente, che mentre nel caso del gas naturale la  riduzione di energia primaria si attesta al 29%, nel caso del carbone il risparmio è dell’ordine del 30%, tenuto fermo il risultato finale.

Ma allora dov’è il baco?

Dunque, dunque, sorge spontanea una domanda: “perché, se si trascura il caso delle industrie altamente energivore, le azioni di risparmio energetico, non sono ad oggi così diffuse nel settore industriale ed in quello civile?”
Relativamente al caso del settore industriale la risposta è, ahinoi, molto semplice ed alquanto disarmante.  
Facendo un rapido ragionamento, si può affermare che la quota energia utilizzata nell’industria pesante,  è dell’ordine di grandezza del 10% del costo totale di produzione. Un risparmio sulla domanda energetica del 10% porta ad un risparmio sui costi totali dell’ordine dell’1%, valore del tutto insufficiente a garantire, da solo e sul medio termine, la competitività sul mercato del prodotto di questo impianto e quindi della sua vita. 

Per questa ragione, le azioni di risparmio sugli impianti esistenti, vengono poco incentivate e si sceglie di promuovere solo quelle, in grado di ripagarsi nell’ordine di un anno o poco più. C’è poi, da aggiungere che, le lamentele e le acrimonie per ottenere interventi pubblici tendenti alla riduzione generalizzata della bolletta energetica, sono sempre all’ordine del giorno: la naturale tendenza italiana di sperare di ottenere un sostanzioso aiuto “esterno al proprio portafoglio”, naturalmente disinteressato e senza restituzione di favori nel presente e nel futuro è dura a morire….E’ anche un mestiere, quello di essere italiani…cosa credete?

Altra storia il caso degli impianti di nuova costruzione, dove tutto è da realizzare e dunque la valutazione di un componente “risparmioso” rispetto a quello convenzionale, deve scontare soltanto la differenza di costo tra i due… ma ad oggi (cosa tristemente vera) pochi investono in impianti nuovi.
In tutto questo bel discorso, non va poi dimenticato, che in termini di utilizzo efficiente dell’energia i paesi industrializzati sono indiscutibilmente avanti ai paesi emergenti. 
In termini globali è quindi molto più redditizio investire in azioni di risparmio sul sistema produttivo dei paesi emergenti che su quello dei paesi avanzati…. tutto il resto è noia.
La massima “si spende il 10% per ottenere il primo 90% e poi il 90% per ottenere il restante 10%” è sempre valida… basterebbe applicarla.

Il settore civile ed il mito della gatta senza zampino nel lardo.

Nel caso del settore civile, invece, i tempi di rientro degli investimenti sono in genere molto lunghi, anche se più sicuri, rispetto al settore industriale, in quanto essenzialmente legati all’andamento della temperatura esterna e quindi, in definitiva, all’inclinazione dell’asse terrestre. 
Gli ostacoli sono comunque sempre i soliti: ridotta disponibilità di capitali da investire, modifica di cattive abitudini ormai consolidate, diffusa diffidenza verso i risultati ottenibili. 

Siamo certi che tutti hanno avuto l’occasione di assistere alla “rissa concitata e senza fine” durante le riunioni di condominio, quando si chiede di investire in una nuova coibentazione, in un più efficiente controllo della temperatura all’interno dei locali abitativi, nell’esclusione o l’attenuazione del riscaldamento nei box auto…insomma scene da “fifa e arena”… senza  Totò.

E se togliessimo la testa dalla sabbia?

Ma nel campo dell’energia è corretto parlare di risparmio nell’energia primaria a tutti i costi? e non piuttosto di valutazione ed ottimizzazione dell’intero ciclo di vita? Ha sempre senso, il dotarsi di macchinari complicatissimi ad alta efficienza che poi vengono utilizzati per poche ore durante l’anno?

Cerchiamo di rispondere. 

Un approccio metodologico più completo e più vicino al concetto di economicità globale, potrebbe seguire il prospetto qui proposto:

1) valutazione del costo energetico per l’estrazione della fonte energetica del sottosuolo (miniere di carbone, giacimenti di olio e gas, sacche di vapore endogeno…) nonché del consumo di energia per la costruzione dei macchinari necessari (trivelle, perforatori, sistemi di trasporto…);

2) valutazione del costo energetico per la trasformazione della fonte energetica in prodotto commerciale (efficienza dei processi di raffinazione per i grezzi; trattamento, eventuale liquefazione e successiva rigassificazione per il gas naturale…) nonché del consumo di energia per la costruzione delle macchine  necessarie;

3) valutazione del costo energetico per il trasporto della fonte energetica all’utente finale (oneri per compressione e pompaggio nel caso di prodotti gassosi o liquidi, costi di trasporto a mezzo nave o ferrovia nel caso di prodotti solidi, perdite nei sistemi di trasporto, raccolta delle biomasse…) nonché del consumo di energia per la costruzione delle infrastrutture necessarie;

4) valutazione del costo energetico nel processo industriale vero e proprio (centrale termoelettrica od idroelettrica, impianto eolico o solare…) a cui và inevitabilmente aggiunto il consumo di energia per la costruzione del macchina necessaria.

Chiaramente, a questo punto dovrebbero essere messe in conto anche le cosiddette esternalità, cioè il costo o il vantaggio che l’ambiente deve sopportare per tutte le trasformazioni che dovrebbe subire.
Vanno quindi considerati, in quota negativa, l’impatto dell’estrazione (occupazione e modifiche del terreno, eventuali inquinamenti…), della trasformazione e del trasporto, dell’utilizzazione finale ed in quota positiva, la creazione di posti di lavoro e quindi di ricchezza proiettata nel tempo, l’eventuale recupero di reflui che portino a vantaggi energetici e/o ambientali e le varie ed eventuali che contribuiscono ad scrivere un + (più)al fianco dell’operazione.

Applicando un criterio di valutazione quale quello sopra descritto, si potrebbero ottenere risultati, a primo impatto, non in linea con il comune sentire. 
Facciamo qualche esempio…

-Il riscaldamento di un appartamento o di una villetta ubicato, ad esempio, sulla costa della Sicilia meridionale, potrebbe essere più vantaggiosamente ottenuto con pannelli elettrici anziché con sofisticate caldaie ad alto rendimento o pompe di calore. Il risparmio nel periodo di effettivo funzionamento (una-due settimane/anno) non sarebbe tale da compensare il maggior consumo energetico per la costruzione di componentistica complessa.

-Lo stesso può dirsi per il riscaldamento di un miniappartamento in alta montagna, utilizzato come casa vacanze. La ridotta utilizzazione, soprattutto nei fine settimana caratterizzati da bassa domanda di energia elettrica, e la semplificazione delle necessità impiantistiche determinano un chiaro  vantaggio globale del riscaldamento elettrico diretto.

- Gli impianti da fonti rinnovabili non programmabili necessitano, per definizione, di idonei sistemi di generazione di riserva in grado di garantire in ogni caso la copertura della domanda. Quindi la loro produzione, pure a costo variabile pressoché nullo nel caso di eolico, solare, idroelettrico, deve essere di un ammontare tale da ripagare anche il costo degli impianti di riserva.
E’ dunque inutile costruire meraviglie tecnologiche che poi non vengono usate o usate poco solo per essere in linea con il trend del momento. 

- Gli impianti di tecnologia sperimentale, ad esempio il solare a concentrazione, ad oggi, ben arduamente riescono a produrre energia in quantità tale da compensare il costo energetico inserito nella costruzione dei componenti principali ed ausiliari, nonché il consumo di energia per lo stoccaggio del calore nei sistemi di accumulo (sali fusi o simili) necessari se si vuole garantire un pò di programmabilità. D’altra parte, se si vuole innovazione qualcosa bisogna pagare…non esiste ancora, il mercato dello scambio gratuito e forse non esisterà mai.

- L’utilizzo in caldaie e forni con recupero di calore dei rifiuti urbani o industriali, non altrimenti recuperabili e comunque da smaltire tramite incenerimento, porta ad una riduzione dell’utilizzo di fonti energetiche primarie e quindi delle emissioni globali: è un vantaggio, sia pure piccolo, che va a favore di attività comunemente considerate molto inquinanti

- I cosiddetti “biocombustibili”, provenienti da agricoltura dedicate, devono scontare il costo energetico dei fertilizzanti, le macchine per l’aratura e la raccolta, l’energia consumata nel processo di trasformazione…. Poi vi è la questione dell’impatto, non energetico, ma comunque rilevante, sul mercato dei prodotti agricoli, a cui viene sottratta una parte della disponibilità verso la filiera alimentare in senso lato. E questa è roba da ambientalisti.
Insomma siamo tornati al magico circolo vizioso italiano,  in cui “chi fà viene punito e chi non fà viene adorato come un santino” … mal comune mezzo gaudio. 
Ad ogni modo, sempre meglio stare con i ceci sopra la sedia che mangiare un quarto della torta. Vogliamo essere ingordi.

La pungente intervista all’esperto.
Bene, il quadro sembra essere esaustivo.
Per completare il tema, abbiamo pensato di intervistare esperto del settore: il Dott. Lanfranco Bruno, CEO di Siborg.

S.C: Buongiorno e grazie per averci concesso questa breve intervista. Dunque, crede che il concetto di risparmio energetico sia realmente penetrato correttamente in Italia?

L.B: Credo proprio di no. Gli incentivi hanno offuscato la reale necessità dei consumatori che è quella del Risparmio Energetico. Dopo anni di diagnosi energetiche in aziende di tutti i tipi, pubbliche e private di differente dimensione e settore merceologico, il tema del risparmio non è ancora permeato nelle cultura organizzativa e famigliare. Quale miglior possibilità di guadagno esiste, considerando l’operatività efficiente. L’utile è la differenza tra Ricavi e Costi. Aumenta all’aumentare dei ricavi, cosa difficilissima oggi o al diminuire dei costi, situazione molto semplice in ambito energetico.

S.C:E' un settore futuribile dal punto di vista lavorativo? In che margine?

L.B: Assolutamente si. Quello che manca oggi è una visione globale nel mercato e conseguentemente una pianificazione a medio termine dei futuri operatori professionali. Se pensiamo ad un classico organigramma aziendale, l’azienda preparata Green, dimostra l’integrazione agli obiettivi di business e quelli legati al risparmio energetico, a tutti i livelli organizzativi. Pensare di incidere sui consumi maggiormente significativi, nella progettazione o gli acquisti è assolutamente poco significativo. Tutti i dipendenti di tutte le funzioni devono operare all’unisono, considerando lo spreco energetico come un nemico da abbattere.
Solo pochi giorni fa, Il Presidente USA e Primo Ministro Cinese si sono dati degli obiettivi al 2025. Non dimentichiamo però quelli del 2020 del Trattato di Kyoto.  A mio parere, nel 2020, gli operatori nel settore potrebbero essere sicuramente molte migliaia di unità, professionalmente specializzati in differenti mansioni, necessarie agli obiettivi citati.

S.C: Quel è l'impatto che ha provocato nel settore industriale?

L.B:Il connubio organizzazione/risparmio energetico, fino ad ora a dati scarsi risultati. Seguo il tema dal 2008, dall’avvento della vecchia norma EN 16001.  Aldilà delle grandi aziende energivore, siamo a livello preistorico, anzi i preistorici erano più indipendenti energeticamente di noi in quanto sapevano usare la biomassa. Nuvole di venditori, si sono abbattuti sulle aziende offrendo risparmi ipotetici e creando diffidenza sul tema. Le Esco, rappresenteranno l’adeguata soluzione al problema in rapporto del fatto che la loro sicurezza sul risparmio raggiungibile offerta al Cliente è subordinata al loro guadagno.

S.C: Crede che l'Italia stia seguendo la giusta via, in tema di risparmio energetico?

L.B:Con la legge 102/2014 si è dato un chiaro impulso di cosa accadrà nei prossimi cinque, dieci, trenta anni.
Gli incentivi pubblici vanno eliminati completamente. Gli unici incentivi significativi da far nascere, sono quelli aziendali e pubblici nel confronto del personale che raggiunge gli obiettivi indicati.
Dicono che anche un cavallo deve avere un buon motivo per muovere la coda. Le spese energetiche devono far parte del budget della funzione manageriale e conseguentemente un premio deve essere elargito alle persone più meritevoli che li raggiungono.

S.C: Ci regala qualche anticipazione sul tema?

L.B:Gli Enti di Certificazione sono tutti in subbuglio nel creare l’offerta migliore in tema ISO 50001. Qualcuno associa l’ISO 140001 alla ISO 50001. Niente di più sbagliato.  Negli ultimi anni ho formato circa 80 Lead Auditor ISO 50001 e altrettanti EGE, esperti in gestione dell’Energia. Queste due figure professionali saranno i più gettonati nel breve periodo. Seguiranno i progettisti di Sistemi energetici integrati, I consulenti energetici di Sistema ISO 50001 o delle ESCo, i legali specializzati, le società interinali alla caccia di personale formato, gli auditor Energetici o specializzati nella certificazione LEED, gli Architetti specializzati nell’integrazione architettonica/energetica, gli esperti in marketing e comunicazione Green e soprattutto chi, sarà esperto nel ricercare finanziamenti privati per progetti ESCo, tutto il comparto della formazione energetica. Penso di avere una completa visione del mondo energetico in quanto ho già certificato oltre 12 aziende ISO 50001, 11 ESCO ai sensi della Norma 11352 e svolto l’attività di Energy Manager in una multinazionale e progettato sistemi energetici diversificati. Forse, in Italia è uno dei pochi settori su cui puntare: abbiamo davanti a noi un futuro certo ed in espansione, aldilà di improbabili incentivi nazionali. 

Conclusioni aperte.

Francamente parlando, per prossimo futuro (i prossimi 30 anni?) esiste solo una certezza: la domanda globale di energia potrà solo aumentare, ed anche di grosse percentuali. 
Complice assoluto sarà l’impetuoso sviluppo dei “paesi emergenti” con un conseguente forte incremento della produzione industriale, un incremento della domanda per uso civile ed un continuo desiderio di maggior benessere. 
Visto che, non sono pensabili riduzioni della attuale domanda nei paesi avanzati e, men che meno, delle aspettative delle popolazioni dei paesi emergenti, l’unica via ad oggi percorribile resta:

-nel breve periodo, il miglioramento dell’efficienza del processo tecnologico interposto tra la fonte primaria e l’uso finale;

mentre

-nel medio orizzonte la ricerca di nuove fonti primarie abbondanti ed in grado di soddisfare la crescente domanda con ridotto impatto sull’ambiente circostante.

Mandela scriveva che il sognatore è il vincitore che non si è mai arreso” ed aggiungeva“ non importa quanto stretto sia il passaggio, quanto piena di castighi la vita, io sono padrone del mio destino: io sono il capitano della mia anima.” 

Lui era un vero Invictus, noi?

Ricominciamo a volere un mondo migliore ed a non smettere mai di combattere per ottenerlo. 
Ricominciamo insieme a credere nelle nostre competenze, in tema di energia, perché un viaggio di mille miglia inizia sempre con un primo passo. 
Ricominciamo ad essere un popolo operoso ed economicamente competitivo.
Ricominciamo a scrivere la nostra storia energetica da una pagina tutta bianca. 
...Insomma …ricominciamo a voler incominciare.

Enrico Malusardi, Susanna Ciminà

Fonti

[ “Il futuro dell’energia” Mario Silvestri, 20 novembre 2005 , Rev. 9 novembre 2014]

 

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Commenti

Le capacità, di questi giovani Ingegneri, sono fuori dal comune. Che siano un esempio per tutti e per quell'Italia che deve darsi un colpo di reni per ricominciare. Grazie
Bene come sempre molto chiara e sincera. In pratica è un'azione culturale quella da promuovere che cambi il senso civico anzi lo rafforzi. A mò di esempio: perchè Renzi si tiene nel cassetto le soluzioni di Cottarelli in materia di spesa pubblica e adotta tagli lineari? E' la stessa ragione che si evince dall'articolo sul mancato efficientamento enegetico: non siamo noi a dettare le regole e scelte sul ns. modus vivendi.., ma chi decide al ns. posto.Tu sai bene cosa significa toccare interessi poteri ed interessi forti....
Piccola riflessione: risparmiare é un'azione semplicemente ideologica? Non credo proprio e l'articolo lo spiega bene, sarebbe peró molto interessante avere dei numeri veri per farsi una idea su quanto ammonta lo spreco legato agli usi finali, giusto per capire che cosa e quanto si puó fare in quella direzione. Ma al di lá di questo la domanda é: possiamo permetterci questi sprechi? È vero che di combustibili fossili ne troveremo ancora grandi quantità ma anche vero che lo domanda nei prossimi anni crescerà e di molto, e se dovesse superare l'offerta? Forse non accadrà ma sicuramente se vogliamo costruire un futuro roseo dobbiamo renderci il piú possibile indipendenti dalle importazioni di energia, altrimenti in caso di problemi dovremo scendere a compromessi. Peccato che come al solito siamo indietro, ma gli altri invece?! Magari lo scopriremo nel prossimo articolo. Speriamo, sono proprio curioso!!
I miei complimenti per l'articolo,spero che in futuro le soluzioni espresse siano prese in considerazione da tutti.Grazie