Ieri sera è iniziata la stagione di prosa al teatro comunale di Teramo, uno dei motivi per cui è bello vivere in questa città.
L’esordio è stato affidato ad una rappresentazione dai contenuti esplicitamente filosofici: “Il Visitatore”, il cui protagonista è nientemeno che Sigmund Freud (interpretato da Alessandro Haber) il quale, in una Vienna del 1938 con i nazisti che dilagano in città, riceve in visita nel suo studio Dio in persona (interpretato da Alessio Boni).
L’anziano Freud teme che Dio voglia convertirlo e gli vomita in faccia tutto il suo scetticismo religioso, ma Dio nega cattive intenzioni e ingaggia un duello dialettico sul significato della vita che a tratti spaventa e a tratti commuove.
Attraverso un dialogo serrato che eleva ed esalta i contendenti, il fondatore della psicoanalisi viene a sua volta analizzato, fino a giungere ad un alterco verbalmente violento che sublima in un Dio in difficoltà, il quale lamenta la propria onnipotenza e solitudine come l’unico carcere da cui non è possibile fuggire, ma che trova autoconforto nell’ascolto delle voci dei grandi uomini che popolano la Terra e che talvolta – quando sono voci profonde – giungono alle sue orecchie, finendo per farlo piangere dalla gioia.
L’acme dell’intensità rappresentativa si raggiunge quando i duellanti, sfiniti ed esausti dalla contesa, si sciolgono in lacrime ed abbracci nella condivisione dell’altezza e della maestosità ineguagliabile della musica di Mozart, emozione che per entrambi sfiora vertigini ineffabili.
Freud resta ancorato al suo scetticismo, ma Dio lo trafigge beffardamente: “hai sempre pensato che la vita fosse assurda, stasera hai capito che è anche misteriosa”.
Raggiunto da questo ultimo colpo, lo psicoanalista non ha più argomenti da contrapporre, per cui Dio si dilegua dalla finestra e Freud non trova di meglio che sparargli contro, nel vano tentativo di uccidere quel mistero che oramai lo avvince e lo turba.
La pièce ha il pregio di un ritmo crepitante, a dispetto degli argomenti trattati, con una dose di ironia che percorre i dialoghi e le battute, alleggerendone la tensione di fondo.
Il nazismo dilagante dimostra per Freud il fallimento di Dio, tacciato di essere un bugiardo. Da parte sua Dio rivendica la propria umiltà e si inginocchia dinanzi alla sua creatura con un abbraccio che assolve l’arroganza dell’uomo.
Il mondo è certamente fuori asse, suggerisce Dio, ma è evidente come la libertà concessa all’uomo sia lo strumento che può dannare o santificare.
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