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Giorgio Bocca, l'intransigente

di Christian Francia
3 minuti

Chi, come me, è abbonato a L'Espresso dall'infanzia, e ricorda quel settimanale sin dai tempi dei biscotti plasmon, sa bene che il primo articolo che incontra, sfogliando la rivista, è la rubrica l'Antitaliano di Giorgio Bocca.
Per decenni, con mio fratello e con mia moglie, abbiamo riso, pianto, ci siamo esaltati, indignati e commossi alle parole di Bocca.
Di una cosa si poteva esser certi: non era mai banale, scontato, prevedibile, ripetitivo. Praticamente valeva da solo il prezzo del settimanale, che pure è infarcito di firme di altissimo livello.
Ricordo che, se non si era insieme, ci si telefonava: hai letto Bocca? Una vera ossessione civile.
Anche quel tempo è finito, e Giorgio – il giorno di Natale – ci ha lasciati più soli nel mare in tempesta che sommerge l'Italia.
Aveva uno stile diametralmente opposto alle mie preferenze e alle mie inclinazioni: asciutto, severo, duro ed essenziale come una pietra; eppure se iniziavi un suo articolo era impossibile non finirlo.
C'era dentro la coscienza, l'etica; c'erano i valori che hanno caratterizzato le generazioni venute fuori dalla guerra, diffidenti, schive, salde come le montagne.
Ho imparato da Bocca sull'Italia più di quanto abbiano mai potuto istruirmi gli insegnanti a scuola, i genitori o i nonni a casa, i libri di storia al Liceo e le enciclopedie alla Biblioteca Delfico.
L'ho amato con la spontaneità con la quale si ama un padre, un padre tanto autorevole da poter dire – senza l'uso di metafore e facendosi ascoltare – ruvide ed elementari verità che sommate le une alle altre hanno costituito il sostrato degli anni della formazione, come dell'età adulta.
Ho decine di padri di carta, che amo senza riserve, ma Giorgio Bocca riusciva più di tutti a cogliere con la massima concisione, come un Michelangelo miniaturista, riproducendo con assoluta fedeltà colori e prospettive, la rilevanza del fatto e l'insegnamento che da esso discendeva; riusciva mirabilmente a racchiudere in una pagina cronaca e morale, storia e senso, indagine e conclusioni.
Ma la cosa che non sarà più replicabile è l'odore delle sue parole, come il profumo del pane fatto da mia nonna e conservato nella madia della casa di campagna.
Perchè Bocca era la cartina di tornasole che svelava l'autenticità e la contraffazione, la cultura e l'ignoranza, l'onestà e la furberia; dinanzia a lui i fatti si spogliavano per rivelarsi tal quali erano, così come dinanzi ad un nonno che ne ha viste tante e che ha fatto la guerra non è possibile fingere, perchè lui ti fa la radiografia, la diagnosi e la prognosi senza laurea in medicina.
Ecco, Bocca era quel nonno del quale c'è sempre bisogno, ma che la vita si accanisce a portarti via anche dalla carta del settimanale con il quale sei cresciuto.
E sai già che nessuno potrà prendere l'esatto suo posto, per poter marcare la differenza millimetrica dalla sua levatura morale, ferma ed immutabile come un'unità di misura, ed i fatti che si succedono ed affastellano nella cronaca quotidiana, così da riuscire a valutare l'evolvere o l'involvere dei costumi, della politica, del carattere nazionale.
Mi mancherai Giorgio, duro come la pietra delle tue montagne, ruvido ed intransigente.
Ti voglio bene.

 

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Pace all'anima sua..... "L’odio di chi vede svelati i suoi piani è enorme, l’odio di chi vede rovinati i propri piani è tremendo. Questo odio degli ebrei contro il fascismo è la causa prima della guerra attuale. La vittoria degli avversari solo in apparenza, infatti, sarebbe una vittoria degli anglosassoni e della Russia; in realtà sarebbe una vittoria degli ebrei. A quale ariano, fascista o non fascista, può sorridere l’idea di dovere in un tempo non lontano essere lo schiavo degli ebrei? È certo una buona arma di propaganda presentare gli ebrei come un popolo di esseri ripugnanti o di avari strozzini, ma alle persone intelligenti è sufficiente presentarli come un popolo intelligente, astuto, tenace, deciso a giungere, con qualunque mezzo, al dominio del mondo. Sarà chiara a tutti, anche se ormai i non convinti sono pochi, la necessità ineluttabile di questa guerra, intesa come una ribellione dell’Europa ariana al tentativo ebraico di porla in stato di schiavitù” . (Giorgio Bocca, La Provincia granda – Sentinella d’Italia, Foglio d’ordini settimanale della Federazione dei Fasci di Combattimento di Cuneo, il 14 agosto 1942).
La verità è ossuta: ci vuole fegato per digerirla. L'ultimo articolo di Bocca su "L'Espresso": I dissesti? Tutta colpa nostra Si dice che le alluvioni sono "sciagure naturali" dovute al mutamento climatico e alle forze che dominano l'uomo. E' uno dei modi per non assumere le nostre responsabilità. Mentiamo anche con la natura, fingiamo che le colpe siano sempre tutte sue. Non è così: la presenza degli uomini è decisiva, nei paesi desertici le alluvioni possono fare ciò che vogliono ma non danneggiano nessuno, nelle zone umanizzate sono disastrose. Qual è stata nella recente alluvione di Genova la responsabilità maggiore dei danni? I comportamenti abituali degli uomini in tema di alluvioni. Prima le prepariamo costruendo nelle zone in cui dovrebbero esondare le acque di piena, poi aggraviamo il disastro continuando a vivere nel corso delle alluvioni come se non ci fossero: bambini a scuola, automobili nelle strade, cittadini lenti a rifugiarsi anche sulle alture. Sicché vista dall'alto, vista da un terrazzo, la piena di un fiume appare come una corsa pazza di persone che non sanno cosa fare, dove andare, come ripararsi. Ho conosciuto il comportamento dei miei simili anni fa durante l'inondazione del Polesine. Il Po era in piena da almeno una settimana, ma nel Polesine nessuno se ne curava. Solo la guardia municipale di un paese vicino a Ferrara, Occhiobello, si decise a sfidare quanti non volevano spaventare la gente di Occhiobello dando l'allarme suonando le campane, e il Po stava già precipitando nella breccia da cui stava invadendo le zone di Adria e Rovigo. Fu la mia scuola di alluvione. Strana scuola, alle prime ore del mattino partivamo in auto da Ferrara, raggiungevamo il grande lago formatosi con la piena, salivamo sugli anfibi dei vigili o dei soldati arrivati in soccorso da tutta Italia e giravamo per quel mare immobile e azzurro in cui si specchiavano le nevi delle Alpi. Gli abitati apparivano con i loro campanili sorgenti dalle acque, si vedeva la gente che si era rifugiata sui tetti, alcuni erano rimasti impigliati come uccelli fra i rami di un albero. Un giorno arrivammo a Adria, la gente alle finestre applaudiva, la strada principale era diventata una specie di Canal Grande, a un balcone le signorine del bordello salutavano festose come educande. Chi è scampato a un'alluvione sa bene quali sono le colpe e gli errori fatti dagli uomini. Anni fa feci un viaggio lungo il Po dalla sorgente alla foce. Era chiaro che almeno la metà delle case da Revello in poi sarebbero state allagate. Il disastro predisposto dagli uomini continuava per tutto il corso del fiume: scomparsi i canali di scolo dei boschi, asfaltate tutte le strade, un mantello di cemento attorno alle città, nessun taglio degli alberi cresciuti lungo le rive, una proliferazione di pioppi che non potevano trattenere le acque. E sì che gli spazi nella pianura del Po ci sembravano enormi, in Liguria in quegli stretti spazi strappati alla montagna la morte come dei topi in un secchio era sicura. Un altro fatto importante nelle alluvioni dipende dalla "civiltà idrica" degli uomini: ci sono regioni in cui sono avvenute alluvioni disastrose, come il Friuli e il Biellese, in cui spontaneamente, per tradizioni storiche, gli abitanti del posto hanno immediatamente iniziato la ricostruzione e nel giro di poche settimane hanno rimesso le strutture del paese in condizioni di funzionare. A seguito di altre catastrofi nei paesi arretrati del Sud, come in Irpinia o nel Belice, le conseguenze e i danni si sono protratti per anni. In alcune zone d'Italia progredite gli uomini e le loro organizzazioni reagiscono immediatamente, mentre in altre comincia la lagna dei soccorsi dello Stato che non arrivano. Il dramma di questo Paese è di avere queste contraddizioni che non possono essere guarite dall'intervento del governo, ma sono connaturate alla storia delle popolazioni.
Razzista, antimeridionalista tutt'altro che coerente.... Pace all'anima sua!!! Nella speranza che in cielo qualcuno riesca a fargli capire le mostruosità uscite della sua bocca!!!
Caro Ferrari, Bocca ha contribuito scelleratamente e scientemente a seminare VENTO, e la sottocultura che ne è risultata ha raccolto la TEMPESTA della degradazione dell'umano fino a sfornare almeno tre generazioni di persone che vivono attaccate ai sogni tenendosi ben lontani dalla realtà e, si sà: IL SONNO DELLA RAGIONE GENERA MOSTRI Non è certo il suo evidente voltagabbanismo ad averne contraddistinto la pur brillantissima carriera, quanto, piuttosto, l'essersi reso complice del processo destabilizzante che ha concorso a determinare l'attuale stato di degrado valoriale in cui versa il nostro paese. Tant'è degli scomparsi non si dovrebbe parlar male ma si fa senz'altro più male alla verità se si continua a tacere davanti alle bugie solo per lasciar prevalere un clima politically-correct. Provvederanno storia e tempo, due grandi galantuomini, a stendere un pietoso manto d'oblio su certi FIGURI della cosiddetta pseudo-cultura del nostro paese.
ANTIFASCISTI ITALIANI NEXT In memoria di Giorgio Bocca, omofobo e razzista di Pasquale Videtta “Insomma, la gente del Sud è orrenda (…). C’era questo contrasto incredibile fra alcune cose meravigliose e un’umanità spesso repellente. Una volta, a Palermo, c’era una puzza di marcio, con gente mostruosa che usciva dalle catapecchie. Vai a Napoli ed è un cimiciaio, ancora adesso. Una poesia il il modo di vivere di quelle parti? Per me è il terrore, è il cancro. Sono zone urbane marce, inguaribili”. Unica consolazione: il Sud fa talmente schifo che se vai lì ne cavi di sicuro qualche bell’articolo. Quando Bocca lo dice, l’intervistatrice si illude e risponde:: “Quindi sei grato, se non altro…”. Ma lui delude immediatamente le sue speranze: “Grato, insomma… Come dire: sono grato perché vado a caccia grossa di belve. Insomma, non sei grato alle belve, fai la caccia grossa, ma non è che fraternizzi con le belve”. Eppure, nei suoi libri, qualche parola consolante sul Meridione si trova: “È necessaria un po’ di ipocrisia. Sapevo sempre che dovevo tener buoni i miei lettori meridionali, quindi davo un contentino”. Non contento, si schiera contro l’omosessualità e Pasolini. “Avevo paura di Pasolini, della sua violenza. Pasolini è morto perché, la rigirino pure come vogliono, era di una violenza spaventosa nei confronti di questi suoi amici puttaneschi. Poi mi dava noia questo: ho un po’ di omofobia, che poi è una cosa militare, come i bei fioeu va a fer il solda’ e i macachi resta a ca’, i macachi restano a casa. Il mio concetto piemontese è che gli uomini veri vanno a fare il soldato. Quindi anche questa faccenda dei suoi rapporti con questi poveretti che manipolava…” Ma il ‘buon’ Bocca non è nuovo a certe idiozie. In una puntata di ‘Che Tempo Che Fa’, alla domanda di Fazio (“Lei s’è occupato di Napoli. Qual è una soluzione possibile, secondo lei? C’è?”) rispose sorridendo: “Sa… i leghisti dicevano Forza Etna, Forza Vesuvio… forse è un po’ esagerato…” Il fatto che sia stato un partigiano, non giustifica minimamente la sua omofobia e il suo razzismo. Sarà il clima natalizio che rende tutti più ipocriti. Mi raccomando, poi: tutti in prima fila a contestare Bossi, Belpietro, Feltri e compagnia. Tu chiamala, se vuoi, ‘incoerenza’.
Complimenti! Veri complimenti Christian. Un pezzo veramente geniale. Sembri tu Bocca. Buone feste, buona lettura, aggiornati sempre di più. Teramo ha bisogno di gente come te, gente preparata ed intellettualmente onesta. Alla prossima competizione elettorale ti vogliamo in pista. Saremo in tanti a sostenerti. Un consiglio: non sprecare tempo a rispondere ad attacchi meschini di tapini, non raccogliere provocazioni, quelle, soprattutto quelle dettate da invidia, tornano indietro come boomerang fra le gambe di chi le ha lanciate, se il bersaglio non viene colpito. Gli effetti delle azioni aggressive contro gli altri ricadono su chi le compie.