Brucchi come Don Chisciotte. Ha detto: “Marcerò su L’Aquila”, ma ha sbagliato tragicamente una vocale, la realtà è un ben più misero: “Marcirò a L’Aquila”.
Era il 28 ottobre 1922, esattamente 90 anni fa, quando un altro calvo molto più famoso di Brucchi marciò su Roma e diede avvio all’era fascista.
Il fascismo tentò di superare la crisi dello Stato liberare, con gli esiti che conosciamo.
Oggi, con 5 giorni di anticipo sull’anniversario, Brucchi e il suo Sancho Panza (Vinicio Ciarroni) unitamente all’associazione “L’Abruzzo al Centro” marciano su L’Aquila (dove la Regione si esprime sul riordino delle Province) per ivi marcire e sancire la putrescenza della Provincia teramana.
Ironia della sorte: sarà un Consiglio Regionale a guida tutta teramana a decretare la fine di una Provincia secolare, con un Chiodi becchino che ha scavato la fossa in assoluto silenzio per lunghissimi mesi.
La Regione potrà deliberare qualsiasi cosa, ma la sua decisione non avrà rilevanza alcuna.
Infatti, l’unica via che il Governo nazionale può percorrere per evitare una incostituzionalità palese delle norme sul riordino delle Province è quella di sposare la decisione espressa dal CAL (cioè L’Aquila-Teramo e Pescara-Chieti) in quanto il CAL è organo previsto nella Costituzione nel quale sono rappresentati parte dei sindaci di tutto il territorio abruzzese.
E poiché la Costituzione prevede che il mutamento delle circoscrizioni provinciali sia stabilito con leggi della Repubblica “su iniziativa dei Comuni”, ecco che l’indicazione del CAL diviene centrale per dare una parvenza di legalità all’architettura del progetto di riordino, in quanto il Governo potrà invocare il fatto che i Comuni rappresentati nel CAL siano stati gli autori dell’iniziativa di riordino, iniziativa che il Governo si limiterà ad avallare.
Ma la cosa che suscita tristezza è come non ci si renda conto che la morte della Provincia non frega a nessuno, come dimostra l’assenza dei cittadini all’assemblea di Teramo Nostra organizzata a Piazza Martiri.
I teramani sono anzi convintissimi che la Provincia debba morire perché mai l’hanno sentita vicina, non verseranno una lacrima al funerale e nemmeno ci andranno.
Da dipendente provinciale non li biasimo.
Ma questa città deve smetterla di piangersi addosso, stiamo facendo la fine di Montorio e dei paesi della montagna senza rendercene conto. Piangiamo la perdita della Caserma, della Telecom e della Banca d’Italia come vedove inconsolabili. Adesso ci disperiamo per le paventate chiusure di altri uffici a seguito della perdita dello status di capoluogo provinciale.
Che piccineria in queste volgari considerazioni.
Non si cambia la Storia con battaglie di retroguardia, coloro che le fanno suscitano l’infinita pena che ancora sovviene al pensiero della regina Maria Antonietta, ritratta come una cinica indifferente alle sofferenze del popolo (celebre la frase “Se non hanno pane, che mangino brioche” riferita ai francesi affamati durante le rivolte di popolo del ‘700) che trovò la fine sulla ghigliottina.
La Storia si può subire o cavalcare e i teramani hanno già deciso di cavalcarla.
Basta piagnistei, trasformiamo questo passaggio epocale in una opportunità: reinventiamoci un futuro, una vocazione territoriale, imprenditoriale, un brand accattivante, una occasione di rilancio, di nuova crescita e di sviluppo su direttrici nuove e al passo con i tempi.
Le identità dei popoli non si perdono perché vengono unificati amministrativamente i campanili, ma perché si spegne lo spirito che le ha tenute in vita e ne ha costituito il cemento.
Se siamo più poveri culturalmente ed economicamente è solo perché abbiamo smesso di credere in noi stessi e nel nostro futuro, non perché un Governo ci ha messo in ginocchio.
La grandezza di Interamnia è finita non perché scompare la Provincia, ma perché non siamo in grado di costruire uno straccio di teatro all’altezza delle migliaia di abbonati che abbiamo, come seppero fare i nostri antenati duemila anni or sono con il teatro e l’anfiteatro romano.
La grandezza di Interamnia è finita perché il sindaco Brucchi aveva inserito nel programma elettorale del 2009 un nuovo palasport che fosse all’altezza del blasone della nostra squadra di basket, e oggi dopo tre anni non abbiamo più una squadra di basket perché non l’abbiamo difesa come patrimonio della città.
La grandezza di Interamnia è finita perché abbiamo smesso da tempo di spenderci per la città, per salvaguardare il patrimonio artistico, per accrescere le occasioni di cultura.
La grandezza di Interamnia è finita perché non ci stringiamo attorno alla Coppa Interamnia, cartolina internazionale della nostra città, e rischiamo di perdere anche questo tesoro sportivo e culturale.
La grandezza di Interamnia è finita perché non abbiamo le palle per costruire nuove strade, nuove infrastrutture, nuove idee, nuovi talenti, nuove occasioni di crescita e di ricchezza, ma ci trasciniamo stancamente da un bar all’altro.
Come disse splendidamente Gabriele D'Annunzio quando vide il teatro romano di Teramo: “La ruina del teatro d’Interamnia testimonia romanamente l’antica grandezza”, grandezza e futuro che non ci sono più perché li abbiamo rifiutati, sfrattati, ostracizzati.
E invece stiamo a gingillarci con i rimpalli di responsabilità, con i campanilismi, con le ripicche infantili su chi ci abbia perso e chi ci abbia guadagnato, sull’opportunità pilatesca di proporre la cancellazione di tutte le Province per evitare di finire sotto L’Aquila o di avvantaggiare Province più giovani a scapito di quelle storiche.
E come sempre accade agli stolti, la Storia ci passa accanto proprio mentre perdiamo tempo a cazzeggiare e a discutere di questioni sepolte ed irrilevanti.
Infatti proprio oggi e proprio a L’Aquila si riunisce il Comitato V.I.A. della Regione Abruzzo che fornirà la Valutazione di Impatto Ambientale sul progetto di realizzazione dell’impianto di produzione e trattamento di gas della società Forest Oil a Bomba, nonché sui progetti concernenti i permessi di ricerca degli idrocarburi a Villa Mazzarosa e a Villa Carbone, progetti che coinvolgono i territori di ben 9 Comuni della fu Provincia di Teramo.
Il WWF e i Comitati cittadini si domandano se ci saranno i sindaci a difendere i propri territori, in quanto “Per l'Abruzzo, Regione verde d'Europa, il rischio di divenire “distretto minerario” è più che mai presente e concreto a causa anche delle ultime dichiarazioni del Ministro Passera e al recente documento di consultazione del Ministero per lo Sviluppo Economico, dove l'Abruzzo compare tra le regioni capofila per l'energia fossile, con rafforzamenti di poli tecnologici/industriali, che sembrano preludere al ritorno del Centro Oli ad Ortona e alla destinazione definitiva del suo porto come centro industriale minerario, con buona pace del Parco Nazionale della Costa Teatina, e della gran parte dei suoi abitanti, comprese le navi da crociera, gli operatori turistici, le cantine, gli agricoltori tutti”.
La risposta è sì, il nostro sindaco Brucchi ci sarà, sarà proprio lì. Ma non per marciare sul Comitato V.I.A. e difendere il nostro territorio da un attacco inaudito ed esiziale per la nostra economia, sarà lì per marcire a L’Aquila insieme ad un drappello di reazionari che pretenderebbero di fermare il treno della Storia per salvaguardare l’Istituzione Provincia, Istituzione che negli ultimi venti anni da Teramo ha avuto ben più di quanto abbia restituito.
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