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Brucchi difende il cadavere della Provincia: “Marcirò a L'Aquila”

di Christian Francia
8 minuti

Brucchi come Don Chisciotte. Ha detto: “Marcerò su L’Aquila”, ma ha sbagliato tragicamente una vocale, la realtà è un ben più misero: “Marcirò a L’Aquila”.
Era il 28 ottobre 1922, esattamente 90 anni fa, quando un altro calvo molto più famoso di Brucchi marciò su Roma e diede avvio all’era fascista.
Il fascismo tentò di superare la crisi dello Stato liberare, con gli esiti che conosciamo.
Oggi, con 5 giorni di anticipo sull’anniversario, Brucchi e il suo Sancho Panza (Vinicio Ciarroni) unitamente all’associazione “L’Abruzzo al Centro” marciano su L’Aquila (dove la Regione si esprime sul riordino delle Province) per ivi marcire e sancire la putrescenza della Provincia teramana.
Ironia della sorte: sarà un Consiglio Regionale a guida tutta teramana a decretare la fine di una Provincia secolare, con un Chiodi becchino che ha scavato la fossa in assoluto silenzio per lunghissimi mesi.
La Regione potrà deliberare qualsiasi cosa, ma la sua decisione non avrà rilevanza alcuna.
Infatti, l’unica via che il Governo nazionale può percorrere per evitare una incostituzionalità palese delle norme sul riordino delle Province è quella di sposare la decisione espressa dal CAL (cioè L’Aquila-Teramo e Pescara-Chieti) in quanto il CAL è organo previsto nella Costituzione nel quale sono rappresentati parte dei sindaci di tutto il territorio abruzzese.
E poiché la Costituzione prevede che il mutamento delle circoscrizioni provinciali sia stabilito con leggi della Repubblica “su iniziativa dei Comuni”, ecco che l’indicazione del CAL diviene centrale per dare una parvenza di legalità all’architettura del progetto di riordino, in quanto il Governo potrà invocare il fatto che i Comuni rappresentati nel CAL siano stati gli autori dell’iniziativa di riordino, iniziativa che il Governo si limiterà ad avallare.
Ma la cosa che suscita tristezza è come non ci si renda conto che la morte della Provincia non frega a nessuno, come dimostra l’assenza dei cittadini all’assemblea di Teramo Nostra organizzata a Piazza Martiri.

I teramani sono anzi convintissimi che la Provincia debba morire perché mai l’hanno sentita vicina, non verseranno una lacrima al funerale e nemmeno ci andranno.
Da dipendente provinciale non li biasimo.
Ma questa città deve smetterla di piangersi addosso, stiamo facendo la fine di Montorio e dei paesi della montagna senza rendercene conto. Piangiamo la perdita della Caserma, della Telecom e della Banca d’Italia come vedove inconsolabili. Adesso ci disperiamo per le paventate chiusure di altri uffici a seguito della perdita dello status di capoluogo provinciale.
Che piccineria in queste volgari considerazioni.
Non si cambia la Storia con battaglie di retroguardia, coloro che le fanno suscitano l’infinita pena che ancora sovviene al pensiero della regina Maria Antonietta, ritratta come una cinica indifferente alle sofferenze del popolo (celebre la frase “Se non hanno pane, che mangino brioche” riferita ai francesi affamati durante le rivolte di popolo del ‘700) che trovò la fine sulla ghigliottina.
La Storia si può subire o cavalcare e i teramani hanno già deciso di cavalcarla.
Basta piagnistei, trasformiamo questo passaggio epocale in una opportunità: reinventiamoci un futuro, una vocazione territoriale, imprenditoriale, un brand accattivante, una occasione di rilancio, di nuova crescita e di sviluppo su direttrici nuove e al passo con i tempi.
Le identità dei popoli non si perdono perché vengono unificati amministrativamente i campanili, ma perché si spegne lo spirito che le ha tenute in vita e ne ha costituito il cemento.
Se siamo più poveri culturalmente ed economicamente è solo perché abbiamo smesso di credere in noi stessi e nel nostro futuro, non perché un Governo ci ha messo in ginocchio.

La grandezza di Interamnia è finita non perché scompare la Provincia, ma perché non siamo in grado di costruire uno straccio di teatro all’altezza delle migliaia di abbonati che abbiamo, come seppero fare i nostri antenati duemila anni or sono con il teatro e l’anfiteatro romano.
La grandezza di Interamnia è finita perché il sindaco Brucchi aveva inserito nel programma elettorale del 2009 un nuovo palasport che fosse all’altezza del blasone della nostra squadra di basket, e oggi dopo tre anni non abbiamo più una squadra di basket perché non l’abbiamo difesa come patrimonio della città.
La grandezza di Interamnia è finita perché abbiamo smesso da tempo di spenderci per la città, per salvaguardare il patrimonio artistico, per accrescere le occasioni di cultura.
La grandezza di Interamnia è finita perché non ci stringiamo attorno alla Coppa Interamnia, cartolina internazionale della nostra città, e rischiamo di perdere anche questo tesoro sportivo e culturale.
La grandezza di Interamnia è finita perché non abbiamo le palle per costruire nuove strade, nuove infrastrutture, nuove idee, nuovi talenti, nuove occasioni di crescita e di ricchezza, ma ci trasciniamo stancamente da un bar all’altro.
Come disse splendidamente Gabriele D'Annunzio quando vide il teatro romano di Teramo: “La ruina del teatro d’Interamnia testimonia romanamente l’antica grandezza”, grandezza e futuro che non ci sono più perché li abbiamo rifiutati, sfrattati, ostracizzati.

E invece stiamo a gingillarci con i rimpalli di responsabilità, con i campanilismi, con le ripicche infantili su chi ci abbia perso e chi ci abbia guadagnato, sull’opportunità pilatesca di proporre la cancellazione di tutte le Province per evitare di finire sotto L’Aquila o di avvantaggiare Province più giovani a scapito di quelle storiche.
E come sempre accade agli stolti, la Storia ci passa accanto proprio mentre perdiamo tempo a cazzeggiare e a discutere di questioni sepolte ed irrilevanti.
Infatti proprio oggi e proprio a L’Aquila si riunisce il Comitato V.I.A. della Regione Abruzzo che fornirà la Valutazione di Impatto Ambientale sul progetto di realizzazione dell’impianto di produzione e trattamento di gas della società Forest Oil a Bomba, nonché sui progetti concernenti i permessi di ricerca degli idrocarburi a Villa Mazzarosa e a Villa Carbone, progetti che coinvolgono i territori di ben 9 Comuni della fu Provincia di Teramo.

Il WWF e i Comitati cittadini si domandano se ci saranno i sindaci a difendere i propri territori, in quanto “Per l'Abruzzo, Regione verde d'Europa, il rischio di divenire “distretto minerario” è più che mai presente e concreto a causa anche delle ultime dichiarazioni del Ministro Passera e al recente documento di consultazione del Ministero per lo Sviluppo Economico, dove l'Abruzzo compare tra le regioni capofila per l'energia fossile, con rafforzamenti di poli tecnologici/industriali, che sembrano preludere al ritorno del Centro Oli ad Ortona e alla destinazione definitiva del suo porto come centro industriale minerario, con buona pace del Parco Nazionale della Costa Teatina, e della gran parte dei suoi abitanti, comprese le navi da crociera, gli operatori turistici, le cantine, gli agricoltori tutti”.
La risposta è sì, il nostro sindaco Brucchi ci sarà, sarà proprio lì. Ma non per marciare sul Comitato V.I.A. e difendere il nostro territorio da un attacco inaudito ed esiziale per la nostra economia, sarà lì per marcire a L’Aquila insieme ad un drappello di reazionari che pretenderebbero di fermare il treno della Storia per salvaguardare l’Istituzione Provincia, Istituzione che negli ultimi venti anni da Teramo ha avuto ben più di quanto abbia restituito.


 

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NON C'E' UNA VIRGOLA CHE NON SIA ASSOLUTA VERITA'! COMPLIMENTI, PURTROPPO....
Christian, ma "in quanto il CAL è organo previsto nella Costituzione nel quale sono rappresentati parte dei sindaci di tutto il territorio abruzzese" è una inesattezza, la Costituzione non prevede nessun comitato, ma parla esclusivamente delle decisioni assunte dai comuni e dell'attività dello stato in sede legislativa sentita la regione. Per le considerazioni sul declino sono d'accordo su tutte tranne una. La Coppa Interamnia non la considero una ricchezza per la provincia, alla quale si è aperta solo nell'ultima edizione, ma una proprietà privata quarantennale di chi la organizza.
Caro Christian, io andrò a L'Aquila. E non perchè l'ha detto il sindaco,ma perchè per me la grandezza di Interamnia non è finita. Perchè ho difeso la squadra di basket, perchè LAVORO come volontaria per la Coppa Interamnia, perchè cerco di partecipare alle manifestazioni culturali (non ai concerti di Vittorio il Fenomeno,si intende), perchè ho difeso il teratro romano,perchè insomma cerco di fare qualcosa attivamente per la mia città! E poi, Brucchi contro Chiodi..e chi se li vuole perdere?
Molti dei nostri problemi, presenti e passati, derivano dal fatto che probabilmente noi siamo i primi a non aver amato questa Città. Eppure abbiamo una storia plurisecolare da far invidia ed un passato così nobile che non tutti, in questa Regione, posseggono. Dobbiamo cambiare atteggiamento. Dobbiamo cambiare occhi. Dobbiamo cambiare cuore. Abbiamo il coraggio di istituire e rendere operativo un Assessorato alla Cultura che sia in grado di programmare attività culturali senza recepire pedissequamente solo le proposte del pur vitale associazionismo e che abbia voce in capitolo (e voce grossa, se serve) nel restauro e nel recupero del nostro patrimonio storico-artistico, senza lasciare il tutto nelle mani di chi opera, in genere, nei lavori pubblici? Abbiamo il coraggio di saper pedonalizzare (e pedonalizzare seriamente) il centro storico, vietando in maniera categorica ai veicoli a motore l’accesso, a qualsiasi ora, da Porta Reale a Porta San Giorgio? Abbiamo il coraggio di imporre (e imporre sul serio) agli esercizi commerciali del centro storico il carico e scarico merci nelle ore notturne o nelle primissime ore del mattino, senza eccezione alcuna? Abbiamo il coraggio di impedire che nella piazza principale della Città possano essere presenti supermercati di medie e grandi dimensioni, che per forza di cose mal si conciliano con la vocazione a salotto civico degli spazi antistanti la Cattedrale e il Palazzo Vescovile? Abbiamo il coraggio di spendere per il nostro territorio e per il nostro patrimonio storico-artistico? Abbiamo il coraggio di redigere un bilancio comunale che preveda investimenti seri per la cultura e per i beni ad essa funzionali? Abbiamo il coraggio di rinunciare a qualche manifestazione, più o meno interessante, a vantaggio di interventi che assomiglino maggiormente ad investimenti nel settore culturale anziché a spese per uno o più singoli eventi? Abbiamo il coraggio di alzare la voce e di urlare, se necessario, perché sia tutelato il Castello Della Monica, che è roba nostra? Abbiamo il coraggio di dire ad alta voce che sul suolo di Piazza Martiri della Libertà non vogliamo vedere mai più un solo veicolo a motore circolante? Abbiamo il coraggio di realizzare una illuminazione artistica decente in tutto il centro storico, sostituendo quella asettica, fredda e sbiadita che attualmente rischiara il Corso principale? Abbiamo il coraggio di recuperare l’immenso complesso dell’Ospedale Psichiatrico, rispettando la sua storia prima ancora che la sua volumetria, istituendo un Museo della Psichiatria (che renda omaggio e rispetto ai 675 anni di storia di quell’Istituto e alle tante vite che vi sono passate nei secoli), prima ancora che pensare alle sedi di uffici, agli alloggi o ai negozi? Abbiamo il coraggio di predisporre un progetto per il recupero del complesso dello storico Istituto Regina Margherita che da molti, troppi anni versa in uno stato di coma a tempo indeterminato? Abbiamo il coraggio di restituire una buona volta a questa Città, che ne è stata ingiustamente privata dal 1959, un Teatro Comunale degno di questo nome, lasciando da parte sperimentazioni architettoniche più o meno innovative e riedificandolo dov’era e com’era? È davvero così difficile come concetto? Abbiamo il coraggio, una buona volta, di predisporre una segnaletica uniforme in tutta la Città con le indicazioni turistiche sui nostri principali monumenti, così come avviene in quasi tutti i centri storici del mondo? Abbiamo il coraggio di approvare un Piano dell’estetica che vincoli i privati ad intervenire sui propri beni al fine di rispettare un decoro urbano e di vincolare ogni loro intervento al rispetto di regole ben precise, limitando il più possibile le sperimentazioni architettoniche più azzardate nel centro storico? Abbiamo il coraggio di amare il bello… e non soltanto l’utile? Abbiamo il coraggio di recuperare gli spazi esistenti, prima di autorizzare il consumo di nuovo territorio? Abbiamo il coraggio di studiare e di voler conoscere maggiormente la storia di questa Città, perché solo riconciliandosi con essa possiamo rispettare e valorizzare le vestigia che ci sono state lasciate in eredità? Abbiamo il coraggio di mettere da parte i tanti interessi privati, che pure ci sono, e di amministrare il patrimonio pubblico dimenticandosi del proprio bilancio familiare o degli interessi economici degli amici e dei parenti che di continuo bussano alle nostre porte e ci chiedono favori al telefono? Se avremo questo coraggio, saremo buoni amministratori. Non ci si improvvisa politici, né si nasce tali per ragioni di nome o per convenienze. Lo si è nel cuore, prima ancora che nelle capacità.
Egr. sig. Primoli, ancora una volta un suo splendido intervento. Un mio personale grazie. Mi permetto una piccolissima annotazione: lei chiede se "abbiamo il coraggio di amare il bello… e non soltanto l’utile", dal che si potrebbe dedurre che in questa città ci si sia impegnati a realizzare opere solo UTILI, ancorché non BELLE. Direi che troppo spesso, in questa città, si sono realizzate solo opere....e basta! Comunque grazie di nuovo.
onore all'uomo che crede, rischia e lotta. anche se le sue cause non sono vincenti ! (al pari di Grillo che ha attraversato lo stretto a nuoto, dovrebbe andarci però a piedi, a l'Aquila... con tanto di tappe intermedie, rifocillamenti offerti da pie donne e risonanza mediatica... se ci va con l'A6 ha perso in partenza anche il poco di consenso che gliene può venire...)
Articolo disfattista,da vero teramano...mi spiace ma non concordo e soprattutto non dispero!
Ho letto con interesse l'articolo di Christian. Vivo fuori Teramo da ormai vent'anni e quel che posso dire è che la nostra città e la nostra terra hanno tante risorse che chi vive da sempre in città, concentrato più sui problemi locali con cui deve scontrarsi quotidianamente, forse sottovaluta un pochino. Ho tanta rabbia quando vedo le immagini di Teramo degli anni Trenta o le incisioni del XVIII e XIX secolo e poi, quando giro per il centro della città, leggo più vie intitolate a coloro che - pur avendo avuto indubbiamente tanto ingegno - hanno sfasciato l'immagine antica e medievale di Teramo rendendola come è oggi; ciononostante, le volte che ho portato persone di altre regioni a visitare la mia città, sono rimaste colpite dalla sua attuale bellezza, dal centro pulito, dagli scorci, dalle vie e dall'immagine lontana di quella montagna che riposa lontana e maestosa. Teramo ha tante risorse, dal punto di vista artistico, storico, culturale nonché culinario; forse noi ci tiriamo un po' troppo giù e dovremmo essere più orgogliosi della nostra città e della nostra terra. Dovremmo astenerci dall'alimentare fazioni politiche e non ma pensare di più al nostro obiettivo comune: la valorizzazione della nostra meravigliosa città. D'altra parte siamo abruzzesi, siamo rinomati per essere "cocciuti" e se ci mettiamo un obiettivo in testa, niente e nessuno ce lo toglie ...