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Appunti per la divinizzazione di Luciano D'Alfonso

di Christian Francia
9 minuti

La vicenda processuale, paraprocessuale e parapolitica di Luciano D’Alfonso credo possa essere accostata con buona approssimazione alla senechiana Apokolokyntosis (Ἀποκολοκύντωσις), parola greca che potrebbe tradursi con l’espressione “Deificazione di una Zucca” e che rimanda agli stucchevoli ed ipocriti onori e ossequi di cui fu fatto oggetto l’imperatore romano Claudio da parte del Senato divenuto – agli occhi della satira di Seneca – uno strumento prono ai voleri dell’imperatore e della di lui consorte Messalina.
Nel nostro caso non il Senato, bensì la classe politica regionale si trova ad onorare ed ossequiare ipocritamente e stucchevolmente l’ex imputato reietto dalla politica, cui l’assoluzione in sede penale ha restituito una verginità di natura quasi divina.

C’è da rimanere esterrefatti dinanzi alla visione dell’applauso e della profusione di baci che ha riservato a D’Alfonso la platea del PD riunita alla Sala San Carlo per un incontro elettorale con l’On. Dario Franceschini (http://www.youtube.com/watch?v=1N1BPWhTvZ0&feature=youtu.be).
L’ospite d’onore avrebbe dovuto essere l’ex segretario nazionale del PD, attualmente Presidente del gruppo del PD alla Camera dei Deputati, ma Franceschini si è ridotto al ruolo di annunciatore della resurrezione di D’Alfonso, al ruolo di evangelista del Salvatore che, nella sua infinita bontà, si è manifestato carne e sangue ai suoi seguaci.
Tripudio di mani e di labbra sul corpo mistico di Luciano, addirittura il Presidente regionale del partito, Manola Di Pasquale, prima si trasforma nella guardarobista del cappotto di D’Alfonso, poi, seduta alla destra del padre, gli accarezza una spalla e viene ricambiata con una carezza sul ginocchio che, evidentemente, l’interessata non vorrà mai più lavare.
Franceschini si è affrettato ad affilare la lingua, catechizzando la folla del PD sulla superiorità stilistica e morale del PD incarnata da D’Alfonso (l’assioma è il seguente: sbaglia chi urla che i politici sono tutti uguali, perché noi siamo il meglio).

Ad onor del vero, c’è da riconoscere che il contegno di D’Alfonso in questi 4 anni e mezzo di esilio dalla politica attiva è stato molto dignitoso, in tutto simile a quello di un altro politico/imputato eccellente: Giulio Andreotti.
I silenzi, il riserbo, l’estraneità alle becere politicizzazioni dell’attività della Magistratura e l’assenza di strumentalizzazioni riferibili alle vicissitudini processuali consentono di riconoscergli uno stile di gran lunga superiore agli sguaiati suoi colleghi politici.
D’Alfonso dimostra innegabili qualità che fanno sembrare piccolissimi i pusilli che si sono avvicendati in questo lustro sulla scena politica regionale, dell’uno e dell’altro schieramento, e in questo è vero che non tutti sono uguali.
La forbitezza del suo eloquio, la cadenza rassicurante delle sua parole, la sua capacità di entrare in empatia con l’interlocutore facendolo sentire davvero ascoltato, lo rendono uno straordinario affabulatore e seduttore di folle.
Se avesse percorso la carriera ecclesiastica, e i suoi continui rimandi ai valori cattolici aiutano nel rendere credibile il paragone, sarebbe giunto ai massimi livelli della gerarchia.
Presumo che ciò possa avvenire anche nel suo futuro politico.

D’Alfonso vuole la Presidenza della Regione e già nessuno dubita che possa ottenerla senza ostacoli.
O meglio, senza particolari ostacoli nel centrodestra.
Infatti Paolo Tancredi, con riferimento alla vicenda giudiziaria, si è affrettato a dichiarare: “Nonostante politicamente siamo distanti, ma a quanto si quantifica il danno arrecato a D’Alfonso?”.
E pure il Governatore in carica Gianni Chiodi, presago della propria fine, parla di D’Alfonso come “persona di qualità”.
I veri ostacoli, e lui stesso lo sa, D’Alfonso li incontrerà nel PD, laddove gli anni della sua assenza dalla militanza attiva hanno sedimentato aspirazioni, personalismi, clientele e arrivismi che potrebbero imbrigliarne le forza esplosiva o menomarne la capacità coesiva degli alleati di coalizione.
Per questo ha già maturato la mossa che potrebbe toglierlo dall’impasse, se mai dovesse verificarsi: uscire dal PD senza spargere una sola stilla di veleno o di polemica, per candidarsi alla Presidenza della Regione come leader dell’area Monti, area che il FLI dell’amico Toto e l’UDC già presidiano dai banchi dell’opposizione a Chiodi.
Il PD non potrebbe fare altro che inseguirlo, cedendogli lo scranno più alto della Giunta regionale pur di non recarsi divisi agli elettori con il rischio, solo in quel caso, di far rivincere il PDL.
Questo lo scenario futuribile.

Ma c’è un ma. Nel “Faccia a faccia” realizzato dal sitowww.cityrumors.it proprio con D’Alfonso un paio di giorni fa (http://www.cityrumors.it/generale/redazione/faccia-a-faccia-con-luciano-dalfonso-video-56834.html#.USK7zPU_wqM), Luciano pronuncia queste testuali parole: “Chi si candida deve avere un programma, non può avere solo la bonomia o alcuni prerequisiti personali. A chi ha solo i prerequisiti personali io gli faccio sposare mi figlia, ma non gli affido una comunità importante. Chi deve guidare una Regione deve svelare il programma, deve stabilire anche i meccanismi dei tempi, deve far capire le priorità, e deve poi interpretare una funzione su Roma, a Bruxelles, che faccia anche concepire che questa Regione da sola è debole, perché ha pochi numeri demografici, questa è una Regione che si deve alleare con le Regioni limitrofe, rivendicare un protagonismo nell’Adriatico, su tutto questo bisogna avere gli strumenti per far capire che lo si può realizzare”.
Parole che condivido integralmente e che suonano la campana a morto per Chiodi: nella sua incapacità di realizzare un programma, nella gestione fallimentare dei tempi di realizzazione dei progetti, nella mancata individuazione delle priorità, nella sua mancanza di incisività a Roma e a Bruxelles, nel suo suicidio nel programma IPA Adriatico che ci ha relegato fra le Regioni canaglia che non si vedranno mai più assegnate la gestione di un programma europeo transnazionale (speso meno del 4% di 288 milioni di risorse europee destinate all’IPA), nei suoi miseri calcoli ragionieristici che hanno disastrato la qualità del servizio sanitario, nei suoi clientelismi antimeritocratici.

Tutto giusto. Fosse per queste qualità precipue da leader e da Presidente D’Alfonso ne ha da vendere, ma quello che ci preoccupa sono proprio quei prerequisiti personali che D’Alfonso giudica sufficienti per ottenere la mano di sua figlia.
Esattamente quei requisiti come l’onestà personale, la condotta specchiata, la solida moralità, la trasparenza nell’agire, la sincerità.
Requisiti che le inchieste penali hanno messo in dubbio e che le assoluzioni penali non sono sufficienti a ricostruire.
1) I viaggi gratis “per amicizia” sugli aerei di Toto lo assimilano alla parallela vicenda delle regalie e delle utilità che riceveva anche il Governatore Formigoni.
2) I lavori fatti nella villa di D’Alfonso, sempre “per amicizia”, da vari soggetti consentono di dubitare della opportunità politica e morale di quelle situazioni (un teste ha dichiarato: «Ho realizzato l’impianto elettrico nella casa di D’Alfonso: veniva 6-7 mila euro ma è stato un mio omaggio a D’Alfonso per amicizia»; un altro teste ha ricordato: «ho fornito materiali per il gazebo della casa senza chiedere 700-800 euro perché ero amico del fratello di D’Alfonso»).
3) Il fatto di vivere quasi regolarmente con i denari contanti asseritamente altrui (“della zia che versava la pensione e contribuiva alle spese di sostentamento di D’Alfonso”, “dell’apporto finanziario (spesso in contanti) dei genitori di lui”, “dei suoi suoceri che in più occasioni sono intervenuti a pagare spese ordinarie come le bollette per le utenze domestiche o acquisti più onerosi”), unitamente al fatto che sia stata verificata “una quasi totale assenza di prelievi da conti bancari e carte di credito per interi anni che hanno indotto il pm a pensare che l’ex sindaco disponesse di ingenti provviste in nero (cioè tangenti)”, sono segnali evidenti di una fibra morale e di una struttura etica non propriamente impeccabile per un politico.

Proprio per questo c’è un paradosso D’Alfonso: da un lato un uomo pubblico dalle spiccate doti di leadership, di carisma, di capacità affabulatorie, di creazione di consenso, doti che lo pongono al vertice delle personalità politiche che l’Abruzzo abbia saputo esprimere; dall’altro lato un uomo che proprio per i prerequisiti umani, di caratura morale e di opportunità politica delle proprie scelte e delle proprie azioni, vede appannato il fulgore della sua stella politica.


 

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Ci illudiamo che sia diverso, vorremmo che lo fosse ma spesso questo grande desiderio e necessità ci rende ciechi nel paese delle meraviglie, sordi in un concerto, disosmici in un letamaio. Sarà davvero così diverso da chi si trova una casa pagata dinanzi il colosseo senza saperlo o da colui che prende soldi in prestito dal partito "ma li avrei restituiti"o da chi ha versato centinaia di euro sul conto della fidanzata.... Noi vogliamo vedere e credere altro, speriamo solo di non ritrovarci come gli struzzi con la testa nel fosso ed il sedere per aria alla mercè del solito primo che passa...
Affabula e porta voti al cosiddetto pdmenoelle. Ma chi vive di regali e favori, pur non commettendo reato, come fa a proporsi come governante di gente che si suda ogni centesimo che ha in tasca? E tutte le promesse che fa e farà chi le pagherà? Indovinate un po'...
Sono un elettore del centro sinistra e penso che l'assoluzione di d'alfonso non sia sufficiente per renderlo ripresentabile ai miei occhi. I dubbi di francia sono anche i miei.
Pur essendo di sinistra (berlingueriana) tifo Luciano D'Alfonso ,perché lo considero un grande politico, pero' la puzza di fariseismo e'veramante insopportabile. Ottima analisi di Christian ,come sempre.
Personalmente non credo che il centrosinistra debba reintegrare il sig. D'Alfonso così come se nulla fosse. Innanzi tutto il segretario regionale del PD che in questi anni come un esecutore materiale di ordini dell'area ex DS non ha perso tempo ad allontanare l'area moderata vicina a D'alfonso con l'esclusione di qualche gallina e gallinaccio che pensavano di proteggersi dietro al giovane segretario. Oggi il sig. Paolucci si sente più vicino a SEL o a Rivoluzione Civile ? Tutti quelli che invece lo osannavano e che oggi gli anno girato le spalle (ex margherita) che fine faranno ? Vede sig. Francia lei molto spesso analizza le cose in modo non del tutto corretto ma in questo caso io condivido il suo pensiero. Mi domando molto spesso e vi domando: ma se Berlusconi dovesse essere scagionato da tutte le sue inchieste tornerebbe ad essere un novello imprenditore con la voglia di politica ? buona notte.
Sig.Ortenzio per vincere occorrono i numeri e non penso che Paolucci stia facendo bene.