Pronti, via.
Il conto alla rovescia verso il traguardo europeo del Nearly Zero Energy Building è cominciato.
Da qui al 2020 il settore delle costruzioni dovrà adeguarsi all'obiettivo di realizzare edifici dai consumi energetici prossimi allo zero, in base alla normativa europea, che per gli edifici pubblici entra in vigore già alla fine del 2018.
Nel giro di cinque anni, quindi, questo nuovo modo di costruire dovrà diventare la regola e già entro pochi mesi tutti i Paesi membri dovranno fornire a Bruxelles i piani nazionali per spingere il settore in questa direzione.
L'Italia per fortuna non parte da zero: Cresme ed Enea hanno stimato che, grazie al sistema di agevolazioni fiscali del 55% per la riqualificazione energetica, sia stato attivato un volume complessivo di 1,4 milioni di interventi, per un controvalore pari a 17 miliardi di euro, generati da un intero comparto, stimabile in oltre 50mila nuovi posti di lavoro nei settori dell'edilizia e dell'indotto, dalle fonti rinnovabili alla domotica, dagli infissi ai materiali avanzati.
Sarebbe interessante capire in che misura, questa stima, coinvolge Noi abruzzesi.
Dura lex…sed lex.
Andiamo al dunque.
Il decreto legge n. 63 del 4 giugno 2013 è approdato in Gazzetta Ufficiale ed è entrato immediatamente in vigore.
Accanto alle misure per le agevolazioni fiscali con la nuova Detrazione 65%, la proroga della Detrazione 50% e la relativa estensione degli sconti IRPEF sull’acquisto di arredi con il Bonus Mobili, il testo licenziato da qualche giorno dal Consiglio dei Ministri ridisegna l’architettura complessiva dell’efficienza energetica in edilizia con numerose modifiche al testo di riferimento: il d.lgs. 192/2005.
Uno dei punti qualificanti del DL 63/2013 è quello riguardante gli Edifici a Energia Quasi Zero, o NZEB, acronimo per la dizione inglese Near Zero Energy Buildings, ossia strutture in grado di utilizzare pochissima energia per il loro funzionamento e progettate seguendo criteri costruttivi all’avanguardia, rispondenti alla direttiva europea 2012/27/UE.
Lo stato dell’arte.
La data del 31 dicembre 2018 è stata fissata dal legislatore per indicare il termine a partire dal quale “gli edifici di nuova costruzione occupati da pubbliche amministrazioni e di proprietà di queste ultime, ivi compresi gli edifici scolastici, devono essere edifici a energia quasi zero”.
Esatto, gli EDIFICI PUBBLICI, possono e dovranno non costare a Noi cittadini, e quei soldi, con un astuto piano energetico, possono essere re-impiegati per migliorare i servizi della socialità.
Sogno o son desta? Presto realtà.
Facciamo qualche rapido conticino . Mmmmm Vediamo…
31 dicembre 2018 - 21 settembre 2013 = 5 anni.
Esatto! 5 anni. Quindi tenendo a mente che in qualche caldo giorno di maggio ci saranno le elezioni Regionali…E’ giusto giusto il tempo di una nuova legislatura.
Ma anche il settore privato sarà, ovviamente, coinvolto in questa “rivoluzione copernicana” dell’efficienza energetica, per lui, ci sarà solo più tempo.
Infatti, a partire dal 1° gennaio 2021 l’obbligo di avere Edifici a Energia Quasi Zero sul nuovo si estenderà anche al settore privato.
Ma dare delle date, senza un piano di avvicinamento strategico per arrivarci in maniera efficace ed efficiente, sarebbe un esercizio inutile. Il testo del decreto legge 53/2013 fornisce anche le indicazioni per un Piano d’azione governativo.
Le tempistiche per il rilascio del Piano d’azione sono state fissate per la fine dell’anno prossimo, data entro cui dovranno essere elaborati e preparati il decreto destinato ad aumentare il numero di Edifici a Energia Quasi Zero.
Siamo pronti a recepirle?
Mah!
L’intervista.
"Se tutte le nuove costruzioni seguissero i requisiti degli 'edifici a energia quasi zero', il volume d'affari annuale stimato per l'Europa sarebbe di 62 miliardi di euro", spiega l’ing. Lorenzo Pagliano, docente di fisica dell'edificio al Politecnico di Milano.
"Il segreto è ridurre al minimo le dispersioni, utilizzare impianti di riscaldamento o di raffrescamento molto efficienti e compensare i consumi con energia prodotta da fonti rinnovabili, direttamente in casa o nei pressi. Applicando queste tecniche si può ridurre di 20 volte la bolletta energetica di un edificio, fin quasi a zero", fa notare Pagliano. Così l'Italia potrebbe tagliare i consumi energetici nazionali del 44% da qui al 2030. In particolare per gli edifici pubblici, che pesano sul bilancio dello Stato, è un ottimo sistema per tagliare i costi.
Proprio per questa ragione, la direttiva europea obbliga prima di tutto l'edilizia pubblica ad adeguarsi ai nuovi standard.
Per ora la Danimarca è l'unico Paese dell'Unione ad aver già presentato il suo piano strategico per arrivare in tempo ai risultati imposti dalla direttiva europea. Gli altri sono in elaborazione e verranno presentati nel giro di qualche mese. Ma anche fuori dall'Unione non si sta con le mani in mano.
"In Norvegia già dal 2015 tutte le case nuove dovranno essere passive, quindi con consumi energetici bassissimi. In Svizzera l'etichettatura energetica è volontaria, ma il loro parco edilizio ha già standard molto alti", precisa Pagliano.
In Italia, secondo uno studio di Nomisma e Pentapolis, solo il 3% degli edifici ha tutti i requisiti per ottenere un buon risparmio energetico, mentre il 24% non ne ha nessuno.
Abbiamo ampio spazio di miglioramento.
Ma averlo non basta, è arrivato il momento di fare!
Spaginando la direttiva…
Con la direttiva 2010/31/UE sull’efficienza energetica, entro il 31 dicembre 2020 tutti gli edifici dovranno possedere elevati standard di risparmio energetico.
Lo scopo della direttiva, inoltre, si traduce nell’ottimizzazione delle potenzialità dei materiali da costruzione impiegati, cosi come delle risorse presenti nell’ambiente esterno all’edificio stesso, per riuscire a garantire al meglio i requisiti di comfort termico richiesti dalla normativa vigente, il tutto indipendentemente dall’utilizzo di impianti di climatizzazione estiva o invernale.
Chiaramente la più grande sfida è riuscire a realizzare questi edifici con costi tutto sommato contenuti o almeno paragonabili a quelli tipici che ci si trova ad affrontare nella costruzione di abitazioni "classiche".
Secondo un rapporto dell’Università Inglese East Anglia se lo standard degli edifici a consumo quasi zero fosse imposto a tutte le nuove abitazioni ai restauri, l’Europa potrebbe puntare ad una riduzione dei consumi energetici del 40% al 2050, il tutto ottenuto : spostando l’interesse in maniera interessante alla produzione di energia da fonti rinnovabili ed eliminando l’enorme supporto economico a nucleare e fonti fossili ( e di fonti fossili, Noi sappiamo qualcosa, vedi le probabili trivellazioni che ci riguarderanno!).
Dal punto di vista più strettamente tecnico, realizzare un edificio a basso consumo energetico, vuol dire identificare soluzioni impiantistiche efficienti e basate sull’uso di risorse energetiche rinnovabili…ma (c’è un ma), solo dopo aver ridotto il fabbisogno energetico intervenendo sull’involucro e su diversi sistemi tecnologici.
Nasce quindi la necessità di creare un filtro efficace tra l’ambiente interno e quello esterno.
L’involucro edilizio diventa il punto di partenza per l’ottenimento di un’elevata qualità dell’ambiente indoor con bassi consumi energetici.
Questo tipo di progettazione impone una più complessiva valutazione dell’edificio, che diventa un complesso sistema energetico, con energie in entrata e in uscita differenti durante l’arco della giornata e soprattutto delle stagioni, portando una gestione dinamica e variabile delle tecnologie abitualmente usate per la climatizzazione tradizionale.
Le variabili in gioco sono molto elevate ed è necessario trovare il punto d’incontro tra le preferenze dell’utente e tutti i particolari tecnici a cui prestare attenzione per creare un progetto che soddisfi le esigenze.
Ma non voglio annoiare, Voi lettori, con tutto questo tecnicismo….quindi, guardando al futuro, il passo successivo sarà trasformare gli edifici a zero emissioni in edifici a zero impatto ambientale, chiudendo il ciclo di produzione, installazione e smaltimento senza impattare con sostanze nocive, sul Nostro prezioso territorio.
Diamo un po’ di numeri…
L’Italia è al primo posto in Europa per quanto riguarda la percentuale di emissioni di CO2 (17,5% sul totale europeo) imputabile agli usi energetici nel comparto abitativo.
Dei circa 13,7 mln di edifici esistenti in Italia, 12,1 mln sono adibiti ad uso residenziale e i restanti 1,6 mln ad uso non residenziale.
Quasi il 70% di questi edifici è stato realizzato prima che venisse introdotta qualsiasi norma sull’efficienza energetica in edilizia, ovvero prima del 1976, e un quarto del patrimonio edilizio non ha mai subito alcun intervento di manutenzione o riqualificazione.
Giova ricordare, da ultimo, che la riduzione dei consumi energetici è ancora più importante se si tiene conto che l’Italia si contraddistingue in Europa per l’elevata dipendenza energetica.
Con previsioni di una crescita dei consumi tendenziali nei prossimi anni, il nostro Paese dipende dall’estero per oltre l’85% del suo fabbisogno di energia primaria, il che si traduce in un incremento dei costi di approvvigionamento, che a loro volta si scaricano sul prezzo dell’energia per l’utilizzatore finale.
Le tecnologie
Mettendo in ballo un po’ di necessaria tecnica, i sistemi per l’efficienza energetica negli edifici possono essere classificati in due categorie:
1)soluzioni che consentono una riduzione dei consumi di energia elettrica o termica (sistemi di illuminazione, elettrodomestici, sistemi efficienti per la produzione di energia termica);
2)soluzioni che consentono una riduzione della dipendenza dall’approvvigionamento di energia elettrica o di combustibile (tipicamente gas naturale) utilizzato per la produzione di energia termica, a parità di consumi(gli impianti fotovoltaici, minieolici, i sistemi solari termici e le caldaie a biomassa solida).
E’ possibile l’applicazione di queste tecnologie sia negli edifici residenziali che in quelli non residenziali, tra cui, in particolare, uffici, scuole ed università, ospedali, alberghi e ristoranti, edifici.
Dagli studi condotti dal Politecnico di Milano il quadro che emerge è particolarmente interessante.
Innanzitutto è evidente come la quasi totalità delle soluzioni di efficienza energetica per il “non residenziale” sia già oggi conveniente in “assoluto” sia per interventi su edifici esistenti che, a maggior ragione, per le nuove realizzazioni.
Chiaramente, da usuale amante del dibattito costruttivo, apro la strada ad eventuali critiche o obbiezioni.
Ma quali sono le possibilità per rendere energeticamente autonomo un edificio pubblico?
Per rispondere a questa “difficile”, domanda, ho fatto non poche ricerche ed ho consultato esperti navigati nel settore, che mi hanno fornito numerosi spunti interessanti.
Il punto certo a cui tutti convengono è che non può esistere una metodica univoca per raggiungere il risultato dell’autonomia energetica di un edificio, perché questo aspetto è estremamente ambizioso (e forse irraggiungibile, se non a prezzo di gravi perdite economiche, nel caso di edifici molto energivori come gli ospedali), e quindi caso per caso i progettisti devono capire ed analizzare come raggiungerlo (per fortuna dico io: altrimenti non servirebbero più i progettisti...).
Ci sarebbe anche un’appunto da fare.
C’è una diatriba in atto.
Per molti professionisti del settore NZEB non sta per struttura energeticamente quasi “autonoma”, ma per net , ossia edificio che immette nella rete più energia(o al limite uguale) di quella che preleva, il che è ovviamente diverso dal dire "energeticamente autonomo": un tale edificio usa la rete, per immettervi il surplus di produzione nei momenti "buoni" e ri-prelevarlo nei momenti in cui si consuma di più: è soltanto la sommatoria che è positiva (mentre per "autonomo" si tende ad intendere un edificio che della rete fa proprio a meno, o la usa soltanto per immettervi un surplus, senza prelevare mai).
Và quindi precisato che il net zero energy building è certo un obiettivo molto più raggiungibile, dell'autonomia "totale"!!!
In conclusione, per rispondere alla mia domanda su quali siano le possibilità per rendere energeticamente autonomo un edificio pubblico, le risposte sono due:
1) DIPENDE.
2.)Scegliere dei validi interlocutori ben referenziati e che abbiano reali strumenti alle spalle nonchè una filiera ed una rete solida e qualificata.
L’esempio di un NZEB “pubblico”: l’ospedale.
Prendiamo l’esempio ipotetico dell’Ospedale di Teramo (l’analisi è chiaramente condotta per assurdo, non disponendo io dei dati), potrebbe essere reso autonomo con un impianto cogenerativo a biomassa che copra quasi tutto il fabbisogno elettrico (più quel po' di fotovoltaico che è sufficiente per coprire le punte estive del carico frigorifero), ed il fabbisogno di calore, e potrebbe servirsi anche del recupero termico fornito da un impianto geotermico, che copra il fabbisogno invernale di calore residuo.
Se ci fosse abbastanza vento, si potrebbe anche pensare di costruire un "pilone" con un impianto eolico di grande dimensione e posizionarlo sul tetto...
Ammetto, sempre per assurdo, che potrebbe trattarsi di un intervento tecnicamente fattibile ma che così organizzato porterebbe a un rientro ultra-decennale della somma spesa: è possibile che il rientro superi addirittura la vita utile dell'impianto stesso, rendendolo così fortemente antieconomico.
Ma se per esempio noi accettassimo di produrre l'elettricità non più con la biomassa ma col metano, e di non produrne il 100% ma solamente l'80-85% (acquisendo magari il 15% residuo tramite un contratto RECS, che ne garantisca la provenienza da rinnovabile), e di utilizzare invece la biomassa per coprire il calore residuo (incassando così la relativa incentivazione), l'operazione potrebbe anche trasformarsi in un investimento assai redditizio.
L’esempio per assurdo, puo’ essere ripetuto e riformulato per qualsiasi altro edificio, ma la cosa importante e che bisogna capire gli intendimenti della committenza, focalizzarsi sul soggetto dell’analisi: di solito il fine non è quello di “rimetterci” i soldi, cosa che peraltro potrebbe essere accettabile per ragioni di immagine (es. una società che costruisce la sua nuova sede a zero energia).
Quindi bisogna capire fino a quale punto si vuole spingere il concetto, visto che per raggiungerlo integralmente occorre penalizzare la redditività (e investire molto più denaro).
L’esempio di un NZEB “privato”: il Condominio Adelina.
Non tutti sanno che…l’Abruzzo gode di un primato.
Un eccellenza chiamata Adelina.
Questa nostra celebre “amica” vive a Tortoreto ed è il primo condominio italiano in classe energetica A+ (http://www.rinnovabili.it/greenbuilding/in-abruzzo-il-primo-condominio-in-classe-a/), dotata di sistema impiantistico integrato, isolamento acustico, impianto aspirapolvere, sistema di videosorveglianza e coibentazione di ultima generazione, ascensore e zero spese condominiali.
E’ interessante sottolineare che una casa "normale" consuma 17 metricubi di gas per ogni metro quadrato, Adelina ne utilizza 1,5, ovvero più del 90% in meno (almeno così è dichiarato!).
Tengo a ribadire che la Classe A+ però non si raggiunge solamente attraverso un involucro dall'alta efficienza energetica ma anche mediante un sistema impiantistico integrato. Infatti questo condominio, oltre a non consumare energia, produce quella necessaria per la climatizzazione degli ambienti mediante un Sistema Impiantistico Integrato completamente basato sull'utilizzo di Energie Rinnovabili: Geotermia, Solare Termico e Solare Fotovoltaico.
Sorvolando sulle note tecniche, che “i più curiosi” potranno consultare, il risultato finale sarà un abbattimento delle bollette, delle spese condominiali e l’incasso di una piccola rendita grazie al contributo statale per la produzione di energia da fonte rinnovabile. (Dec. Min. 06/08/2010).
Amo la bellezza per la mia Regione e questo ne era un necessario esempio!
I meccanismi di incentivazione aiutano?
Posto il fatto che, dal mio punto di vista, a prescindere da sovvenzioni statali , rendere un edificio energeticamente ( sia da un punto di vista termico che elettrico ) autonomo o fare in modo che ci si avvicini , è sempre conveniente.
Ne gioverebbe sia l'ambiente che la comunità.
Qui in Italia purtroppo le costruzioni molto spesso sono termicamente male isolate , non si utilizzano led , vetri fotovoltaici ... e di certo la regolamentazione in materia è si un buon inizio ma non è ancora abbastanza.
Chiaramente gli incentivi aiutano, anche se in certi casi sono inaccessibili al pubblico: in questi casi conviene quindi trovare un partner privato che li possa incassare.
Diciamo che esistono diversi punti di vista. L’importante è aggrapparne uno.
C’è anche chi dice che rendere un edificio completamente autonomo non è conveniente mai.
Sono convenienti invece due cose:
a) per gli edifici che consumano molto (come gli ospedali), ribaltare il paradigma dell'edificio come consumatore di energia: l'edificio deve diventare produttore della propria energia, autoconsumarla (risparmiando cifre ingentissime) e "irradiare" il surplus al suo intorno (garantendo benefici anche agli edifici vicini, grazie al recupero di energie altrimenti scartate nel processo di produzione)
b) per gli edifici che consumano abbastanza (uffici e simili), ridurre drasticamente questa dipendenza (diciamo in prima battuta alla metà, o anche meno), senza annullarla, ma utilizzando la rete come interscambio per i surplus istantanei nei due sensi.
Quindi la linea comune è che, incentivi o non incentivi, bisogna viaggiare nella direzione di ridurre i consumi. E bisogna fare presto!
E le scuole?
Le scuole meritano un discorso a parte. Se ragioniamo soltanto economicamente non varrebbe la pena fare quasi nulla, vista l'esiguità dei costi energetici, ma non bisogna dimenticare che le scuole hanno una fine più alto, un fine educativo importantissimo per chi ci vive dentro, un fine che non può essere trascurato.
Perciò sarebbe cosa assai buona usare parte del surplus economico ottenuto con le riqualificazioni convenienti, per riqualificare molte scuole in difficoltà. Noto è, infatti, l'investimento in crescita etica e intellettiva è sempre più redditizio di qualsiasi altro!
E gli edifici “pubblici”?
Partiamo dal presupposto che un edificio "pubblico" non è come qualsiasi altro edificio: i dirigenti pubblici sono sottoposti a vincoli di bilancio che un privato non ha, ed hanno restrizioni nell'accesso al credito che un privato non ha: tenerne conto è essenziale per svolgere compiutamente il proprio ruolo.
Quanto al fabbisogno, esso non è costante, nè durante la giornata (di solito di giorno è molto maggiore che di notte, per es.) nè durante la settimana (di solito nei weekend diminuisce) nè durante l'anno (di solito in estate occorre più energia elettrica, d'inverno in compenso occorre più riscaldamento).
Se il consumo fosse costante sarebbe facile far diventare autonomi gli edifici; ma gli impianti (in particolare quelli che producono elettricità) sono costosi, e quindi vanno installati ed usati a regime, non per essere tenuti fermi o parzializzati.
E’ materia non semplice, certo, ma ci sono fior di progettisti che vivono e lavorano di questo! Bisogna solo scegliere quando iniziare a costituire un buon piano energetico e contattarli!
Il Punto di Svista Della Regione.
La Regione Abruzzo non ha ancora legiferato in materia di certificazione energetica degli edifici. Si applica quindi la normativa nazionale( basata sul Dlgs 19 agosto 2005, n. 192 e sui suoi decreti attuativi, tra cui le Linee Guida nazionali alla certificazione energetica (Dpr 2 aprile 2009) e il Regolamento sul Rendimento energetico in edilizia (Dm Sviluppo economico 26 giugno 2009)).
Invece pare che il Lazio, il Molise, le Marche, siano già dotati di una buona legge regionale in materia di certificazione energetica.Mi pare siano anche nostri vicini, quelli del …”lavorare lavorare lavorare, preferisco il rumore del mare”.
Il punto di vista dell’ingegnere.
La Provincia di Bolzano è stata la prima, nel 1997, a dotarsi di una legge in materia di certificazione energetica degli edifici.
Nel 2004 è stato emanato il regolamento di esecuzione che ha introdotto lo standard CasaClima/ KlimHaus. Nel giugno 2012 la Provincia di Bolzano ha attuato la Direttiva 2010/31/UE stabilendo che dal 1° gennaio 2015 i nuovi edifici dovranno essere almeno in classe CasaClima A .
Domande:
Mi chiedevo:
1) Le competenze delle regioni in materia di energia e di risparmio energetico (riforma titolo V della Costituzione);
2) L’obbligo del piano energetico regionale( legge del 9 gennaio 1991, n10, Art.5);
3) Gli obiettivi del 2020 del Burden Sharing regionale;
A che punto sono?
Quanti degli edifici pubblici sono stati sottoposti ad analisi di efficientamento?
Chi e come cura e controlla questi aspetti?
5 anni sono tanti per sognare e troppo pochi per fare.
Infondo si sà, l’Abruzzo “e’ sempre in ritardo, per principio, essendo una delle sue teorie che la puntualità è la ladra del tempo “
(Oscar Wilde)
Passo e Chiudo.
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Commenti
Caro Francesco, grazie a questo Blog, sono state aperte 38 inchieste e rinviate a giudizio decine di persone.
Vedrai nelle prossime settimane.
Grazie a questo Blog abbiamo intrapreso battaglie di civiltà e di forza civica, insieme ai cittadini dell'Abruzzo e di Teramo.
Grazie a questo Blog anche un anonimo come te, può commentare e sfogare molto probabilmente un rinvio a giudizio o una querela archiviata.
Su fatti forza.
Un abbraccio.
Caro Francesco, grazie per la tua inversione di marcia. La verità è relativa per chi non ha compreso e ha parlato senza conoscere i fatti. La nostra dimensione quotidiana è oggettiva tra minacce, querele e inchieste. Un mondo di chi ci mette la faccia, studia e denuncia.
Ti assicuro, ci vuole solo senso civico e desiderio di cambiare la propria società.
Basterebbe essere onesti.
Non ti sembra una proposta rivoluzionaria?
T'invito, comunque, a non uscire fuori dall'aogomento dell'articolo dell'Ing. Ciminà.
Grazie e buona Giornata.