Dell’Università di Teramo e del Rettore Luciano D’Amico ai teramani non gliene frega un c****, soprattutto alla classe politica quella che dovrebbe avere più a cuore la questione. La dimostrazione la si è avuta nel corso della conferenza stampa con gli auguri per l’anno a venire e il bilancio di quello appena trascorso.
Eppure basterebbe un minimo di lungimiranza politica per capire che Teramo si può risollevare dalla sua depressione solo sposando la causa universitaria. Un do ut des dove la città può ricevere più di quanto riceva oggi stesso dall’apporto di migliaia di studenti. A Teramo l’artigianato è defunto, l’industria non ha mai preso piede, i servizi hanno divorziato dalla città senza nemmeno pagare gli alimenti.Rimane l’università e non è cosa da poco. Basti pensare che ci sono città che sono tali proprio grazie alla presenza di studenti, facoltà, vita quotidiana che oggigiorno molti chiamano movida. Ma non solo quella, c’è anche tanto altro.
Il rettore D’Amico nella sua presentazione ha fatto di tutto di più, tanto che la stessa Rai impallidirebbe per il suo slogan. Di fatto l'università oggi rappresenta Teramo, e lui, D’Amico, al contrario dei suoi predecessori, ha scelto di chiudere tutte le sedi lontane. Sia per risparmiare, sia per accentrare l’università in poche strutture. L’Università di Teramo può far girare l’economia dell’intera città, mettere le basi per un qualcosa che oggi non esiste più, o forse non è mai esistito, che servirà sicuramente fai futuro.
I politici presenti alla conferenza stampa del Rettore D’Amico erano Dodo Di Sabatino e il presidente della Provincia Renzo Di Sabatino.
Il rettore in maniera molto diplomatica ha detto di non aver fatto inviti alla classe politica né parlamentare né regionale né comunale.
Però Dodo Di Sabatino è stato salutato in rappresentanza del sindaco Brucchi che evidentemente non ha a disposizione neanche un assessore da mandare all’università.
Proprio Di Sabatino voleva una poltrona da assessore, ma è all’opposizione o forse, dietro le quinte, con qualcuno della maggioranza in un’ottica di future elezioni. Renzo Di Sabatino ha in mano un ente che non serve più, che dopo il referendum verrà rivisitato un’altra volta. Tutti gli altri politici non c’erano.
Non sono stati invitati, ma forse non erano stati invitati neanche quelli presenti.
Quindi possiamo sottolineare che sarebbero venuti solo per visibilità, perché a un invito non si dice mai di no, soprattutto quando c’è da fare passerella.
Non perché hanno a cuore il futuro di Teramo, che necessariamente dovrà passare anche e soprattutto attraverso l’università.
Quei politici che non hanno voluto sentire il rettore in consiglio comunale sul progetto della funivia che, per quanto strampalato possa apparire in prima istanza, potrebbe essere una soluzione per il futuro. Quei politici che hanno cura del proprio orticello, del comitato di quartiere a loro vicino che porta voti, che sperano di tornare in consiglio comunale senza progetti, senza idee, continuare a fare vivere Teramo nella depressione.
Ecco perché forse a D'Amico sarebbe utile una sorta di tabula rasa della politica, un vero e proprio voltare pagina, dove nuove persone, nuove idee si proporrebbero all’orizzonte.
Anche nel Pd pare ci sia solo Renzo Di Sabatino ad aver capito il ruolo dell’Università.
Tutto il resto è desolazione, a cominciare dal segretario provinciale per arrivare al segretario comunale e ai rappresentanti in Regione e al Parlamento.
Se la lezione di Renzi non è servita per capire allora è il caso di chiedere a Montorio di diventare capoluogo di provincia tanto nessuno si accorgerebbe della differenza. Fabio Capolla
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