La rivoluzione culturale che attende Teramo inizierà con la “caduta” dei Palazzi Adamoli e Salvoni.
Nell’estate 2000, il Signor Adamoli, proprietario dell’omonimo palazzo, mi chiamò una sera al telefono chiedendomi un appuntamento urgente per informarmi che l’8 giugno 2000, aveva sottoscritto un compromesso di vendita del suo immobile in favore di una società privata e mi chiese, anzi mi invocò, di fare il possibile perché il Ministero per i Beni culturali esercitasse il diritto di prelazione e impedisse che nell’edificio in vendita venissero realizzati mini appartamenti, come da progetto già approvato, nonostante il sottostante teatro romano fosse sottoposto a vincolo archeologico.Il giorno seguente mi recai a Roma, ne parlai al Ministro e nel giro di qualche giorno il Ministero formalizzò il decreto datato 23.8.2000, con il quale intendeva esercitare il diritto di prelazione stanziando la somma di 905 milioni di Lire. L’atto fu inviato dal Ministero alla Soprintendenza archeologica di Chieti territorialmente competente, perché effettuasse, entro il termine di 60 giorni, la notifica del decreto alle parti contraenti.
La mia felicità fu grande ed entusiastica la reazione del Sig. Adamoli allorchè lo informai telefonicamente della volontà espressa del Ministero. Purtroppo la Soprintendenza archeologica di Chieti non notificò nei termini di legge il decreto ministeriale con la conseguenza che Palazzo Adamoli divenne proprietà dell’Immobiliare Costa Verde s.r.l. e lo stanziamento ministeriale di ben 905 milioni di lire andò irrimediabilmente perduto. Fu dunque allestito il cantiere per la realizzazione dei mini appartamenti. Ma qualche mese più tardi si seppe che la stessa società avrebbe manifestato l’interesse a vendere l’immobile ad altra società del nord. Ne fui informato e dopo un tentativo presso il Ministero per i Beni Culturali con prevedibile esito negativo, mi rivolsi all’allora assessore regionale alla cultura Bruno Sabatini, invitandolo ad esercitare con urgenza il diritto di prelazione, atteso che il Codice dei Beni Culturali aveva esteso l’esercizio del diritto di prelazione anche ad altri soggetti, quali Comuni, Province e Regioni.
Così avvenne, il Palazzo fu acquistato, ma a che prezzo: un milione e 200.000 Euro, ovvero tre volte il prezzo della prima vendita.
La regione Abruzzo, divenuta così proprietaria del Palazzo sottoscrisse nel 2006 un protocollo d’intesa con il Comune di Teramo volto al comune intento di recuperare il teatro romano di Teramo previo abbattimento di Palazzo Adamoli. Benché fosse nella condizione di procedere autonomamente all’abbattimento dell’immobile, la Regione preferì affidarlo alla Soprintendenza regionale ai Beni Culturali, incaricata, in qualità di soggetto attuatore, di procedere al suo abbattimento, previo trasferimento in suo favore, della somma di 800 mila Euro, IVA compresa. Nel luglio 2007 presero avvio i lavori per lo “ smontaggio “ di Palazzo Adamoli , così era scritto nel cartello di cantiere della società SI.RE.CO. s.r.l., incaricata dalla Soprintendenza regionale.
Ma ben presto i lavori furono sospesi, nonostante le proteste di Teramo Nostra, le interrogazioni parlamentari, gli interventi di Marco Pannella, del Sottosegretario Zamparutti e dell’Archeoclub d’Italia. Nonostante tutto, i lavori restavano inspiegabilmente sospesi. Ma nei mesi precedenti si era registrato una continuo movimento di camion che trasportavano all’interno del cantiere materiali da costruzione, cemento, mattoni, traversine in acciaio, del tutto incompatibili con i lavori di abbattimento dell’edificio.
Il 30 gennaio 2008, in qualità di direttore della rivista Abc Abruzzo Beni Culturali, d’intesa con l’Associazione Teramo Nostra, fu promossa una conferenza cittadina nella sala consiliare del Comune di Teramo per fare finalmente luce sull’andamento dei lavori, o meglio sulla inspiegabile situazione di stallo degli stessi, e soprattutto per verificare la reale volontà politica dei diversi soggetti pubblici a vario titolo interessati al progetto, a sostenere o meno, l’abbattimento di palazzo Adamoli.
La conferenza fu preceduta dalla proiezione di un breve filmato da me realizzato attraverso il quale fu graficamente e visivamente messo in luce come l’abbattimento di Palazzo Adamoli e del Palazzo Salvoni avrebbe favorito il recupero quasi integrale delle gradinate inferiori e superiori del teatro romano. L’Assessore regionale alla Cultura, Betti Mura, intese riaffermare il ruolo determinate che l’Amministrazione regionale aveva giocato nell’esercitare il diritto di prelazione sul contratto di compravendita del Palazzo Adamoli. LA mura ricordò, a chi non lo avesse ancora compreso, che l’edificio, divenuto di proprietà regionale, fu messo a disposizione della Soprintendenza regionale per il suo abbattimento con una dotazione di oltre 800 mila Euro; concluse riaffermando la piena e incondizionata volontà della Regione a portare a conclusione il progetto. La Soprintendente regionale Anna Maria Reggiani assicurò che entro il mese di maggio 2009 i lavori sarebbero stati conclusi.
Il Sindaco di Teramo Gianni Chiodi dichiarò il totale sostegno della sua amministrazione al progetto e con grande enfasi annunciò la istituzione di una commissione che avrebbe quotidianamente monitorato l’andamento dei lavori di abbattimento del palazzo. Dalla conferenza emerse dunque una condivisa posizione: ultimare l’abbattimento del Palazzo Adamoli e reperire le risorse per l’acquisto e la demolizione della parte di proprietà della famiglia Salvoni. Ci si lasciò con la sensazione che la cultura avesse preso il sopravvento sulle divisioni originate dalla politica, sulle titubanze e i tatticismi ingiustificati, e il convincimento che si sarebbero presto reperite le risorse necessarie per far sì che i ruderi del teatro romano di Interamnia tornassero al centro di un grande progetto urbanistico di rilancio della città di Teramo. Sembrava si fossero create le condizioni perché quello che duemila anni fa ha rappresentato il più grande luogo di spettacolo della città, tornasse a svolgere il suo ruolo reintegrandosi armonicamente con le strade e gli edifici della città moderna. Chiacchiere. Unicamente chiacchiere. A nove mesi dalla conferenza, contrariamente a quanto affermato da tutti e segnatamente dalla Soprintendente Reggiani, che aveva finanche indicato la data di conclusione delle operazioni di abbattimento entro il mese di maggio 2009, la città ricevè in regalo un nuovo edificio al posto di quello che avrebbe dovuto essere abbattuto.
Un nuovo edificio ristrutturato e consolidato con nuovi e saldi solai. In più dotato all’esterno di 4 orrendi e colossali contrafforti verniciati di bianco per tenere in piedi – così sostennero i tecnici della soprintendenza - un pezzo della proprietà Salvoni, ancora non acquisita al patrimonio comunale. A questo punto mi pongo alcuni interrogativi.
Siamo ancora in tempo, signori giudici? La prima domanda che tutti sono legittimati a porsi è la seguente: chi ha fatto scadere il termine per l’esercizio del diritto di prelazione da parte del Ministero per i Beni Culturali? E’ stata avviata una indagine? In ogni caso è possibile che nessuno abbia pagato?
La magistratura contabile ha preso nota che per l’acquisto con risorse pubbliche di Palazzo Adamoli è stato pagato, a distanza di pochi mesi, tre volte il suo valore?
E’ possibile che nessuno abbia chiesto alla Regione di dimostrare quali azioni abbia intentato nei confronti della Soprintendenza regionale ai Beni Culturali per la mancata esecuzione del contratto avente ad oggetto la demolizione non avvenuta di Palazzo Adamoli?
Qualcuno ha mai rilevato che la Soprintendenza regionale ha ben pensato di affidare ad uno studio di Roma un incarico di consulenza per definire le modalità tecniche di smontaggio di Palazzo Adamoli ( sic! ) versando al consulente 200.000 Euro, ovvero un quarto dell’intero budget ricevuto dalla Regione ?
E che i restanti 436.000 Euro ( al netto di IVA ) sono stati spesi, attraverso la SI.RE.CO. di Roma, per “ricostruire il palazzo” allorchè, a dire della Soprintendenza, si sono avveduti- solo in corso d’opera - che l’abbattimento totale di Palazzo Adamoli avrebbe potuto provocare il cedimento dell’attiguo Palazzo Salvoni ? In più sembrava che un vano di Palazzo Adamoli non risultasse ancora trasferito in proprietà alla regione Abruzzo.
Avete capito bene. La Soprintendenza regionale, dopo aver pagato 200.000 Euro in consulenze per farsi consigliare come abbattere l’edificio, si è avveduta casualmente delle criticità che avrebbe potuto provocare la demolizione di Palazzo Adamoli.
“ Il teatro delle beffe” è il titolo dell’articolo che nell’immediato ho scritto sulla rivista ABC per denunciare nei dettagli la gravità della situazione. Non parliamo dei comunicati stampa, delle proteste rivolte al Ministero per iniziativa della benemerita, infaticabile Associazione Teramo Nostra.. Tutto inutile. Silenzio assoluto. E la Regione proprietaria dell’immobile? Nella certezza, a quel punto, di avere gettato alle ortiche, tra acquisto e somme destinate all’abbattimento dell’immobile la modica somma di 2.000.000 di Euro, la Regione non ha mosso dito. Soldi pubblici gettati nella spazzatura e nessuno che si sia assunto l’onere di tentare di accertare se qualcuno avesse delle responsabilità. E il Comune? idem! Nulla, silenzio assoluto. Come se il progetto si stesse realizzando al di fuori del suo territorio. E’ possibile che nessuno degli uffici tecnici del comune di Teramo si sia chiesto se nelle attività di demolizione/ricostruzione di Palazzo Adamoli fosse stata violata qualche norma edilizia? E’ possibile che nessuno si sia domandato come sia stato possibile da parte della ditta incaricata dalla Soprintendenza di invertire l’oggetto dell’intervento da “smontaggio dell’edificio “ come era scritto nel cartello di cantiere affisso sulla fiancata di Palazzo Adamoli , in ricostruzione dell’edificio, con l’aggiunta di giganteschi contrafforti?
Siamo ancora in tempo, signori giudici, per fare chiarezza su questa scabrosa vicenda? Anche se gli eventuali reati si saranno prescritti? I danni erariali certamente no! Salvate il “soldato Brucchi”.
Giunge la notizia che dopo tanti anni di inutili e fasulle dichiarazioni politiche, di false aspettative, di errori burocratici, colpi di scena, finanziamenti scomparsi, di aggiudicazioni revocate, ecc., il povero sindaco Brucchi è finalmente in grado di annunciare che il Ministero ha assegnato un milione e 500.000 Euro per il teatro romano di Teramo.
Molto bene! Non va però omesso un piccolo particolare. Ovvero che detto finanziamento risale ad un impegno che la Soprintendenza regionale assunse, con la sottoscrizione del protocollo d’intesa siglato il 22 dicembre 2009, ben sei anni fa.
Sei anni di attese che difficilmente potranno tradursi nel risultato di un’ azione politica virtuosa, come vorrebbe evidenziare l’enfatico comunicato stampa con il quale il Comune di Teramo ha annunciato la notizia.
Comunque ne siamo felici. Ma in forza di che cosa il Sindaco Brucchi si sente di poter affermare che dopo l’estate sarà definita la progettazione?
Di cosa?
Dei famosi 4.500.000 di Euro preventivati per il primo step dell’intervento da Comune, Regione, Ministero per i Beni Culturali e Fondazioni, mancherebbero all’appello, se non erro, 3 milioni di Euro.
Mi permetto di escludere per ora la effettiva disponibilità della somma di 325.000 Euro solo annunciata dal Presidente della Regione. Il quale, oltre a dover rendere disponibile la somma di 1.500.000, come quota parte regionale, dovrebbe favorire, come sarebbe logico, il trasferimento della proprietà di Palazzo Adamoli in capo al Comune di Teramo.
Lo farà? Temo proprio di no.
E allora, con il solo contributo ministeriale cosa farà il Sindaco Brucchi? Farà approvare un progetto privo di coperture finanziarie e privo della materiale disponibilità di un bene essenziale al recupero delle gradinate del teatro romano, ovvero di Palazzo Salvoni, mai espropriato e il cui valore accertato nel 2008 ammonta a Euro 732.240,00? Non mi si giudichi polemico ed eccessivamente critico. Descrivere la grave situazione di una storia che ci trasciniamo male da decenni e che non si concluderà domani, né dopodomani, non mi fa piacere. Chi mi conosce bene sa quante battaglie ho fatto per tentare di migliorare le sorti della nostra città. Credo sia positivo fornire informazioni utili a chi non conosce i risvolti di questa vicenda perché possa farsi un’idea autonoma e corretta e partecipare al dibattito con maggiore cognizione. Degli ultimi tre sindaci della città, Angelo Sperandio, che fin da subito ha opposto un netto e ingiustificato rifiuto alla acquisizione di Palazzo Adamoli, Gianni Chiodi che ha tenuto un costante atteggiamento equivoco e mai risolutivo, Brucchi, che io non condivido come Sindaco, è l’unico che sotto un’ incalzante pressione ( Teramo Nostra in primis ) si è quantomeno impegnato, in modo confuso, senza ottenere grandi risultati, ma lo ha fatto e lo sta facendo. Criticarlo e basta non conviene a nessuno. Il suo interlocutore più ostico sarà il presidente della Regione D’Alfonso che potrebbe non avere un interesse politico a favorire Brucchi nell’avvio di un progetto che porti al virtuoso recupero del teatro romano. In questo, da Teramani, bisognerà stare dalla parte di Brucchi e sostenerlo.
Come? Facendo opinione. Un’opinione forte e condivisa che prende le mosse dal convincimento che il recupero del teatro di Teramo è il più grande investimento per la città.
Recuperare ed esaltare la memoria storica è un dovere per tutte le comunità, grandi e piccole che siano, dal borgo di montagna alla metropoli.
Per Teramo questo nobile impegno di civiltà non può che tradursi in un “imperativo“ al quale non può sottrarsi, possedendo essa, com’è a tutti noto, un patrimonio invidiabile che la pone, senza alcun dubbio, tra le città archeologicamente più ricche d’Italia.
E’ questa la sua unica grande specificità, con la quale e attorno alla quale è ancora possibile costruire uno straordinario progetto, sapientemente indirizzato ad una virtuosa integrazione tra antico e moderno. Se Brucchi ce la farà dovremo gioirne.
Ciò che importa è che la città avrà avviato una nuova fase della propria storia. Ora tutto dipende da noi, dalla volontà di appropriarci di questo obiettivo, portare a termine il recupero del teatro romano e porlo al centro di un grande parco archeologico urbano. Entrare nel progetto, discuterlo, rifletterlo, condividerlo e farlo proprio scatenerà una sinergia impetuosa, capace di resistere a chi alza ancora inutili barriere e avviare un nuovo rinascimento della città, in piena armonia tra l’antico e il moderno. 27 ani fa, lo cito per memoria, il 13 febbraio 1989, in qualità di consigliere comunale in rappresentanza della Lista Civica “Teramo e Frazioni”, illustrai al Consiglio un mio documento sul futuro della città basato sulla valorizzazione del suo ingente patrimonio archeologico. In particolare, il recupero del teatro romano veniva indicato come una autentica svolta culturale, sociale ed economica della città : “Il recupero del teatro romano sarà il più grande investimento che la città abbia mai fatto nella sua storia moderna. Molte opportunità si sono perse in passato, ma c’è ancora tempo per dare vita ad un complessivo intervento di recupero e valorizzazione del patrimonio esistente, partendo dall’area del teatro romano, un monumento che ha avuto da sempre un ruolo cruciale e strategico nel sistema urbano della città storica. Teramo potrà così candidarsi a divenire punto di riferimento fra le città archeologiche del centro Italia con l’obiettivo di intercettare una buona fetta di domanda di turismo culturale. Il monumento recuperato avrà la funzione di “ terminal ” di un viaggio nel tempo un percorso attraverso la vita quotidiana dell’antica Interamnia tra le ville private, il Foro, l’Anfiteatro, la Basilica . Il teatro riacquisterà l’originaria destinazione d’uso per ospitare stagioni liriche, concertistiche e teatrali, costituirà spazio vitale per i giovani e saprà ricreare quell’armonico equilibrio tra uomo e ambiente, fortemente compromesso dagli squarci urbanistici del passato “.
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Vorrei chiedere un chiarimento al Signor Mazzitti.
Il parziale smontaggio di Palazzo Adamoli avvenuto nel 2007 era il frutto dell'attuazione delle disposizioni in materia di tutela indiretta previste dagli articoli 45-47 del dlgs 42/ 2004?