Il bus ha aperto le porte.
Il piazzale San Francesco di Teramo è accogliente.
Una bella edicola.
Un bar pulito con educazione e professionalità.
Poi, due panchine divelte, alberi potati a metà e un mare di bottiglie di vetro, carta, lattine, buste di plastica.
Pochi metri e la doppia faccia di una Città che non è capoluogo ma simbolo di una Provincia senza identità.
Un gioco multi razziale.
Italiani, Senegalesi, Marocchini e Albanesi.
Ti controllano.
L'ultimo libro di Antonio Manzini non è sospetto.
Le foto raccontano del dopo banchetto.
Nessuna babele.
L'inciviltà come lingua in comune.
Sempre così.
Sempre senza telecamere e senza controlli.
Qui Teramo si perde.
Proviamo a lamentarci e siamo investiti da altre invettive.
"Fatti i cazzi tuoi". "Che cazzo vuoi".
Intorno, chi attende, fa finta di nulla.
Insistiamo.
Uu ragazzo raccoglie il pacchetto di sigarette e la carta della pizza.
La felpa e il cappuccio ci proibiscono lo sguardo.
Ha gli occhi scuri.
"Un'appallottata" gigante.
Il lancio per fare canestro verso un cestino pieno, risulta corto.
Non ha un buon tiro da tre.
Va tutto a finire a terra.
Ridono.
Raccolgo e me ne vado.
Domani ritorno.
Una vergogna a cui non dobbiamo abituarci.
Mai.
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