Ogni tanto mi capita di incontrare ex comunisti che, senza avere il coraggio di definirsi pentiti, e nemmeno ex-comunisti, si limitano a fare, dire e (chissà) forse anche pensare, cose e concetti che certamente comuniste non sono, anzi, sono agli antipodi del comunismo.
Il campo in cui questi non pentiti ma revisionisti del loro pensiero brillano di più è quello economico. Dopo aver tentato per anni, per decenni, di convincerci (per fortuna in Italia solo con le buone) che lo statalismo era cosa buona, così come la pianificazione di tipo più o meno sovietico, oggi predicano una sconfinata fiducia nel libero mercato e nelle sue leggi. Lo considerano come un totem, una divinità, alla quale si inchinano, riverenti, cercando di convincerci (per fortuna ancora con le buone) che il liberismo economico non deve avere né limiti etici né politici e, soprattutto, non deve incontrare ostacoli.
A sentirli parlare e a seguire le loro scelte si rimane sorpresi. Quanto calore nelle loro affermazioni! Quanto intimo convincimento! Cosi come nel passato negavano il libero mercato, oggi lo affermano, lo usano come un grimaldello per aprire qualsiasi porta e per spiegare qualsiasi decisione e, mi dispiace, anche per giustificare qualsiasi sopruso da parte di quelli che nel mercato oggettivamene fanno valere fino in fondo la forza del loro strapotere economico.
Dio li perdoni! Non hanno freno. Le leggi del mercato ai loro occhi impongono un rigido determinismo, lo stesso che essi vedevano rappresentato nello statalismo di tipo totalitario. Hanno accettato l'idea che il mercato sia come una giungla dove vince il più forte, dove non ci devono essere limiti alla libertà di intrapresa economica anche quando dovrebbero essercene per impedire quello che una volta consideravano (seguendo la regola massima del rinnegato Marx) i peggiori dei mali: lo sfruttamento dell'uomo da parte dell'uomo, la mercificazione del lavoro, l'eliminazione di ogni forma di socialismo inteso come equa distribuzione delle risorse. A sentirli parlare si rimane senza parole, Loro ne hanno a bizzeffe. Continuano a ritenersi maestri e si ritengono in dovere di spiegare agli altri perché sbagliano pensando cose diverse, e senza avvertire la necessità e il dovere di spiegare i propri errori, di quando credevano in cose totalmente diverse da quelle nelle quali dicono di credere adesso e che quindi dovrebbero risultare necessariamente sbagliate anche ai loro occhi.
I nuovi cantori del libero mercato continuano a dirsi di sinistra e di volersi opporre alla destra. Ma si capisce che hanno perso la bussola e non sanno più dove si trova la destra e dove la sinistra, dove l'alto e dove il basso. Ma non gli importa, perché badano soltanto a restare al centro... dei propri interessi.
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