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Operazioni sui malati terminali

di Simona Settepanella
3 minuti

Ha fatto molto rumore in questi giorni la notizia dei 3 chirurghi condannati dalla Cassazione per la morte di una paziente. Molti giornali sono usciti con titoli del tipo "vietato operare malati terminali" o "stop della cassazione alle operazioni inutili", effettivamente molto piu' d'impatto di "la cassazione ha confermato la colpevolezza di 3 medici che, operando una paziente, ne hanno causato la morte lacerando il polo inferiore della milza". Poi, si sa, il titolo e' la confezione che vende il pacchetto, quindi deve essere corto e di effetto. Per non parlare poi delle notizie che ovviamente non servono per informare, ma per vendere i giornali.

Comunque l'informazione sembrava di quelle clamorose e quindi ho cercato di capire cosa effettivamente fosse successo e sono andata a leggere la sentenza che trovate qui (http://www.sanita.ilsole24ore.com/Sanita/Archivio/Normativa%20e%20varie… ). Come al solito mi sono ritrovata a stupirmi della distanza tra il fatto e la notizia. Leggendo la sentenza della corte di cassazione si evince che:

1. i medici sono stati condannati perche', secondo la corte d'appello, operando la paziente le hanno lacerato la milza causandone la morte (anche se i medici si sono difesi dicendo che la milza si e' lacerata in un momento successivo all'operazione);

2. e' stata la corte d'appello a rimarcare che «[..] Nel caso concreto date le condizioni indiscusse ed indiscutibili della paziente [..] non era possibile fondatamente attendersi dall'intervento un beneficio per la salute e/o un miglioramento della qualità della vita», NON la cassazione (come riportato erroneamente da molti giornali). Infatti questa frase e' nella prima parte della sentenza, nel "racconto" dei fatti precedenti;

3. le motivazioni della corte di cassazione sono squisitamente tecniche (tra esse il fatto che non abbiano trovato prove evidenti di estraneita' o insussistenza del fatto al punto 1.).

Quindi nessuna questione etica o divieto di operazione.

A margine: la sentenza d'appello e' stata annullata per prescrizione dei termini. Abituiamoci.

Resta pero' che, nonostante la notizia riportata dai giornali fosse stata falsata il problema esiste reale. Ricordo ancora il racconto di una persona che parlava dell'operazione di un suo famigliare: " il chirurgo ha deciso di operarla lo stesso perche' siamo noi, ma tutti i colleghi ed esperti con cui si era consultato gli avevano detto di non farlo, di lasciarla morire, perche' non valeva la pena rischiare la reputazione o la galera".

Oggi questa donna e' viva e il suo caso sta facendo il giro del mondo: i chirurghi non credevano fosse possibile e ora altri si potranno salvare.
Intanto continuo a chiedermi: e se il chirurgo non li avesse conosciuti cosi' bene avrebbe operato lo stesso? Se fosse stato un altro? Quante volte non n' e' valsa la pena senza che gli interessati lo sapessero?

Capisco bene le posizioni di questi medici e le loro paure: rischiano e molto. Il punto e' che se in diversi hanno detto la stessa cosa allora forse il problema e' di "sistema", forse i chirurghi non sono abbastanza tutelati nel loro lavoro. Allora mi domando: non c'e' un modo per tutelare questi medici? Non e' un diritto del paziente decidere se e di chi fidarsi e se vuole giocarsi quell'unica possibilita' su un milione?

Una persona cara una volta mi disse: "anche una possibilita' su un milione e' piu' di zero possibilita'".
 

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Commenti

Simona, tocchi corde che vibrano molto e nel farlo non ci restituisci verità preconfezionate, risposte assolute, ma dubbi, interrogativi, esigenza di guardare un po' più a fondo. Ho provato a guardare, ho provato a guardare più a fondo. La tua nota descrive due estremi intorno a quei malati che "le probabilità sono molto basse", "l'intervento è rischioso", "sarebbe solo sofferenza in più", "potrebbe non servire a niente", "è solo una possibilità su un milione": da un lato, su un estremo, esplicitamente, medici poco tutelati e, dunque, ragionevolmente poco propensi a rischiare (ma il rischio non dovrebbe essere uno degli aspetti della professione?); dall'altro, sull'altro estremo, medici incoscienti che rischiano con troppa facilità per il gusto della sfida, per il nome (se va male era inevitabile, se va bene diventi immediatamente un mago), per i soldi. La verità, come spesso succede, sta nel mezzo, nel bel mezzo di una vita appesa ad un filo. La libertà di scelta è un diritto inalienabile e ciascuno dovrebbe decidere autonomamente sulla propria vita. Ci sono, però, almeno un paio di elementi che interferiscono, spesso in maniera pesante: il primo riguarda la dipendenza del paziente dal proprio medico, il secondo riguarda la disponibilità completa e concreta di informazioni a supporto delle decisioni. E allora tutto dipende dal medico cui ti affidi, dalla verità che è in grado di offrirti, dalla serietà con cui guarda al tuo diritto più che al suo interesse. Io vorrei scegliere consapevolmente.