Questa volta ho davvero deciso di contare fino a dieci prima di parlare, anzi di scrivere.
No, ho contato fino a venti e anche più. Finora mi ero macerato nell’esecrare che Campitelli e altri nella Teramo Calcio avessero commesso l’errore, grave, di parlare al telefono con personaggi dei quali si conosceva benissimo la scarsissima reputazione. Come si fa anche solo a parlare al telefono con personaggi tanto equivoci quali Di Nicola o Nucifora? Ma, insomma, ci sta anche l’ingenuità.
Se si frequentano i mulini, prima o poi ci si infarina.
Credo che l’errore di Campitelli e del Teramo sia rimasto solo quello e non credo che ci sia stato un tentativo di combine che non avrebbe avuto senso. Devo, però dire, a voce alta, che ancora una volta la cosiddetta “giustizia sportiva” dimostra di non essere né sportiva né giustizia, anzi di non essere nemmeno una cosa seria. Non è una cosa seria.
Non può autodefinirsi giustizia un procedimento giudiziario che si autoassolve definendosi sommario senza riconoscere di non avere nessun elemento che richiami la sacralità della giustizia. Ogni volta che si emette un verdetto, in qualsiasi contesto, anzi, ogni volta che si avanza un’accusa, non ci si può esimere dal presentare prove, o quanto meno elementi indiziari. Contro il Teramo non sono state esibite prove né elementi indiziari, anzi nemmeno congetture, perché perfino le congetture necessitano di un minimo di fattualità e di aderenza alla realtà.
La spropositata richiesta di condanna, che si identifica con una condanna a morte del calcio teramano, è basata sulla sabbia di pensieri vaganti e di sospetti basati sul nulla. E’ stato giustamente rilevato, anche dalla difesa del Teramo, che non c’è uno straccio di prova di un’avvenuta combine e che le intercettazioni sono state interpretate senza un coerente intreccio di ricostruzioni consequenziali. Abbiamo frammenti di frasi a cui sono stati attribuiti significati e sensi del tutto cervellotici. Non abbiamo i nomi dei calciatori che avrebbero venduto la partita, i nomi di coloro che davvero l’avrebbero comprata, non abbiamo le circostanze di fatto, i riscontri, la reale entità le tracce delle somme versate e percepite, non abbiamo nulla, non abbiamo nulla di nulla. Eppure...
Eppure si chiede una punizione esemplare, perché si vuole dare un esempio chissà a chi e per che cosa, forse per liberarsi la coscienza e liberare la coscienza del calcio da vizi antichi e altrui. Non sono ottimista e temo che, magari non nell’esagerata entità richiesta, la sentenza della presunta giustizia sportiva sarà pesante.
In tal caso si sarà costretti a ribadire che la giustizia sportiva non è né sportiva né giustizia e nemmeno una cosa seria, ma solo una buffonata, commessa da buffoni sulla base di un codice autoreferenziale che della giustizia non ha nemmeno l’ombra.
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