Salta al contenuto principale

Una storia teramana " Voci dal Passato"...

5 minuti

 «Fuori Porta San Giorgio», lungo la strada per Bosco Martese (oggi Viale Cavour), la Casa di Cura “Villa Maria”, in piena attività nei primi decenni del novecento, era un «modernissimo Istituto medico-chirurgico, in vista dei più bei monti d’Abruzzo e fornito di perfettissimi mezzi scientifici». Diretta dal Dott. Beniamino De Nigris Urbani, che era anche proprietario di questo bell’edificio, la clinica “Villa Maria” erogava a «prezzi modici», ma con altissima qualità, prestazioni quali «chirurgia, medicina, raggi X, cure elettriche, cure per le malattie dell’orecchio, del naso e della bocca, analisi chimiche, microscopiche e batteriologiche», con un ambulatorio aperto ai pazienti esterni dalle ore 10 alle ore 12.

  Questa rinomata clinica privata rimase in piena attività sino agli anni trenta, quando, mutato il quadro politico dell’Italia di allora, il Direttore, per sottrarsi alle direttive del regime fascista, preferì vendere la sua struttura all’ente Ospedali e Istituti Riuniti di Teramo (che proprio in quegli anni venne a sostituire la precedente Congregazione di Carità), sotto la cui gestione si trovavano l’Ospedale Civile “Vittorio Emanuele III”, l’Ospedale Psichiatrico “Sant’Antonio Abate”, l’Ospedale Sanatoriale “Alessandrini-Romualdi”, l’Orfanotrofio “Savini-Ventili-Ciotti” e diversi altri Istituti sparsi nella Provincia.   Da quale momento, l’edificio «fuori Porta San Giorgio» divenne sede del Brefotrofio di Teramo e tale restò fino a quando questo non fu spostato nella sede dell’attuale Liceo Artistico. Nelle belle stanze della vecchia clinica “Villa Maria”, ora riadattate per il nuovo uso, vennero quindi sistemate le sale parto, le culle, i lettini, i locali per le nutrici. Trasferitosi poi il Brefotrofio nella sua nuova sede di Via Armando Diaz, l’edificio in questione divenne Collegio Femminile “Ventili”, diretto dalle suore del Bambin Gesù, come ancora oggi una targa marmorea posta in prossimità dell’ingresso principale ricorda. Con la soppressione degli Ospedali e Istituti Riuniti e la nascita delle ULSS, l’immobile di Viale Cavour entrò a far parte del patrimonio della ASL, che lo detiene ancora oggi e che lo ha utilizzato, in epoca assai prossima a noi, come RSA e comunità protetta sino alla sua definitiva chiusura, qualche anno fa.   Da quel momento, l’edificio che per oltre un secolo, a vario titolo, ha curato, accolto e aiutato tanti teramani e tanti forestieri, e che oggi molti teramani conoscono con il nome di Ravasco, è in uno stato di assoluto abbandono. Pochi ne conoscono il pregio architettonico. Pochi hanno notato l’eleganza delle ringhiere esterne, decorate con il medesimo stile di quelle che ancora si possono notare sull’edificio dell’ex Orfanotrofio a Porta Romana. Pochi hanno avuto modo di osservare l’eccezionale panorama del nostro Gran Sasso che si gode dalla splendida terrazza superiore. Pochi ne conoscono la storia e i meriti sociali.   Una bella Madonnina in pietra, che sin da bambino io ricordo illuminata con un’aureola di lucine, posta lì nel lontano 1955, ancora sembra voler proteggere queste mura.
Mura che tuttavia esprimono tutta la loro sofferenza per la situazione in cui versa l’intero edificio.
La cinta muraria che circonda il bel giardino, dove per tanto tempo hanno passeggiato gli ammalati, i bambini, le suore del Bambin Gesù e le loro studentesse, e che ora è nascosto da troppo tempo ai teramani, sta crollando in più punti e, se non consolidata, rischia di cedere da un momento all’altro. I cancelli esterni sono stati violati, restando così aperti in permanenza. Sulle scale, sui vialetti, nel giardino e nelle pertinenze della struttura un ammasso di immondizia e di miseria umana ha preso il posto di quelle che per oltre un secolo furono le voci, gli sguardi e le vite dei pazienti, dei bambini accuditi e delle collegiali che vi abitavano.   Non ci sono i fondi per intervenire, si dirà.
Mantenere un patrimonio così sterminato, come quello della nostra ASL, è opera titanica. Comprensibile. Ma se proprio non si può fare per tutelare e restituire dignità alla storia nobilissima di questa Città, lo si faccia quanto meno per garantire la pubblica incolumità.  
                                                                          Fabrizio Primoli

Commenta

CAPTCHA

Commenti

A teramo i soldi si trovano solo quando interessa a qualcuno, abbiamo buttato e stiamo buttando milioni e milioni di euro solo per scavare scavare scavare e cementificare cementificare cementificare.
Dopo lo splendido Ipogeo, la comodissima cabinovia. Poi magari .....le cose più futili ....tipo salvaguardare il passato.
L'indifferenza forse è nel nostro DNA... all'italiano medio va bene tutto, basta avere da mangiare, bere e la partita che va bene tutto! Si nota ovunque l'indifferenza..... strade, manutenzione, monumenti, cantieri... ABBANDONO!!! Va bene tutto!