Salta al contenuto principale

Ospedale Mazzini di Teramo: Che cosa è mancato per evitare il focolaio? Chi si dimetterà?

di Giancarlo Falconi
8 minuti

L'asl di Teramo soffre di un evidente stato di UDC.
Unità di Corte.
Quella costituzione narcisistica che impedisce di ammettere i propri evidenti errori nella gestione dell'emergenza.
Ha ragione il sindaco D'Alberto quando ha definito l'azione di contrasto dei vertici aziendali come ordinaria contro la straordinarietà della pandemia.
Eppure, il tempo c'era anche e solo fino a quando il Coronavirus era arrivato a Pesaro.
Che cosa è mancato?
L'expertise del covid 19 per educare i dirigenti sanitari a rischio annegamento al primo caso di contagio.
Una persona che abbia il  il know-how, semplicemente la competenza nell'esercizio di una strategia. Il coinvolgimento tardivo dell'Izs ha fatto comprendere la totale inadeguatezza dei vertici sanitari aziendali. 
Che cosa si poteva fare nell'immediato e che ancora latita nell'ospedale Mazzini?


- Reparto filtro al piano terra (per sospetti) con una gestione prioritaria su tamponi, tac torace, test sierologico).
- Reparto covid multidisciplinare di alta assistenza in ex sanatorio (solo un fatto organizzativo)
- Tutti i pz covid senza altre patologie acute andrebbero trasferiti in ospedale covid
(Ospedale di Teramo solo per acuti non covid o covid in ex sanatorio)
- DPI adeguati e distribuiti con criterio da un responsabile preposto
- Sanificazione continua negli ambienti comuni interni ed esterni.
- Rimodulazione del personale..troppe persone lavorano e vanno in ospedale contemporaneamente nei servizi e reparti operativi per le sole urgenze, pochi nelle aree rosse.
- La presenza in ospedale di una figura di direzione continuamente pronta e capace di coordinare la pianificazione ed il controllo, con eventuale rimodulazione, delle misure di prevenzione ed assistenza.
Un nome su tutti?
Il dott. Di Falco (esperto di sanità pubblica relegato a S. Omero).Per il resto, vi ricordo che l'unico vero focolaio della Città di Teramo è stato all'interno del nostro nosocomio. Un paradosso di inciviltà.

Arriveranno le scuse, le ammissioni di colpa, le responsabilità, le dimissioni o dobbiamo prendere come pietas umana le patetiche condoglianze di un triste comunicato stampa?
Il nostro pensiero è per chi è entrato al Mazzini di Teramo con una patologia ed è uscito anche con il covid 19.
Il nostro pensiero è per chi è deceduto senza il conforto di familiari e amici.
Il nostro pensiero è per chi lotta ancora contro il coronavirus dopo essere stato ricoverato nell'Ospedale del Capoluogo.
Leggete la lettera del d.ssa Basile.
Segnalata da chi poteva evitare molte tragedie con azioni decise e preparate. 
Segnalata da chi non è stato chiamato alla corte di Re Virtù...

"Mi chiamo Ivana Basile, ho 50 anni sono medico e vivo a Milano. Dopo la laurea, ho conseguito il Master of Science alla London School of Hygiene and Tropical Medicine discutendo una tesi in epidemiologia e mi sono specializzata in Igiene e medicina preventiva, indirizzo Epidemiologia e sanità pubblica. Ho lavorato nella sanità pubblica fino al 2003 e poi ho continuato con una ridotta attività libero professionale per dedicarmi a mio figlio che ha una grave disabilità e alla mia famiglia.

Sono una persona di natura schiva e riservata, ma sento l’urgente bisogno di scrivere questa lettera perchè sono settimane che guardo le notizie al telegiornale e leggo articoli e che sono molto preoccupata e frustrata, perché secondo me l’approccio all’epidemia di coronavirus in Lombardia è stato sbagliato.
La Lombardia ha per scelta una visione della sanità pubblica, “ospedale-centrica” ovvero basata sui grandi ospedali che costituiscono certamente un’eccellenza in Italia ma a discapito del territorio. Infatti, dal 1 gennaio 2016 in Lombardia, le Asl non esistono più e sono sostituite dalle ATS, (Agenzia di Tutela della Salute) e dalle ASST che accorpano servizi territoriali e ospedali; nella Città Metropolitana di Milano l’ATS unisce i territori delle ex ASL Milano, Milano 1 (Legnano), Milano 2 (Melegnano) e Lodi e comprende ben 195 comuni, e ci sono 3 ASST. Questa scelta ampia enormemente il territorio di competenza rispetto a prima e accorpa il territorio all’ospedale. Ma la riforma del 2016 è solo il fanalino di coda di una serie di leggi regionali che tolgono competenze al territorio, come a titolo esemplificativo, la legge 30 dicembre 2009 che abolisce di fatto la medicina scolastica e tutto il suo ruolo di prevenzione nelle scuole, e di scelte che potenziano la sanità privata e tagliano fondi a quella pubblica, riducono il ruolo dei medici di medicina generale (MMG) e dei pediatri di libera scelta (PLS), diminuiscono il numero dei consultori assimilando le loro prestazioni a quelle degli ambulatori e togliendo molte delle competenze di prevenzione previste dalla legge che li aveva costituiti.
In questo scenario di scarse risorse, competenze e valorizzazione della sanità pubblica territoriale, l’infezione da coronavirus è circolata per settimane, come ormai è stato accertato, senza che mai venisse segnalata ed è stata identificata solo quando si è presentata in forma grave nell’ospedale di Codogno. Quindi la prima carenza, in una catena di errori nella gestione dell’epidemia, è stata proprio la mancanza di prevenzione e sorveglianza attiva sul territorio e nelle ATS ci sono i dipartimenti di igiene e prevenzione deputati a questo ruolo e di cui in queste settimane non si è mai sentito parlare e non si sa se non hanno monitorato o se non sono stati ascoltati. La conseguenza è stata l’accesso in ospedale di soggetti contagiosi, non preventivamente identificati, che hanno causato pericolosissimi focolai negli ospedali stessi. Il secondo errore è stato a questo punto non fare quello che in epidemiologia si chiama
“tracking”, ovvero rintracciare i casi e tutti i loro contatti e sottoporli a tampone, cosa che oggi rispetto al passato può essere fatta in modo molto più avanzato ed efficiente analizzando dati digitali. Lo scopo del tracking è riconoscere tempestivamente tutti i focolai e circoscriverli subito attraverso misure di contenimento (quarantena, disinfezione ecc.). Questo ancora una volta doveva essere fatto sul territorio istruendo i medici del territorio e dotandoli di tutti i dpi (dispositivi protezione individuali). Terzo errore, quando ormai l’epidemia si stava pericolosamente diffondendo, è stato quello di potenziare, (corretto nell’emergenza), le terapie intensive, ma ancora una volta non destinare risorse umane e strumenti adeguati al territorio, questo è come voler risolvere un problema partendo dalla fine e non cercando di fermarlo dall’inizio. Inoltre, è stato, giustamente, detto alla popolazione di non andare negli studi dei MMG, ma non è stato detto ai MMG, opportunamente istruiti, equipaggiati e affiancati da esperti, di andare sul territorio per monitorare i casi di infezione, soprattutto in soggetti a rischio, in modo che non ci fossero accessi impropri ai ps e le persone venissero curate a domicilio quando possibile e tempestivamente inviati in ospedale quando non possibile.
Nella diffusione del coronavirus in Lombardia, a mio parere, paghiamo l’alto prezzo di anni di scelte d’indirizzo generale che hanno potenziato la sanità privata e premiato l’eccellenza ospedaliera a grave discapito della sanità pubblica territoriale. L’auspicio è che tutto ciò serva da insegnamento per un cambiamento in modo che quello che è accaduto non si ripeta mai più. Ma finora mi sembra invece che l’approccio continui ad essere orientato al potenziamento degli ospedali e la gran parte delle risorse umane e materiali messe ora in campo vengano lì destinate e che nessuno parli di potenziare la sanità pubblica territoriale, la prevenzione nella comunità e l’assistenza domiciliare. Nella fase di calo dei contagi, per un rientro più rapido e sicuro alla normalità, occorrerebbe tempestivamente passare dalla visione ospedale-centrica a una incentrata sul territorio e sulla comunità, perché l’eccellenza della sanità lombarda non sia un gigante dai piedi d’argilla, come purtroppo si è rilevato in queste settimane, ma un gigante con solide basi."

Commenta

CAPTCHA

Commenti

Complimenti per l articolo ed alla dotyoressa: analisi e terapia impeccabili. BUONA PASQUA E PASQUETTA.

Nessuno avrà la modestia di chiedere scusa,lo avevo.già scritto in un mio modestissimo commento precedente ,che chiedere scusa non si commette un errore,oltre ad essere un.atto di modestia e di.umiltà,è soprattutto dimostrare la propria intelligenza , cercando di ottenere il.perdono da chi ne ha subito le conseguenze.
Vogliate cortesemente accettare questo.modestissimo consiglio da parte di un anziano cittadino teramano.

Volevo ringraziare per le belle parole rivolte nei miei confronti, anche se la lunga esperienza maturata nel settore attesta anche, ahimé, di non essere più un giovincello!
Approfitto per augurare ai miei colleghi più giovani che si sono dovuti misurare, ad armi impari e senza una reale guida, con questa pandemia all'interno dell'Ospedale Mazzini, di poter fare ancora di più e meglio, acquisendo con gli anni la dovuta esperienza, essendo la loro preparazione professionale più che ottima.
Grazie ancora di cuore, augurandoci che tutto questo ci possa insegnare ad essere migliori.

buongiorno a tutti.....abbiamo tutte brave persone ma manca la competenza e professionalità.
Gestire una azienda ASL non è facile...per loro sembra un gioco, una vetrina per farsi notare ......peccato perchè abbiamo personale preparato e dal punto di vista umano eccellente....manca la PARTE SUPERIORE

Cosa è mancato?
Preparazione, professionalità e umiltà.

In questa UDC Unità di Corte, è riassunta la stagione tutta italiana della furbizia, della destrezza e della disinvoltura. La competenza diventa elemento secondario e superfluo.
La clientela politica che ti fa vincere. Questo, in una situazione ordinaria fa danni ordinari. In una situazione straordinaria, di emergenza, fa morti.
Oltre al danno di affidabilità futura.
Tornerà la meritocrazia dopo Covid? Mi riservo il dubbio.

Caro Dr Di Falco, come solito un gentiluomo. Il Suo commento delicato e non irriverente ha dato un colpo al cerchio e uno alla botte. La preparazione professionale dei colleghi del Mazzini più giovani NON è più che ottima. Lo dimostrano i fatti. Dobbiamo guardare la realtà! Qui contava SOLO la preparazione professionale. L'esperienza è la prima per tutti.

tutto questo perchè i manager non avevano a disposizione le mascherine per dottori e infermieri, praticamente non un capitale...anche non ci fossero stati i soldi bastava una colletta tra di loro....vergogna.

È stato fatto il nome del dott Di falco , persona squisita , a modo e molto preparata ma soprattutto con molta esperienza. Allora perché non convocarlo??? Perché aspettare sempre gli eventi. Bisognerebbe dire basta a giocare sulla pelle della povera gente. Tutto ciò ci faccia riflettere per il futuro.

Integrazione a commento di ROBERTO.
GENTILISSIMO SIGNOR ROBERTO
Mi.permetta di aggiungere al.suo condiviso commento ,che nel nostro Ospedale quello che.manca in tantissimi reparti sono due elementi,il primo è la comunicazione e le

informazioni che dovrebbero essere fornite e scambiate con gli utenti,la seconda è la scarsa ,se non assente in alcuni casi ,collaborazione ed interazione.fra medici e paramedici,probabilmente mancanze dovute spesso ad ingiustificate ed inutili invidie ,oltre che scarsa sensibilità nei confronti dei colleghi.
Questi due elementi ad oggi mancanti,potrebbero essere un.ulteriore valore aggiunto per l'eccellenza del.nostro.nosocomio.