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Rigettato il ricorso Ue contro Tercas. Cosa accadrà?

di Giancarlo Falconi
6 minuti

Pubblichiamo.


La Corte respinge l’impugnazione proposta dalla Commissione contro la sentenza del Tribunale relativa alle misure adottate da un consorzio di banche italiane a sostegno di uno dei suoi membri.
Il Tribunale ha correttamente dichiarato che tali misure non costituiscono aiuti di Stato in quanto non sono imputabili allo Stato italiano Nel 2013, la banca italiana Banca Popolare di Bari SCpA (BPB) ha manifestato il proprio interesse alla sottoscrizione di un aumento di capitale di Banca Tercas (in prosieguo: «Tercas»), un’altra banca italiana a capitale privato che era stata posta in regime di amministrazione straordinaria in seguito a irregolarità accertate dalla Banca d’Italia, l’autorità italiana di vigilanza sul settore bancario. Tale manifestazione d’interesse da parte di BPB era tuttavia subordinata alla condizione che il deficit patrimoniale di Tercas fosse interamente coperto dal Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi (FITD). Quest’ultimo è un consorzio di diritto privato tra banche, di tipo mutualistico, che ha l’obbligo di intervenire a titolo di garanzia legale dei depositi in caso di liquidazione coatta amministrativa di uno dei suoi membri. Il FITD dispone inoltre della facoltà di intervenire in maniera preventiva per sostenere un membro sottoposto al regime di amministrazione straordinaria. Tale possibilità richiede tuttavia che sussistano prospettive di risanamento e che sia prevedibile un minor onere rispetto a quello derivante dall’intervento del FITD a titolo di garanzia legale dei depositi nel caso di una liquidazione coatta amministrativa del membro interessato.

Nel 2014, dopo essersi sincerato che un intervento preventivo a favore di Tercas sarebbe stato economicamente più vantaggioso del rimborso dei depositanti di tale banca in caso di liquidazione coatta amministrativa, il FITD ha deciso di coprire il deficit patrimoniale di Tercas e di concederle determinate garanzie. Tali misure sono state approvate dalla Banca d’Italia. Con decisione del 23 dicembre 2015 1 , la Commissione ha constatato che tale intervento del FITD a favore di Tercas costituiva un aiuto di Stato illegittimo concesso dall’Italia a Tercas e ne ha ordinato il recupero. L’Italia, BPB e il FITD, sostenuto dalla Banca d’Italia, hanno proposto ricorsi di annullamento contro tale decisione. Con sentenza del 19 marzo 2019 2 , il Tribunale ha accolto tali ricorsi annullando la decisione della Commissione, con la motivazione che le condizioni per qualificare l’intervento del FITD come aiuto di Stato non erano soddisfatte, poiché tale intervento non era né imputabile allo Stato italiano né finanziato mediante risorse statali da esso provenienti 

Rigettando l’impugnazione presentata dalla Commissione, la Corte, riunita in Grande Sezione, precisa la propria giurisprudenza in materia di imputabilità allo Stato di misure di aiuto concesse da un ente di diritto privato che non è né un organismo statale né un’impresa pubblica. Giudizio della Corte La Corte rammenta, anzitutto, che, affinché determinati vantaggi possano essere qualificati come «aiuti» ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, da un lato essi devono essere concessi direttamente o indirettamente mediante risorse statali e dall’altro devono essere imputabili allo Stato. Per quanto concerne più specificamente l’imputabilità alle autorità italiane dell’intervento del FITD a favore di Tercas, la Corte constata, poi, che il Tribunale non ha commesso errori dichiarando che gli indizi presentati dalla Commissione per dimostrare l’influenza delle autorità pubbliche italiane sul FITD non permettono di imputare il suo intervento a favore di Tercas alle autorità italiane. A tale riguardo, la Corte ritiene che il Tribunale abbia applicato correttamente la giurisprudenza secondo la quale spetta alla Commissione dimostrare, sulla base di un insieme di indizi, che le misure in questione erano imputabili allo Stato e, pertanto, non ha imposto alla Commissione un livello di prova più elevato relativamente all’imputabilità di un vantaggio allo Stato per il solo motivo che il FITD è un ente privato. In proposito, la Corte sottolinea che la circostanza che l’ente erogatore dell’aiuto abbia natura privata implica che gli indizi atti a dimostrare l’imputabilità della misura allo Stato sono diversi da quelli richiesti nell’ipotesi in cui l’ente erogatore dell’aiuto sia un’impresa pubblica.

Pertanto, il Tribunale non ha imposto criteri di prova diversi ma, al contrario, ha applicato la giurisprudenza costante della Corte secondo la quale gli indizi atti a dimostrare l’imputabilità di una misura di aiuto derivano necessariamente dalle circostanze del caso di specie e dal contesto nel quale tale misura è stata attuata, e a tale riguardo l’assenza di un vincolo di capitale tra il FIDT e lo Stato è di sicura rilevanza. La Corte chiarisce, inoltre, che la sua giurisprudenza in merito alla nozione di «emanazione dello Stato», che consente ai soggetti dell’ordinamento di invocare disposizioni incondizionate e sufficientemente precise di direttive non recepite o non recepite correttamente nei confronti di organismi o enti soggetti all’autorità o al controllo dello Stato, non può essere estesa alla questione dell’imputabilità allo Stato di misure di aiuto ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE. Inoltre, la Corte respinge l’argomento della Commissione vertente sul rischio di elusione della normativa in materia di unione bancaria.

La Commissione sosteneva a tale proposito che il rifiuto di imputare alle autorità statali l’intervento di un ente quale il FIDT a favore di una banca a capitale privato comporterebbe un rischio di elusione dell’articolo 32 della direttiva 2014/59 4 , che prevede l’attivazione di una procedura di risoluzione nel caso in cui un ente creditizio necessiti di un sostegno finanziario pubblico straordinario corrispondente a un aiuto di Stato. A tale proposito la Corte rileva che la qualificazione di una misura adottata da un sistema di garanzia dei depositi come aiuto di Stato idonea a far scattare tale procedura di risoluzione resta possibile, in funzione delle caratteristiche di detto sistema e della misura in questione. Infine, la Corte conferma che è sulla base dell’analisi di tutti gli indizi presi in considerazione dalla Commissione, collocati nel loro contesto, che il Tribunale ha accertato un errore di diritto commesso da tale istituzione quando quest’ultima ha ritenuto che le autorità italiane avessero esercitato un controllo pubblico sostanziale nella definizione dell’intervento del FITD a favore di Tercas

Per uso dei colleghi giornalisti e fonte pubblica https://curia.europa.eu/jcms/upload/docs/application/pdf/2021-03/cp210030it.pdf?fbclid=IwAR2u2BIcuuBTre2Ofib3PJcVSXdEK4FaPpia4Wt_VMIU3JwnJHM5HKTGtcs

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